Stasera andrà in onda in prima visione su Rai 3 Il signore delle formiche, il film di Gianni Amelio che narra la vera storia dello scrittore Aldo Braibanti.
La pellicola era stata presentata in concorso al Festival di Venezia del 2022, ultimo film del regista calabrese dopo Hammamet e La tenerezza.
Sullo schermo Aldo Braibanti è interpretato dall’attore Luigi Lo Cascio e nel cast troviamo il giovane Leonardo Maltese nel ruolo di Edoardo, Elio Germano nei panni del giornalista Ennio, incaricato di seguire il processo allo scrittore ed ex partigiano. Presente anche la scrittrice Chiara Valerio che partecipa in un cameo in cui interpreta “La poetessa”.
La vicenda è ambientata alla fine degli anni Cinquanta quando Braibanti, fine intellettuale e politico, viene accusato di “plagio psicologico” a causa della sua omosessualità - parola all’epoca innominabile - e trascinato in tribunale.
Non a caso il film va in onda oggi 17 maggio in occasione della Giornata mondiale contro l’omofobia. La condanna di Braibanti rappresenta ancora un grave stigma dell’Italia repubblicana: fu incarcerato un uomo libero, minacciato l’esercizio del libero pensiero.
Vediamo tutte le anticipazioni e la storia vera di Aldo Braibanti.
“Il signore delle formiche”: la storia vera che ha ispirato il film
Aldo Braibanti fu uno scrittore e fine intellettuale del nostro Novecento, al pari di Moravia e Pasolini, sul quale oggi è calata una patina di oblio, anche a causa della vicenda giudiziaria che lo vide coinvolto nel 1964.
Braibanti era nato nel 1922 in provincia di Piacenza e, sin da giovanissimo, aveva preso parte alla Resistenza partigiana. Da sempre aveva accompagnato la passione politica a quella per la scrittura: sin dagli studi al liceo Romagnosi di Parma aveva infatti dimostrato un grande talento per la letteratura e la poesia, distinguendosi per un coraggioso manifesto clandestino dedicato a “Tutti gli uomini vivi”. Aveva frequentato la facoltà di Lettere e filosofia di Firenze, dove si era avvicinato al Partito comunista dal quale si sarebbe congedato definitivamente nel 1947 pubblicando una poesia sulla rivista Il Ponte: Non è un addio, ma un congedo. Braibanti era un intellettuale a tutto tondo, di difficile definizione: era appassionato di poesia, teatro, letteratura, dell’arte e anche un amante della botanica e dell’ecologia, come dimostrano i suoi appassionati studi sulle formiche.
Dopo l’abbandono del Partito fondò un laboratorio culturale comunitario presso il torrione Farnese di Castell’Arquato: l’esperienza dura ben sei anni, nell’arco dei quali vengono prodotti manufatti di ceramica, poesie, collage, quadri, spettacoli e persino formicai artificiali. Il progetto di Castell’Arquato si concluse bruscamente nel 1962 quando l’amministrazione comunale non permise a Braibanti e ai suoi di rinnovare il contratto d’affitto per lo stabile. Aldo Braibanti si sarebbe quindi trasferito a Roma, dove iniziò a lavorare nell’ambito della drammaturgia, della sceneggiatura e della trasmissione radiofonica: riusciva ad eccellere in qualsiasi attività artistica e creativa si applicasse, collaborò alla rivista trimestrale dei Quaderni Piacentini.
Nella Città Eterna entrò in contatto con altri scrittori di cui divenne amico, tra questi vi erano anche Pasolini, Elsa Morante, Dacia Maraini e Alberto Moravia. L’idillio creativo di Braibanti era tuttavia destinato a concludersi bruscamente a causa di un episodio che sarebbe deflagrato come una bomba nell’opinione pubblica dell’epoca.
Il caso Braibanti narrato nel film di Gianni d’Amelio
Il caso Braibanti esplose nel 1964, quando lo scrittore venne denunciato dal Ippolito Sanfratello, padre del compagno Giovanni, un giovane con il quale l’uomo conviveva già da svariati anni. Sanfratello presentò una denuncia ufficiale alla Procura di Roma nell’ottobre del 1964 nella quale accusava lo scrittore di plagio psicologico. Braibanti veniva accusato di aver influenzato in maniera negativa il giovane Giovanni, imponendogli la propria visione del mondo e la propria sessualità ritenuta “deviata”.
Il processo durò ben quattro anni: in quel periodo di tempo Giovanni fu prelevato con la forza dalla casa di Roma dove viveva con Braibanti e portato in manicomio dove fu sottoposto a elettroshock e ad altre terapie atroci. Le testimonianze di Giovanni in difesa dell’amante vennero quindi giudicate inattendibili, in quanto il ragazzo fu bollato come “malato di mente”.
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Al termine del processo Aldo Braibanti fu condannato a nove anni di carcere. Il mondo intellettuale, capitanato da Pasolini e Moravia, insorse in sua difesa; gli anni di prigione, in sentenza d’appello, furono ridotti a quattro, alla fine lo scrittore ne scontò soltanto due perché era stato un partigiano nella Resistenza.
Al caso Braibanti, Alberto Moravia dedicò anche un libro in cui raccolse i vari interventi degli intellettuali italiani, il titolo era Sotto il nome di plagio, fu pubblicato nel 1969 da Bompiani. Molti erano concordi nell’affermare che nella condanna di Braibanti avevano inciso anche i suoi trascorsi nel Partito comunista. Non fu solo una condanna morale, ma anche politica: era considerato un intellettuale scomodo in quel clima di contestazione.
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In carcere lo stesso Braibanti continuò a scrivere, compose un testo teatrale e una raccolta di saggi poi editi da Feltrinelli con il titolo Le prigioni di Stato. Anche dopo aver scontato la pena continuò a pesare su di lui il marchio dello stigma sociale, subiva ancora gli strascichi del linciaggio mediatico e morale che era stato operato sulla sua persona. Nonostante il tentativo di riabilitazione operato dagli intellettuali dell’epoca su di lui calò l’oblio. Visse in pesanti ristrettezze economiche e gli fu concesso il sussidio della Legge Bachelli. Aldo Braibanti si sarebbe spento nella sua residenza di Castell’Arquato il 6 aprile 2014 a causa di un arresto cardiaco, all’età di 91 anni.
Il signore delle formiche di Gianni Amelio racconta la sua storia.
“Il signore delle formiche”: trailer
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