

La Piccola Parigi (Infinito edizioni, 2020) di Massimiliano Alberti (prefazione di Brigitte Bardot) è un omaggio a una delle tante perle che, nel corso della storia, la regina della Senna ha "nascosto" nei sobborghi di molte metropoli europee.
Vicoli stretti, costruzioni basse e rustiche. Proprio come a Montmartre, nel grembo della bella e unica Trieste tante piccole case sorgono accatastate una vicina all’altra, in un’area che ricorda lo spirito bohémien ma senza le notti del Moulin Rouge o de Le Chat Noir.
Niente cancan. Storie di sola gente e di gente sola, in questo luogo. Talvolta di andate e di ritorni. Di calzini appesi accanto al fuoco e di corti umide. Storia d’amore e d’amicizia. Di Lorenzo e di Marie Jeanne. Del matto Willy Boy e dei suoi "pen pen" urlati al cielo. Di Tullio e di Christian. Di gatto Benny e gatta Maria. Della Dea Incantatrice e Assassina: la Brown Sugar. Storia di mamma Rosalia. Di una carta da gioco appiccicata su di un muro in una viuzza nascosta. E di un rione ormai dimenticato fra nuovi e sovrastanti palazzi. Benvenuti nella Piccola Parigi.
Non state sognando, esiste realmente...!
Scopriamo da vicino il mondo letterario di Alberti, della cui opera sappiamo che parte dei diritti d’autore derivanti dalla sua vendita sono devoluti in beneficienza a "Il Gattile" di Trieste.
A volte certe cose non hanno senso di essere riparate. Nemmeno le persone si possono aggiustare.
L’intervista a Massimiliano Alberti
- Raccontaci quando e come è nata l’idea di questa storia. Quale messaggio fondamentale è celato fra le pagine di questo libro, fa da perno all’intreccio di vite narrate?
L’idea nasce da una curiosità personale sul rione de La Piccola Parigi - Parigi piccola per gli abitanti della città – che mi ha sempre incuriosito con i suoi misteri e per lo spirito bohémien che la circonda.
Più che messaggio celato, racconto storie e verità di gente comune, senza andare a ricercare personaggi “famosi”. Dopotutto, la vita popolare è forse più passionale di quelle che si vivono nei grandi salotti, fatte di luccichii e di calici in controluce.


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- Tre protagonisti giovani e indimenticabili, Lorenzo, Christian e Tullio, molto diversi fra loro. Come sono nati? Perché hai deciso di raccontare di loro? Ritroviamo elementi autobiografici, o comunque alcuni aspetti, richiami e sfumature che ti appartengono?
Di sicuro ho nascosto qualcosa di mio fra le righe di questo romanzo; trovo sia una buona autoanalisi per capire cosa ci frulla per la mente.
I personaggi? Sono esistiti veramente, fanno parte di storie che ho raccolto in quel rione.
- Il tratteggio delle figure femminili è molto interessante e determinante all’interno delle dinamiche della storia. Hai riscontrato difficoltà nel descriverle, nell’approcciarti a loro? Ti hanno aiutato, stimolato maggiormente nella comprensione della sfera emotiva propria delle donne?
Essendo un libro scritto in prima persona da un uomo, parlo a proposito delle donne ma non mi immedesimo in loro, descrivo ciò che sento e ciò che ho vissuto. Tutto quello che si legge fa parte di una “poco sorridente collezione privata di défaillances”. Il cuore guarisce sempre, la mente non dimentica.
Capii che non tutto si può riparare e che le scuse, a volte, non sono nient’altro che un tentativo ipocrita di pulirsi la coscienza. Compresi, dunque, che per conoscere a fondo una persona si doveva osservare il suo comportamento con l’essere più debole.
- Nel corso della narrazione viene gettata una particolare e suggestiva lente di ingrandimento sul mondo dei gatti, indiscussi protagonisti che fungono da cornice e da collante alle vicissitudini narrate. Come nasce questo tuo intimo richiamo verso i nostri cari animali domestici? Cosa può imparare l’uomo da loro?
Passeggiare sopra i tetti e sotto le stelle: potremmo farlo anche noi, ma non siamo capaci di cogliere la bellezza della semplicità. Amo tutti gli animali ma ho una predisposizione di affetto verso i gatti. Sono indipendenti, hanno il loro carattere e non sono degli zerbini. In molte situazioni giornaliere vorrei avere il loro coraggio. Siamo capaci di mostrare i denti, come fanno i gatti, a chi è apparentemente più forte di noi?
