Nel 2015, i 193 Paesi membri dell’ONU hanno adottato la cosiddetta Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile. Sono diciassette gli obiettivi e ben centocinquanta i sotto-obiettivi per trovare soluzioni comuni alle grande sfide che coinvolgono il nostro pianeta. Assicurare il benessere delle popolazioni è il principio cardine e si può realizzare, nel rispetto delle loro istituzionali competenze, con l’impegno di una molteplicità di attori. Pure le Biblioteche pubbliche possono avere un ruolo significativo nella distribuzione della ricchezza caratterizzata dalla cultura, dall’acceso e dalla fruizione dei libri, e non solo.
Le biblioteche devono tornare a essere piazze vive e brulicanti di comunità.
afferma il fisico e scrittore Marcello Mazzoleni, da alcuni anni Presidente della Fondazione Per Leggere.
La Fondazione Per Leggere
La Fondazione “Per Leggere – Biblioteche Sud Ovest Milano” è stata fondata nel maggio 2006 e ha sede ad Abbiategrasso (Milano). Ne sono fondatori 58 Comuni. Le biblioteche sono invece 60. I cittadini che possono accedere ai servizi sono oltre mezzo milione, su un’area pari a circa un terzo della provincia di Milano. Il patrimonio cartaceo è di oltre tre milioni di documenti.
La Fondazione si basa sulle indicazioni espresse dalla Regione Lombardia in tema di accorpamenti funzionali e strategici delle biblioteche civiche e sulle Linee Guida IFLA/UNESCO per lo sviluppo del servizio bibliotecario pubblico e ha adottato l’Agenda 2030 dell’ONU. Molti sono i progetti in corso, finanziati anche con risorse del Parlamento Europeo, come quello della creazione di una rete europea di Luoghi e città della narrazione, qualcosa che ancora non esiste e che mira a coltivare le radici più profonde dell’UE: il patrimonio orale dei paesi membri. Tra cui le iniziative: La Notte dei narratori (Una serata per raccontare nuove relazioni tra lettori), Il lettore residente (L’esperienza di lettura come momento di socialità), La residenza creativa (C’era una volta. Un viaggio utopico tra le storie in sei lingue), L’arte di raccontare storie (L’esperienza di lettura diventa narrazione) e un’App per leggere (Condividere le emozioni della lettura).
Marcello Mazzoleni: biografia e opere
Marcello Mazzoleni, una laurea in Fisica e una in Economia Aziendale, fondatore del sito web “Meteo Sincero”, docente e formatore, ha pubblicato due libri che caratterizzano la sua passione per la meteorologia, con contaminazioni di diverse discipline: Fisica, Matematica, Letteratura, Filosofia, Psicologia. Le nubi e le gli elementi meteorologici sono una costante della sua opera letteraria, come lo sono in molte opere di Italo Calvino, a partire dal racconto La nuvola di smog che tratta il tema del disagio esistenziale.
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Nubi in transito (La Memoria del Mondo Libreria editrice, 2011) è la storia di Marcello, afflitto da un grave disturbo d’ansia, con attacchi di panico e di agorafobia. Della paura degli spazia aperti e affollati che non ti permette di uscire di casa, ne soffriva Alessandro Manzoni. Il paziente Marcello, dopo un lungo percorso terapeutico, ne esce guarito: “Di là dal muro della paura, edificato dalla nostra mente sta sorgendo un’alba meravigliosa”.
Nuvole & Nubi (La Memoria del Mondo Libreria editrice, 2013), scritto in collaborazione con l’architetto Ivan D’Agostini, è un saggio sulla meteorologia con un registro scientifico (cosa è il tempo, come sono fatte le nuvole e i loro nomi, le peculiarità delle stagioni, come e quando nascono le previsioni del tempo) e pure con un registro mitologico, favolistico, poetico, pittorico. Come è descritto nel capitolo “Nuvole e Angeli”:
Gli angeli stanno in alto, proprio tra le nuvole, ma non tutte le nuvole vanno bene. […] Le nuvole che accolgono gli angeli, non possono essere quelle scure, nere, basse e temporalesche[…] contrasterebbero con la essenziale missione delle nostre creature.[…] Allora, saranno al contrario quelle belle e soffici, burrose, spumose e morbide, dagli sbuffi barocchi […] Ho avuto la netta impressione che dietro a quei ciuffi, a quei rigonfiamenti, si celassero gli angeli della nostra notte, quelli del nostro sonno; l’arco stesso rappresenta il filo dei nostri sogni, la strada della notte.
