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Il 7 maggio 1711 nasceva a Edimburgo il filosofo scozzese David Hume. Con l’acume del suo pensiero illuminista, David Hume getta un’ombra disturbante sia sulle solide certezze del razionalismo sia sulle più rassicuranti posizioni di John Locke.
La filosofia humeana, pur muovendo dallo stesso empirismo del filosofo inglese, arriva a conclusioni scettiche, difende la possibilità di una conoscenza solo probabile e pone questioni epistemologiche che, per la loro portata, stimoleranno tutta la riflessione kantiana sulla conoscenza.
La vita di David Hume, però, non è segnata solo dagli studi teoretici, oltre ad essere stato un fine storico, nel suo pensiero ritroviamo originali e provocanti considerazioni riguardanti l’etica, la religione e la filosofia dell’arte.
La vita e le opere di David Hume


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David Hume (26 aprile 1711 - 25 agosto 1776) nacque ad Edimburgo dove compì studi di giurisprudenza, pur interessandosi già in giovane età alle discipline umanistiche. Grazie a un soggiorno in Francia approfondì lo studio della filosofia e pubblicò la sua opera principale, il Trattato sulla natura umana (1739-1740) che ottenne un’accoglienza molto fredda.
Rientrato in Inghilterra svolse diversi incarichi politici, per poi divenire bibliotecario a Edimburgo; in questi anni pubblicò una Storia dell’Inghilterra (1754-1762) che gli conferì grande notorietà e un ragguardevole profitto economico.
Un ulteriore soggiorno a Parigi, al seguito di un nobile, gli permise di frequentare i circoli intellettuali degli illuministi, dove ebbe una vivace accoglienza, in questa occasione strinse amicizia anche una burrascosa amicizia con Jean Jacques Rousseau.
Tra le opere più rappresentative del pensiero di David Hume è opportuno citare anche:
- Ricerca sull’intelletto umano (1748)
- Ricerca sui principi della morale (1752),
che sintetizzano la sua opera maggiore, oltre che la Storia naturale della religione (1757) e i Dialoghi sulla religione naturale (postumi).
Le idee e il principio di associazione


