

Il Principe degli Alberi, che ha assistito incolume a due conflitti mondiali e ha visto la storia scorrere all’ombra dei suoi rami, è stato abbattuto dal vento. Ma continua a parlare, come accade agli esseri antichissimi, attraverso le pagine di un libro e le casse armoniche di quattro strumenti musicali realizzati dal suo legno. Insieme portano in giro per il mondo la voce di un gigante.
Quella dell’abete bianco di Lavarone sembra una favola, ma, come scrive Marco Albino Ferrari ne Il canto del principe (Ponte alle Grazie, 2024), è
una storia realmente accaduta. Una storia di vita, di morte e di vita.
Il Principe degli alberi, da Freud al Fohn
Tutto inizia a Malga Laghetto, sull’Altopiano di Lavarone, in provincia di Trento.
Il Principe lo avvistavi a chilometri. Sembrava un albero conficcato sopra la foresta. Poi, una volta sotto, eccolo il colpo. Ti metteva le vertigini come un precipizio al contrario: l’albero più alto d’Europa, il monte Bianco degli alberi.


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Era un punto di riferimento, la meta per turisti, curiosi, amanti della natura. Più di due secoli di vita non sono pochi. Anche per un albero. E ne fanno memoria storica dei luoghi, testimone silenzioso di eventi e personaggi. Non a caso nel suo Arboreto Selvatico Mario Rigoni Stern ricorda:
alla sua ombra amava sostare Sigmund Freud e certamente è stato ammirato anche da Robert Musil.
Poi nella notte tra il 12 e il 13 novembre 2017 il vento di Fohn lo ha abbattuto. La gente intuisce subito il rischio, spiega nel libro Ferrari, che di montagna sa e scrive molto.
Gli anziani delle borgate avevano intuito che dietro di sé avrebbe lasciato guai seri.
E infatti:
Franando al suolo l’abete bianco chiamato Principe si era tirato dietro, come in una reazione a catena, tutto ciò che la sua traiettoria di caduta aveva incontrato: sei enormi alberi, più altri minori.
Resta la frase dei cronisti: “l’Altipiano ha perso la sua anima”. Resta lo sconcerto del sindaco e del custode forestale concentrato nella domanda: “E adesso?”
ANIMA: una rinascita di pagine e melodie
La storia potrebbe finire qui. Invece questo è il principio.
Dall’abbattimento nasce un’idea che diventa progetto, dal nome ANIMA. Per realizzarlo ci vuole un liutaio, Gianmaria Stelzer. E il tempo necessario perché il legno raggiunga il giusto punto di stagionatura per diventare strumento. Dall’Avez del Prinzep nascono un violoncello, una viola e due violini. Lasciati bianchi, per segnalare la loro origine così inconsueta. Per tradizione infatti i violini vengono realizzati dal legno dell’abete rosso.


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Serve anche una voce che racconti: quella di Marco Albino Ferrari, scrittore, divulgatore, giornalista. Testimone autorevole della montagna, ha ideato e diretto la rivista Meridiani montagne e pubblicato numerosi libri tra cui La via incantata e Mia sconosciuta (entrambi con Ponte alle Grazie, nel 2017 e 2020) e per Einaudi In viaggio sulle Alpi (2009) e Assalto alle Alpi (2023). Come scrive su facebook:
Ho sentito il bisogno di raccontare questa storia perché è sorprendente e preziosa, e perché ci parla intimamente del rapporto tra uomini e alberi.
E il libro diventa spettacolo itinerante, sulle musiche originali di Giovanni Bonato, ed è stato anche al Salone del libro di Torino, per dire. Il quartetto d’archi dialoga con lo scrittore in una narrazione intima e universale che, al fruscio dei rami, sostituisce quello delle pagine e il canto della melodia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il canto del Principe”: la storia di morte e rinascita di un albero
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