

Gigi il bastardo (& le sue 5 morti)
- Autore: Pee Gee Daniel
- Anno di pubblicazione: 2012
Pee Gee Daniel ci presenta il Suo libro Gigi il bastardo (& le sue 5 morti), pubblicato da Montag nel 2012.
- Come descriverebbe il suo libro?
Questa mia opera è una sorta di Bildungsröman a rovescio: un romanzo che narra la de-formazione del personaggio eponimo, attraverso tappe clausolari, benchè dissimulate, nella crescita umana dell’eroe (esperienza, catabasi, ybris e pietas, caduta e una salvazione sfiorata, ma non accettata e via dicendo), alle prese via via con un’insana violenza che gli scaturisce da dentro (una violenza sociale - o sociopatica - in quanto ribelle a convenzioni e norme) o con l’imposizione esterna di prese di coscienza e responsabilità che questi rifiuta e, anzi, contrasta (in ciò il personaggio di Gigi vorrebbe essere simbolo enfatizzato di tutta una generazione, colta nel difficile momento di maturazione cui va volgendo).
- A che genere appartiene?
Il genere non è squisitamente poliziesco, thriller o simili. Non vi è alcun tipo di intreccio annoverabile a stili suddetti, sebbene i temi trattati ne siano in certa parte comuni.
- Quali aspetti e temi sono toccati nella trama del libro?
Nell’economia della narrazione ho semplicemente voluto mettere in risalto la disperazione che si cela dietro le matte risate, la noia buia che sta dietro le troppe feste, la solitudine delle uscite in compagnia, la richiesta d’ aiuto urlata a un cielo sordo per via di preghiere fatte con sbornie, ottundimenti da droga e violenza delle più gratuite, la straziante difficoltà di crescere e la facilità d’una fuga spedita da ingaggiare al cospetto delle scelte fondamentali che la vita ci pone lungo il cammino. Cercando di riprodurre questi profondi disagi anche a mezzo d’ una forma complessa, a volte stridente, o aulica o involgarita d’improvviso, sempre composita, che va plasmandosi via via in sintonia con le vicende o gli stati d’animo illustrati (dicendola con Leo Spitzer, “oratio vultus animi!”). Forma così ricca di registri diversi e di diverse influenze, tesa a restituire i vari frangenti, stati d’animo, condizioni e tic mentali etc.
Parlando d’un manipolo di esistenze borderline, e tra di esse primus inter pares un personaggio dalle maschere multiple, i miei intenti erano quelli di raffigurare un ben più esteso impianto sociale: le ansie e i patemi, come pure gli improvvisi, spiazzanti moti di rivalsa dell’uomo tout court.
- Che stile è utilizzato nel libro?
Il romanzo descrive il vissuto (o vivenza), circostanziato nel rapido ciclo di pochi giorni, del protagonista, alle prese con una vita sbandata, tra sesso-droga-avventure varie nella Torino di dieci anni fa circa.
La trama portante si rifà al solito schema dell’eroe che cerca la propria donna, perduta, anche se qui è riveduto e ben corretto, con una svolta finale anti-edificante.
Lo stile, ironico e sperimentale, tenta di stare al passo - attraverso tic linguistici, neologismi, continue invenzioni narrative e formali – con l’intricata psicologia del personaggio e dei vari eventi in cui di volta in volta questi incappa.
La forma è circolare: cioè, il testo comincia dall’esatto punto in cui finirà. Le cose che accadono sono tra le più disparate, tra incontri con un nano spacciatore o un medico/santone, overdose dalla conseguenze allucinatorie, violenze subite e/o perpetrate, hashish, coca, una droga (inesistente nel mondo reale) dal nome di Lizbona, spogliarelli, rapporti sessuali con una superobesa, un’olandese non cosciente, un trans prepotente, una disabile, la donna della propria vita, passaggi per quartieri degradati e altri upperclass, mercatini delle pulci, introduzioni casuali a festicciole private, locali alternativi, ristorantini romantici, agenzie matrimoniali, morti provocate o subite, addirittura un incontro mistico-psichedelico con Dio, etc etc.
È molto difficile riassumere un malloppone del genere in poche righe.
La cosa migliore è leggerlo!
Tanto per darvene un assaggino, e farvi entrare di forza nell’atmosfera del testo, ecco qui di seguito un pezzo di incipit:
« ordunque io, Gigi+; che son appenappena quei 6-7 min. che sto qua dentro, smollo la tipa, senza dimandar venia la smollo volendo seguitare le mie personali ricerche di carne fresca, non mai prima saggiata. La smollo dinanzi a un buffet strapieno di cui faccio incetta, sgargarozzandomi l’umanamente sgargarozzabile, tra salatini e ulive e pizzette etc., associando il mangiativo a ricche sorsate di quel che capita, purchè sodamente alcoolico; finchè non sono a basta empio e infame [cioè, pieno e senza più appetito], allora potendo penzare, dop’aver contribuito al piacere di pancia, pur’al compiacimento del sottopancia, ordunque partendomi a sta cerca urogenitàl-sentimentàl. Non prima, però, d’aver preventivamente distanziato dagli sbandati passi miei quelli inopportuni della temporanea congiunta…
facciamo così, che ognuno va per suo conto eppoi ci ribecchiamo alla cert’ora
,le pispiglio rint’e ‘rrecchie - dessa ancor singhiozzolante, ancor spiangiucchiosa pel pezzo del prima, ma attenta a nonnulla trasparire agli occhi convitati, gli occhiacci della colpa su llei puntuti. Che subitentrando, prima che riuscisse ben bene a scancellare le doglie del pianto di poc’anzi con soccorrevoli multistrati di make-up, la Cimosa la vide l’amica, che tasì sgamandola, col volto schifo del post-lagrima, fè
che ccazzo t’è successo?
so’ stata male, ho vomitato…
da velare a modìno, al giudizio altrui, la contrictio-cordis d’un conato di abbandono da parte del Gigi in suo corrispetto, à vis sputacchiatole into the car, comin’ to the feast!
Gigi e la tipa ci lassamo, ridandoci il gancio a tra 3/4 d’ora (all’otto preccisse!) nei bagni sottani di quell’ alloggio a du’ piani che svolgesi la festicciuola…»
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