Ho incontrato Mazzoleni presso la sede della Fondazione per Leggere, lo stupendo Palazzo Cittadini Stampa, grande complesso architettonico del XVII secolo, situato ad Abbiategrasso tra il Naviglio Grande e il Naviglio di Bereguardo. Questo è il testo dell’intervista. L’ho fatta con gli occhi rivolti al cielo, osservando, tra una domanda e l’altra, le nuvole a ricciolo – i cirri – nubi candide, sospese nel cielo azzurro come piume. Con Marcello che mi diceva che spesso i cirri sono le staffette del cattivo tempo.
L’intervista a Marcello Mazzoleni
- Prima domanda di rito nelle mie interviste. Salinger, ne "Il giovane Holden", scriveva: “Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira”. Marcello Mazzoleni, chi chiamerebbe al telefono? Per dirgli cosa?
Chiamerei senza dubbio Italo Calvino. Non tanto per discutere di letteratura in senso stretto, quanto per chiedergli come riusciva a mantenere uno sguardo leggero e insieme profondo sul mondo. Gli domanderei se oggi, in un tempo che sembra schiacciato dalla velocità e dal rumore, avrebbe ancora fiducia nella leggerezza come valore etico ed estetico. Vorrei ascoltare la sua voce sulle sfide della contemporaneità, su come si possa continuare a credere nella forza della narrazione. E forse, più semplicemente, lo ringrazierei per aver saputo trasformare le nuvole, i sogni e le città invisibili in materia concreta di pensiero. Sarebbe un dialogo breve, ma intenso, come una telefonata che resta scolpita nella memoria. Credo che un autore, quando lo senti vicino, diventa davvero un compagno di viaggio interiore.
- Nel tuo libro "Nubi in transito" ti sei raccontato a cuore aperto, senza il timore di apparire debole e fragile. Hai confessato i tuoi attacchi d’ansia e le tue ossessioni del passato con lo stile di un romanziere. Le pagine di un romanzo sono per uno scrittore l’occasione per lavare e stendere al vento il lenzuolo della propria anima?
Sì, credo fermamente che la scrittura sia quel gesto intimo di esposizione e liberazione, che permette di “stendere al vento il lenzuolo della propria anima”. Uso le tue stesse parole, perché meglio non riuscirei a definire il potere terapeutico della scrittura. Raccontare le mie fragilità non ha significato indulgere nel dolore, ma renderlo parte di una narrazione che può parlare anche agli altri. Scrivere di ansie e ossessioni è stato un modo per dare loro forma, per non lasciarle sommerse nell’invisibilità.
Il mio libro è stato uno dei primi a essere scritto da un paziente, ormai una ventina di anni fa, quando non era ancora così sdoganato né scontato il fare “outing”. Mi sono stupito quando diverse università lo hanno consigliato ai propri allievi, come esempio di esperienza diretta. Il romanzo è diventato per me un luogo di catarsi, ma anche di riconoscimento reciproco: chi legge si specchia e scopre di non essere solo. Per questo considero la scrittura una pratica di sincerità radicale, capace di trasformare le ferite in linguaggio condiviso.
- Nell’incipit del libro “Nuvole & Nubi”, scritto con Ivan D’agostini, scrivi che "Il cielo contiene le nuvole, la memoria, i pensieri" e che le nuvole sono sempre femminili. Per Mazzoleni anche la scrittura è femminile o possiede l’identità archetipica dell’androgino?
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Entrambe. La scrittura, per me, è innanzitutto femminile nella propria essenza, perché custodisce come una madre la capacità di accogliere, di dare vita e di trasformare l’esperienza in racconto. Ma nello stesso tempo possiede qualcosa dell’androgino, perché è sintesi di energie diverse e complementari. Quando scrivo, sento di dialogare con un principio creativo che non ha confini di genere, ma che si nutre di contrasti e armonie.
