Ieri sera al Festival Internazionale delle Letterature di Roma Margaret Atwood ha proposto una riscrittura di una novella di Boccaccio dal titolo L’impazienza di Griselda. Il racconto di Atwood è futuristico, distopico, ma forse non troppo, parla di alieni e pandemie. Ma quanti conoscono la vera “Griselda” di Boccaccio?
Vi proponiamo un’analisi.
L’impazienza di Griselda di Margaret Atwood
Nella versione della scrittrice canadese Margaret Atwood la novella di Boccaccio assume tutt’altro significato. A narrare la storia di Griselda è un alieno, venuto sulla terra per intrattenere gli umani durante una lunga quarantena dovuta all’ennesima pandemia. La paziente Griselda di Boccaccio diventa così l’impaziente Griselda nella favola crudele di Atwood. Il narratore alieno piovuto dallo spazio ce la presenta come “un’antica favola del pianeta Terra”:
C’erano una volta due sorelle gemelle. Erano di modesta condizione sociale. Si chiamavano paziente Griselda e impaziente Griselda. Erano di bell’aspetto. Erano Signore, non Signori. Erano soprannominate Imp e Paz.
Al termine della sua nuova versione della storia boccaccesca, l’aliena Atwood inserisce la sua morale di narratrice:
Ma raccontare storie ci aiuta a capirci a vicenda, superando abissi sociali, storici ed evolutivi, non pensa?
La scrittrice canadese ha affermato di aver sempre trovato sgradevole la pazienza - considerata virtuosa - della Griselda di Boccaccio che sopporta ogni genere di angheria da parte di quel Duca sadico che ha sposato. Nel finale della novella boccaccesca trionfa la sua lealtà di moglie; ma Atwood decide di riscrivere la storia mettendoci lo zampino di un alieno e attribuendo alla sua Griselda una splendida virtù femminile che è la disobbedienza.
Griselda di Giovanni Boccaccio
L’ultima novella del Decameron di Boccaccio, la centesima, la decima della decima giornata, ci ammalia e spiazza con la figura di Griselda. È Panfilo a stabilire il tema, invitando la brigata a raccontare storie esemplari di liberalità e magnificenza, specchio di un animo nobilmente disinteressato. Due qualità, queste, su cui Boccaccio propone di misurare il valore del singolo.
Ecco una panoramica delle principali ipotesi interpretative dell’ultima novella del Decameron di Giovanni Boccaccio. L’esasperazione psicologica fa di Griselda una figura esemplare, ma cosa rappresenta? Vediamo insieme riassunto, analisi e ipotesi interpretative della novella.
Griselda di Giovanni Boccaccio: trama e analisi
a cura di Isabella Fantin
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La protagonista Griselda è una guardiana di pecore molto bella che il marchese di Saluzzo, di nome Gualtieri, prende in moglie. L’amore non c’entra. Il nobile feudatario cede al grande passo per convenienza e per compiacere amici e vassalli: occorrono eredi a perpetuare la stirpe. Misogino per natura, identifica il matrimonio con “mettersi in catene”, della moglie gli interessa una cieca abnegazione. Dopo la nascita di una bimbetta, Gualtieri decide di saggiare il carattere e la capacità di sopportazione della giovane con prove di rara crudeltà. Una via crucis, la sua, perpetrata per tredici anni con l’arte della simulazione, dissimulazione e sadica introspezione psicologica. Eppure la consorte, dai modi aristocratici malgrado l’umile estrazione sociale, è amata e rispettata dai sudditi per la sua benevolenza. La offende, umilia, calunnia. Le rinfaccia le origini, finge di avere ordinato l’uccisione dei figli, la ripudia in malo modo. La reintroduce in casa da serva mentre si appresta a un nuovo matrimonio. È tutta una messinscena. Anche la promessa sposa dodicenne, in realtà, è la figlia, fatta allevare di nascosto insieme al fratello a Bologna. Griselda non fa un plissé: rispetta docile e impassibile le decisioni del consorte, senza pretese, lamenti, recriminazioni. Ignora il rancore, coltiva la pazienza. Approva d’ufficio tutto quello che il marito-padrone (di cui continua a essere innamorata) fa, ordina, esige. Ma nel corso dei festeggiamenti, emersa la verità, Griselda riacquista il suo status di moglie e madre, perché finalmente viene accettata dal marito. Infatti, a suggello di un discorso chiarificatore, Gualtieri rivela:
“Ti amo più di ogni altra cosa al mondo: mi posso vantare perché sulla faccia della terra nessun uomo ha una moglie migliore di te”.
Migliore… perché non dà grattacapi. E non tesse solo l’elogio della donna, loda se stesso per la lungimiranza con cui l’ha scelta. C’è una bella differenza.
Sapete qual è il provocatorio commento finale del narratore Dioneo? Forse Griselda avrebbe dovuto consolarsi con un amante, una volta cacciata di casa in braghe di tela. Non è un modo di dire.
