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Intervista a Rosalba Perrotta, autrice di “All’ombra dei fiori di jacaranda”

Rosalba Perrotta ha qualcosa in comune con Arabella, la protagonista del suo ultimo romanzo pubblicato All'ombra dei fiori di jacaranda (Salani 2013). Alessandra Stoppini l'ha intervistata per noi.

Alessandra Stoppini
Alessandra Stoppini Pubblicato il 04-09-2013

70

Intervista a Rosalba Perrotta, autrice di “All'ombra dei fiori di jacaranda”

Rosalba Perrotta ha qualcosa in comune con Arabella, la protagonista del suo ultimo romanzo pubblicato All’ombra dei fiori di jacaranda (Salani 2013). È siciliana e ha gli occhi azzurri, suo padre era un barone che temeva di essere fritto in padella dai comunisti, e sul suo stemma di famiglia c’è un levriero che sale una scala a pioli. L’autrice ha insegnato Sociologia alla Facoltà di Scienze Politiche di Catania e ha già pubblicato due romanzi e una raccolta di racconti. Vive a San Gregorio, un piccolo centro ai piedi dell’Etna, e ha una jacaranda in giardino. Al centro del volume vi sono zia e nipote, due donne volitive, coraggiose e ricche di sfaccettature, che sfidano la bolla di conformismo che le circonda e vincono.

“Della zia Colomba, da bambina, sapevo poco. Solo le cose essenziali: che era la sorella di mio padre. E che era vedova, ricca, e giramondo”.

  • “Trovare in me il significato dell’esistenza senza guardare a ciò che facevano gli altri mi ha aiutato a costruirmi una vita a mia misura”.
    Quali sono gli aspetti della personalità di Arabella che più la affascinano?

Di Arabella mi piace la capacità di gestirsi la vita. Di orientarsi verso ciò che le è congeniale resistendo ai modelli che vedono come massima realizzazione il matrimonio. Mi piace la sua abilità nel trovare soluzioni. Se il suo sogno di incontrare il Principe Azzurro non dovesse realizzarsi, ad esempio, lei bambina ipotizza una gratificante alternativa: vita a Venezia, in gondola, con un barboncino di nome Fuffi (metafora per dire “Anche se non mi sposo, vivrò circondata da bellezza e affetto”). Mi piace la sua capacità di crearsi in ogni luogo una bolla di armonia: la camera con le rondinelle dipinte sul soffitto, da piccola; la casa vittoriana – giardino di Epicuro, a Londra; la stanzetta col poster “Tempesta di neve a Chicago”, all’università.

  • Per delineare il personaggio dell’eccentrica e intraprendente zia Colomba si è ispirata a una persona in particolare?

Mi sono ispirata alle persone che sanno trarre il meglio dalla vita. Che non sprecano energie per nutrire sentimenti negativi, ma le utilizzano per costruirsi un’esistenza gratificante. Che hanno le ali impermeabili come le colombe, e quando qualcosa le minaccia se ne volano via. Negli anni della mia infanzia la mia famiglia era ricca di donne, talune orientate verso il sacrificio, altre più ottimiste e positive, verso la propria autorealizzazione. Guardando a loro ho capito che il secondo atteggiamento permette di vivere meglio, sia a sé sia agli altri.
La zia Colomba però è un personaggio complesso: è forte e anticonformista, ma è anche fragile. “Colomba di nome ma non di fatto” per i suoi genitori, nell’infanzia non si è sentita amata abbastanza, avverte quindi l’esigenza di figure paterne che la gratifichino e la proteggano (il monsù Donnantonino e il marchese Veneziani di Rondò, ad esempio). Ancora bambina lei stessa, è troppo centrata su di sé per poter dare ad Arabella l’amore di cui ha bisogno.

  • Nel romanzo appare nitida l’immagine di una Sicilia non più frutto di uno stereotipo ma quella di una terra ricca di stimoli che provengono da secoli di dominazioni di popolazioni straniere. Ce ne vuole parlare?

La Sicilia di cui parlo è la Sicilia complessa di cui ho avuto e ho esperienza. Ci sono persone brune con gli occhi scuri e persone chiare con gli occhi azzurri (per esempio io). Ci sono tradizioni radicate, e ci sono persone che le mettono in discussione: consideriamo che Pirandello è nato a Girgenti. La Sicilia di parecchi film e romanzi sembra molto vera solo perché si basa su cliché e luoghi comuni. Messaggi che, essendo ovvi, danno sicurezza e gratificano la pigrizia mentale. Narcotico per l’intelligenza.
Anche in Sicilia ci sono famiglie miste: mio nonno materno, ad esempio, era toscano. E molti siciliani, come molti appartenenti ad altre regioni, sono aperti all’ “altrove”: leggono, viaggiano, diventano cittadini del mondo.

  • “Le false costrizioni impediscono la realizzazione dei propri talenti, e per questa ragione il mondo e un po’ più povero”.
    Considera la riflessione di Virginia Woolf sempre valida?

Molto valida. Il mio è un libro sulla libertà. Libertà di rifiutare il ruolo tradizionalmente imposto alle donne: la zia Colomba e Arabella non accettano di annullarsi in amori totalizzanti, coltivano la loro mente e il loro cuore, scoprono nuovi mondi e nuovi modi di essere. Libertà di non lasciarsi condizionare dai modelli legati alla classe sociale: c’è una professoressa di matematica che trova la felicità trasformandosi in cuoca, c’è Ignazio giardiniere-chauffeur che coltiva sin dall’infanzia interessi culturali…
I fiori gioiosi della jacaranda ondeggiano al vento della libertà.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Rosalba Perrotta, autrice di “All’ombra dei fiori di jacaranda”

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