Le mie parole vorrebbero essere fluide come le nuvole: vorrebbero poter assumere forme sempre nuove, sfuggenti, mobili. E proprio come le nuvole, la scrittura porta con sé una pluralità di voci, di memorie e di immaginazioni che non possono essere rinchiuse in un solo archetipo. Scrivere è dunque un atto di apertura, fertile e insieme molteplice.
- Sei uno studioso apprezzato di meteorologia e hai fondato il sito “Meteo Sincero”, con il quale diffondi su diverse piattaforme e radio le tue previsioni e analisi. Del tempo meteorologico ne parlò Aristotele in “Meteorologica”, un trattato di quattro libri. Ne parlò pure Platone nel “Timeo”. Filosofia, scienze naturali e matematica si occupano del tempo, ma pure gli psicologi: cielo, tempeste, nuvole, pioggia sono pure una metafora dell’animo umano, sempre mutevole.
Il tempo atmosferico è per me da sempre specchio e metafora del tempo interiore. Il tempo è una sorta di architettura che lega natura e interiorità, equazioni e poesia. Quando Aristotele scriveva della meteorologia, non separava mai la dimensione naturale da quella filosofica. Allo stesso modo Platone collegava il cosmo al corpo e all’anima. Studiare le nuvole e i venti significa allora indagare anche le dinamiche mutevoli della psiche umana.
Nella mia esperienza, parlare di un temporale o di una giornata serena è anche evocare stati emotivi: malinconia, attesa, speranza. Le scienze naturali ci offrono strumenti rigorosi, ma la letteratura e la filosofia ci ricordano che dietro un cielo coperto o un’alba radiosa c’è sempre un riflesso del nostro sguardo. Non a caso, nella quarta di copertina del mio Nubi in transito ho scritto “di là dal muro della paura, sta sorgendo un’alba meravigliosa”.
- La meteoropatia è un disturbo che ha afflitto molti artisti e scrittori come Goethe e Virginia Woolf, e tu ne scrivi in “Nuvole & Nubi”.
Credo che la meteoropatia vada oltre il concetto prettamente clinico: è a mio parere una sensibilità profonda che lega il nostro corpo e la nostra mente ai mutamenti del cielo. Molti artisti hanno trovato nelle variazioni atmosferiche non solo un disturbo, ma anche e soprattutto una fonte di ispirazione. Goethe stesso annotava i suoi cambiamenti d’umore in base alla luce e al vento, mentre Virginia Woolf descriveva cieli grigi come specchio della propria interiorità.
Ho tenuto quasi mille e seicento conferenze negli ultimi trent’anni e mi piace spesso portare esempi di “vip” meteoropatici in tutti campi delle arti. In altre parole, ritengo che la meteoropatia non sia solo malessere, ma anche percezione acuita, una forma di empatia con l’ambiente. Scrivendo di questo tema, ho voluto mostrare come l’essere “colpiti” dalle variazioni dei parametri atmosferici non significhi debolezza, ma estrema sensibilità al mondo e alla vita. In fondo, siamo tutti un po’ meteoropatici, quando lasciamo che la magia del cielo ci attraversi e ci trasformi. Ben venga un po’ di fastidio cervicale o qualche dolorino o pensieri più cupi: sono tutti segni che siamo vivi e sensibili, in connessione con l’universo. Avercene, di meteoropatie così!
- Nelle tue conferenze metereologiche applichi un metodo interdisciplinare per spiegare il tempo e i fenomeni meterologici. Ti ho sentito citare “Spleen” di Baudelaire per descrivere il cielo di Milano "basso e pesante come un coperchio".
Il linguaggio della meteorologia per me non può e non deve restare chiuso entro formule, modelli fisico-matematici, grafici e dati. Per questo cerco sempre di intrecciare scienza e arti: da un paio di anni in molte delle conferenze alterno le mie riflessioni fisiche e teoriche con quelle artistiche ed emozionali di Rosy Ghezzi, un architetto e docente. Solo così, a più voci e più visioni, si può realizzare appieno l’interdisciplinarità. Citare Baudelaire, con il suo "ciel bas et lourd” che “pèse comme un couvercle", ha significato per me offrire un’immagine immediata e condivisa di un fenomeno atmosferico.