- La Piccola Parigi rappresenta un borgo di Trieste, forse il vero protagonista di questa meravigliosa storia. Quali luci e ombre risiedono nei nostri borghi italiani rispetto alle città?
C’è tanta storia in Italia e ci sono tanti paesi che meritano di essere visitati piuttosto di salire su un volo last minute…
Luci, ombre? Ma certo, siamo sempre più abituati a vivere nel caos, nel traffico, e in questi borghi si possono vedere scorci che sembrano essere immutati nel tempo. Basta guardare una maniglia usurata di un vecchio portone per immaginare anni di vita e di storie.
- Quale scorcio di vita e/o tratteggio di personaggio ha suscitato in te un maggior coinvolgimento, particolari emozioni?
[…] disse salutandomi con un bacio sulla guancia; libera, finalmente, dal mio provinciale fervore.
Ecco, descrivere la disfatta di un rapporto non è la fine dell’amore che puoi dare, ma il suo culmine. Tutto quello che viene dopo è una battaglia interiore e nessun altro meglio di te potrà combattere per rinascere. Personaggio? Il protagonista, Lorenzo, vorrei incontrarlo un giorno per bere una birra assieme; l’ho cercato dappertutto, anche dentro di me… ma l’ho trovato solo nella scrittura!
Provavo per la Piccola Parigi lo stesso sentimento di quando si mettono via le foto vecchie. Non volevo eliminarla dalla mia vita, desideravo solo nasconderla e sapere che era là.
- Indubbiamente qui si parla di prosa, in quanto siamo in ambito narrativo, ma fra le pagine della tua opera ho potuto scorgere chiaroscuri poetici, una sorta di “poesia riflessiva” che mi ha piacevolmente colpita. Non mancano, inoltre, passaggi contraddistinti da velata ironia che portano il lettore a sorridere, ma in merito a questa mia impressione, cosa senti di dirci della “poesia di vita”? Credi che aiuti a riflettere maggiormente, a emozionare nell’immediato, a gettare una luce diversa, forse più nitida?
La vita è fatta di alti e bassi. Per certi versi è più “facile” far scendere una lacrima sul viso a qualcuno che rubargli un sorriso. Io ci ho provato e se ci sono riuscito ne sono felice… Ridere è una delle sensazioni più belle che ci possono capitare.
Poesia? È una rarità trovarla oggi nascosta fra le righe in un romanzo. Spesso chi ci prova rischia di cadere nel melenso… Cito un aforisma di Shakespeare che nella sua prosa c’era tanta poesia e realtà: “Se questo non è amore e mi sarà provato, io non ho mai scritto e nessuno ha mai amato”.
- Parliamo di influenze letterarie. In ambito autoriale, quali sono da sempre i tuoi punti di riferimento, per trame, messaggi e stile?
Oscar Wilde, F. S. Fitzgerald, Nick Hornby. Qui trovi poesia, narrativa e ironia.
- Sogniamo in grande ora. Ricevi un giorno la notizia di una trasposizione in serie tv della tua opera. Chi immagineresti come regista e quali attori potrebbero calarsi al meglio nei panni di Lorenzo, Christian e Tullio?
Un bel sogno. Ho bussato centinaia di porte e continuerò a farlo. Mi auguro che un giorno si avveri perché ne La Piccola Parigi ho messo tanta purezza e autenticità senza badare troppo alle sbavature, come un primo album di una band agli esordi: pura e selvaggia.
Regista? John Madden, con il suo film Il mandolino del capitano Corelli mi ha conquistato. Farebbe proprio il caso giusto per questo romanzo. Attori? Restando in ambito italiano, Lorenzo lo vedrei in Silvio Muccino, Christian in Kim Rossi Stuart e Tullio in Stefano Fresi.
- Hai in serbo qualche seme per un tuo nuovo libro, stai già lavorando a un altro progetto?
Si, continuerò a parlare di storie comuni, non sono quel tipo di autore che cerca personaggi famosi come appiglio. Io, i personaggi, li creo. È questa la grande sfida per un romanziere, domandatelo a J. K. Rowling…
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Massimiliano Alberti, in libreria con “La Piccola Parigi”
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