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Come già per Locke, anche quella di Hume è una filosofia di idee: egli rivolge la sua attenzione alla natura umana che intende trattare con lo stesso sguardo sperimentale che Newton ha rivolto alla natura fisica; Hume è quindi un empirista che rifiuta tutti i sofismi e le sottili distinzioni della vecchia metafisica.
Nella sua teoria della conoscenza Hume distingue tra:
- impressioni, ossia i contenuti più immediati della mente, ciò che noi pensiamo quando ci troviamo di fronte un oggetto;
- idee, ossia i ricordi che abbiamo di quel che abbiamo percepito, quando non abbiamo più un contatto diretto con l’oggetto, ossia quando non abbiamo più di fronte a noi ciò che abbiamo percepito precedentemente. A proposito delle idee, poi, Hume riprende la distinzione lockiana tra:
- idee semplici, ossia le idee delle qualità di un oggetto, come la forma, l’estensione, il movimento (qualità primarie in Locke) ma anche il colore, il suono, il gusto (qualità secondarie);
- idee complesse, ossia gli aggregati di idee semplici, come potrebbero essere, ad esempio, l’idea del mio amico Augusto o l’idea della mia caffettiera;
Hume riflette anche sulle idee astratte, ossia su quelle che noi chiameremo idee generali (ad esempio l’idea di uomo) e osserva acutamente che ogni qualvolta noi pensiamo all’uomo, in generale, in realtà, nella nostra mente consideriamo sempre un uomo particolare (con una certa statura, un certo colore di capelli, una certa fisionomia, ecc.) che, però, assurge a simbolo di tutta una serie di idee simili (ossia a simbolo di tutti gli uomini). Ciò è dovuto all’abitudine di usare lo stesso nome, ossia lo stesso simbolo, per idee simili ma in realtà leggermente differenti e, in quanto abitudine, è una pratica solo psicologica.
Hume si interroga, poi, su come la nostra mente metta insieme le idee. Ciò è possibile grazie a una particolare facoltà, l’immaginazione, che collega le idee: si parla quindi di principio di un principio di associazione che prevede tre differenti criteri:
- la somiglianza: in base alla quale collego un’idea a una che gli somiglia (ad esempio collego il mio cane a quelli della sua stessa razza);
- la contiguità: con cui associo un’idea all’idea di un oggetto o di un ente vicino, contiguo (ad esempio collego il mio cane con quelli che vedo ogni mattina nell’area cani del parco del mio quartiere);
- la causalità: con la quale lego un’idea all’idea di ciò che l’ha generata (ad esempio lego il mio cane ai cani che, accoppiandosi, l’hanno generato).
Hume e la critica al principio di causalità
Proprio perché la causalità è il principio sul quale si regge tutta la nostra conoscenza scientifica, Hume riflette più a fondo su di essa e nota come una relazione causale tra due fatti non possa mai derivare dal puro ragionamento ma debba sempre chiamare in causa la nostra esperienza. A tal proposito Hume distingue tra:
- relazioni tra idee, ossia proposizioni che sono ottenute o collegate mediante il principio di non-contraddizione, come avviene ad esempio nella matematica: si tratta di proposizioni che trovano in sé stesse la ragione della loro validità, non hanno bisogno di ricorrere all’esperienza per esser dimostrate vere (posso affermare, ad esempio, che la somma degli angoli interni di un triangolo è 180° anche senza disegnare alcun triangolo) e il loro contrario è impossibile;
- materie di fatto, ossia proposizioni che si fondano sull’esperienza, la cui verità dipende dall’esperienza stessa, sono prive di necessità e il loro contrario è sempre possibile;
A proposito delle materie di fatto, lo stesso Hume porta l’esempio della proposizione: “il sole domani sorgerà”. Il filosofo azzarda questa provocazione per affermare che, nel mondo della fisica e dell’esperienza, non siamo mai autorizzati a passare da casi noti a casi ignoti. Pensiamo alla nostra esperienza: per tutti i giorni della nostra vita abbiamo osservato che il sole sorge la mattina ma questo, secondo Hume, non ci autorizza ad affermare che “domani il sole sorgerà” ma solo ad ammettere che il sole, finora, è sempre sorto. Perché allora siamo così sicuri del fatto che quel che è successo finora accadrà ancora? Per il filosofo la risposta risiede sempre nell’abitudine: in realtà, in base alla nostra esperienza, noi osserviamo solo che a un fatto segue un altro fatto; è poi la nostra mente che, abituata a percepire i due eventi in sequenza, in successione, mediante il principio di associazione, arriva a dire che il primo è causa del secondo.
Hume, ovviamente, non è così ingenuo da affermare che domani il sole non sorgerà, ma vuole sottolineare il fatto che l’ordine che appare evidente nella natura è un ordine che non è possibile rilevare in modo oggettivo nella realtà; risiede, infatti, nella nostra mente ed è da imputare al soggetto.
In questo modo Hume perviene a una epistemologia scettica ovvero a una visione della scienza dove le verità scientifiche sono solo probabili. Non solo, anche tutta la nostra esperienza ordinaria, a ben vedere, non è fatta solo di impressioni immediate ma anche di credenze, che accettiamo proprio perché funzionali alla nostra sopravvivenza.
Morale, estetica e religione in David Hume


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Per concludere è opportuno anche offrire qualche sintetico spunto sulle posizioni più rilevanti di Hume a proposito dell’etica, dell’estetica e della religione.
In ambito morale Hume rimane famoso per una sua legge, conosciuta anche come ghigliottina di Hume: egli rileva che quando i filosofi trattano dei costumi osservano la società che si trovano di fronte, formulano quindi proposizioni che riguardano materie di fatto (dove compare il verbo essere) e, poi, improvvisamente, arrivano a formulare dei precetti di carattere morale (dover essere). Per Hume questo modo di argomentare nasconde un passaggio indebito: se si dispone solo di premesse di natura fattuale (come sono le proposizioni su materie di fatto) non è possibile pervenire a una conclusione di carattere deontologico o valutativo; più semplicemente il passaggio dall’essere al dover essere è immotivato e ingiustificato.
Hume nota poi che tutta la natura umana e le azioni che compiamo trovano la loro scaturigine nel sentimento: come già aveva affermato Spinoza, ciò che è bene e ciò che male, è in realtà solo ciò che è utile e ciò che è dannoso per noi. Sono le passioni, quindi, e non la ragione, a guidare la nostra volontà.
Lo stesso vale in ambito estetico: ciò che è bello non può mai essere stabilito a priori, sulla base di un ragionamento, ma dipende sempre dal nostro gusto, da esso deriva un criterio generale, una sorta di senso comune estetico che, però, fa appello all’esperienza e ai sentimenti umani più comuni, senza pretendere che tali sentimenti siano necessariamente conformi.
Per quanto riguarda la religione Hume assume una posizione deista, simile a quella di Diderot e di molti altri illuministi. Egli svolge interessanti considerazioni sull’origine della religione e delle divinità, frutto delle speranze e dei timori dei primi uomini, e rivolge delle ficcanti critiche alle prove dell’esistenza di Dio alle quali il Kant della Critica della Ragion pura attingerà a piene mani.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: David Hume: vita, opere e pensiero di uno scettico moderno
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