Le conferenze diventano così luoghi di incontro tra discipline diverse: fisica, filosofia, letteratura, ma anche pittura, scultura, design, architettura, grafica, musica... È un metodo che aiuta a coinvolgere il pubblico, perché ognuno può ritrovare nelle nuvole non solo dati, ma anche emozioni. Il tempo allora non è solo previsione, ma esperienza culturale, linguistica e simbolica. Un cielo descritto con i versi diventa più vicino e umano. E poi si impara sempre qualcosa di nuovo... a proposito di cielo “basso e pesante come un coperchio”, non hai idea di quanti siano ancora convinti che le nuvole siano fatte di aria o di vapore e che siano molto leggere. Invece sono fatte di acqua e di ghiaccio e pesano tantissimo. E Baudelaire lo ha descritto magistralmente.
- Il tuo amore per i libri ti ha fatto approdare alla “Fondazione per leggere”, di cui sei Presidente. Un impegno importante e gravoso in un’Italia dei social media dove si legge poco e male ed è presente il fenomeno dell’analfabetismo di ritorno. In un opuscolo della Fondazione, nel citare l’Agenda 2030 dell’ONU per uno sviluppo sostenibile, ritieni che i bibliotecari e le biblioteche civiche possono dare un contributo per offrire alle generazioni future una migliore qualità di vita. Con quali obiettivi e programmi?
“Fondazione per Leggere” è per me un impegno civico, oltre che culturale. L’ho vista nascere una ventina di anni fa, quando ero funzionario pubblico, prima di dedicarmi ad attività di impresa private nel campo della formazione. In un’epoca in cui i social riducono l’attenzione e moltiplicano le distrazioni, ritengo che le biblioteche debbano tornare a essere piazze vive e brulicanti di comunità. Gli obiettivi che ci poniamo sono chiari: creare occasioni di incontro, favorire il libero accesso libero ai libri, promuovere la lettura fin dall’infanzia, offrire spazi di studio e socialità. E gli amministratori, gli impiegati e i bibliotecari dei 58 Comuni nostri soci ogni giorno ci mettono l’anima come noi per regalare tutto questo a tutti noi cittadini che viviamo, studiamo e lavoriamo nel nostro territorio.
Il riferimento all’Agenda 2030 sottolinea che la sostenibilità non è solo teorica o ambientale, ma anche e soprattutto culturale e sociale. Investire nelle biblioteche significa investire in coesione, in cittadinanza attiva, in memoria condivisa. Sono convinto che senza lettura non possa esserci una vera qualità di vita per le nuove generazioni: è stato bellissimo declinare in azioni concrete sia all’interno che all’esterno delle nostre biblioteche gli obiettivi proposti dalle organizzazioni sovranazionali. Se clicchiamo qui possiamo avere un’idea e lasciarci ispirare.
- Concludendo, qual è il titolo della tua ultima lettura? Qual è il tuo libro del cuore? Stai scrivendo una nuova opera?
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Il libro del cuore è Cento giorni di felicità di Fausto Brizzi, perché al solo ripensarci ogni volta mi fa venire una voglia di vivere e di non perdere un solo istante della vita, che neanche uno psicofarmaco ti può caricare così.
Mi piacerebbe scrivere a breve un libro per poter condensare - proprio come fa il vapore acqueo in una goccia di nuvola - i contenuti delle conferenze interdisciplinari, per legare ancora una volta nuvole, tempo, arti e memoria. Non sarà un libro tecnico, ma un viaggio narrativo che attraversa esperienze personali, riflessioni culturali, gesti artistici e paesaggi atmosferici. Scrivere è per me davvero un modo per non smettere di dialogare con il mondo, anche nei momenti in cui si ha apparentemente meno tempo. Ogni nuovo testo nasce da una domanda, da un desiderio di comprensione e condivisione. La scrittura resterà il mio strumento di ricerca più fedele.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Marcello Mazzoleni su scrittura, nuvole e biblioteche
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