Quando si legge una poesia, certamente è la rima la figura retorica che si riconosce più facilmente. Tuttavia la lingua italiana si presta a tantissimi giochi letterari e per questo non mancano scrittori che si servono anche dell’assonanza e della consonanza in molte delle loro opere.
Le figure dell’assonanza e della consonanza sono spesso confuse e per questo vogliamo farvi scoprire qualcosa in più sul significato dell’assonanza e della consonanza, cosa le distingue e alcuni esempi d’uso in opere della nostra letteratura.
Assonanza: definizione e come riconoscerla
Tra i fenomeni metrici l’assonanza prevede la parziale identità di suoni tra due o più versi, cioè le parole a fine verso hanno le stesse vocali a partire dalla vocale tonica (cioè accentata), mentre le consonanti sono diverse e certe volte il poeta le sceglie di suono simile per accentuare la componente musicale.
L’origine del nome deriva infatti da assonare cioè avere suono simile.
Si possono distinguere diversi tipi assonanza:
- assonanza semplice, quando coincidono soltanto le vocali (dividi = audivi; passione/colore)
- assonanza della sola tonica, quando coincide solo la vocale accentata (luna/dune)
- assonanza atona, quando coincide la vocale non accentata (limo/coro) o la sillaba non accentata (fare/mare).
Assonanza: alcuni esempi
Un’applicazione tradizionale dell’assonanza si registra nelle produzioni artistiche più popolari, come le canzoni o i proverbi: Aprile, dolce dormire ne è un perfetto esempio. Non mancano però gli usi dell’assonanza in componimenti poetici della nostra letteratura. Ne indichiamo di seguito solo alcuni:
- Giovanni Pascoli, Lavandare, Myricae:
ll vento soffia e nevica la frasca,/ e tu non torni ancora al tuo paese!/ Quando partisti, come son rimasta!
- Eugenio Montale, Felicità raggiunta, Ossi di seppia:
Felicità raggiunta, si cammina/ per te sul fil di lama/ Agli occhi sei barlume che vacilla,/ al piede, teso ghiaccio che s’incrina;/ e dunque non ti tocchi chi più t’ama.
- Umberto Saba, La capra, Canzoniere:
Ho parlato a una capra./ Era sola sul prato, era legata.
- Francesco Petrarca, Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, Canzoniere:
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono/ [...] che quanto piace al mondo è breve sogno.
Consonanza: definizione e come riconoscerla
La consonanza (dal latino consonare, possedere corrispondenza di suono, essere in armonia) prevede che tra due parole in rima siano le stesse soltanto le consonanti a partire dall’ultima vocale tonica.
In sostanza è l’esatto opposto dell’assonanza: questa volta a coincidere non sono le vocali, ma le consonanti. Spesso si fa confusione tra le due figure retoriche perché la consonanza è anche detta assonanza consonantica.
Consonanza: alcuni esempi
Sebbene sia meno frequente dell’assonanza e spesso venga preferita dall’allitterazione, la consonanza non ha mancato di ispirare i poeti italiani:
- Eugenio Montale, Meriggiare pallido e assorto, Ossi di seppia:
E andando nel sole che abbaglia/ sentire con triste meraviglia/ com’è tutta la vita e il suo travaglio/ in questo seguitare una muraglia/ che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
- Giovanni Pascoli, La pioggia, Myricae:
Poi tra il cantare delle raganelle/ guizzò sui campi un raggio lungo e giallo.
Possiamo concludere dicendo, quindi, che l’assonanza e la consonanza sono due figure retoriche di suono molto usate in poesia, ma che spesso vengono confuse tra di loro. Perciò fate attenzione quando vi troverete ad analizzare un testo: l’importante è avere ben presente le sillabe toniche e capire se ad essere uguali sono le consonanti (consonanza) o le vocali (assonanza).
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Assonanza e consonanza: significato, differenze ed esempi
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Significato di parole, proverbi e modi di dire
Lascia il tuo commento