Analisi e ipotesi interpretative della novella Griselda
Su questa novella è stato scritto molto. Vista l’esasperazione psicologica dei protagonisti, l’esemplarità è fuor di dubbio. Ma cosa rappresenta Griselda?
- Griselda incarna la devozione coniugale assoluta.
È vero che nel Decameron le giovani innamorate non mancano. È altrettanto vero che solo in questo caso la donna incarna l’amore coniugale come sacrificio di se stessa e dei propri sentimenti. Resta fedele alla promessa di obbedire in ogni circostanza. Insomma il Decameron, dedicato alle donne, termina con una moglie perfetta.
- Griselda è un modello di umiltà.
La sua grandezza consiste nell’umiltà con cui accetta soprusi e vessazioni.
Griselda è l’archetipo dell’innocente ingiustamente perseguitato.
Questo archetipo innerva fiaba, mito, narrativa, agiografia medievale, la Bibbia del libro di Giobbe. Metterlo in luce significa individuare come centro nevralgico della novella la reiterazione della prova, intesa in senso proppiano.
- Alcuni censurano l’artificiosità della novella.
Sintetizzo questa posizione: la durezza del marchese di Saluzzo e la pazienza di Griselda, incomprensibili dal punto di vista psicologico, tradirebbero un eccesso di intellettualismo e artificiosità.
- Altri ne esaltano la funzione esemplare.
Nella struttura ascensionale della raccolta – che svetta dalla malvagità assoluta ad un’integrità morale senza paragoni -, la virtù di Griselda controbilancerebbe l’anarchia etica di ser Ciappelletto.
La lettura petrarchesca della novella di Boccaccio
Si deve al cantore di Laura un rifacimento dal volgare in latino della novella che si trova in Seniles, XVII, 3. Il titolo ha un sapore agiografico: De insigni obedientia et fide uxoria tanto che la protagonista è un modello di santità. Questa versione ebbe una diffusione più ampia dell’originale, fu oggetto di traduzioni e riadattamenti a partire da Chaucer.
La critica anglosassone di Griselda
La critica anglosassone approfondisce l’ideale di santità marcato da Petrarca proponendo un’analogia tra Gualtieri/Griselda e Dio/anima. Per esempio l’agire apparentemente incomprensibile del marchese si rivela nel momento in cui si compie, come quello della Provvidenza divina. Pensiamo anche alla distanza tra i due e al lavoro come guardiana di pecore: un riflesso della distanza tra creatore e creatura insieme ad un’allusione all’agnello, vittima sacrificale per eccellenza. In questa prospettiva il ripudio assume i contorni di una scomunica; la crudeltà di Gualtieri sembra affine alla misteriosa volontà del Signore di cui il fedele ignora il disegno; l’obbedienza di Griselda ricalca quella che si deve a Dio.
La virtù di Griselda secondo la critica
È questa la posizione della critica sociologica. Poiché la virtù consente a Griselda l’elevazione sociale, Boccaccio si inserirebbe nel dibattito Due-Trecentesco della contrapposizione tra nobiltà di sangue e di spirito. Ricordate “Al cor gentil rempaira sempre amore” di Guinizzelli? Facciamo un passo in più. La sottomissione è quanto chi concede un beneficio richiede all’inferiore che lo riceve. Altri elementi irrobustiscono il côté storico e sociologico della novella: la dispensa papale per poter contrarre nuove nozze, annullate le prime; l’importanza della verginità fisica e metaforica; l’impegno della donna nelle questioni domestiche. Che Boccaccio proponga un ideale di famiglia borghese, nata dall’unione di ceti diversi?
L’ambiguità prospettica di Griselda
Analizziamo il punto di vista di Dioneo, Boccaccio e Griselda.
Il prologo è apertamente contraddittorio. Dioneo afferma che la novella illustrerà un exemplum negativo da non seguire. Questa aperta critica verso il comportamento di Gualtieri stride con una narrazione che invece lo deresponsabilizza, attribuendo le prove alla malasorte. E dietro la narrazione c’è Boccaccio. Significa che la prospettiva di autore e narratore non coincidono.
Poniamoci un’ultima domanda: cosa pensa la diretta interessata? Troviamo la risposta nel discorso che rivolge al marito a ridosso del ripudio. È perfettamente consapevole dell’ingiustizia: la accetta, ma non la ignora. Questo significa avere dignità, la virtù tipicamente borghese di Cisti fornaio e Federigo degli Alberighi. Si tratta di una qualità priva di carattere attivo e finalità pratiche. Facciamo ordine: da un lato brilla la virtù della dignità (Griselda), dall’altro incombe la sorte (Boccaccio), dall’altro ancora occorre censurare il perfido disegno di Gualtieri (Dioneo). Comunque la si legga, la novella di Griselda racchiude tre coordinate dell’intera raccolta: fortuna, amore, ingegno.
Fonte immagine: Wikimedia Commons - Uno dei figli di Griselda le viene portato via in un’illustrazione tratta dal libro Chaucer for Children di Eliza Haweis del 1882
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Griselda”: analisi della novella di Giovanni Boccaccio che ha ispirato Margaret Atwood
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