Se avete cercato anastrofe con l’intenzione di conoscere il significato e alcuni esempi di utilizzo siete nel posto giusto. Di seguito parleremo in modo approfondito proprio di questa figura retorica che, insieme a tutte le altre, completa il quadro di quelle che sono vere e proprie forme espressive di largo uso nella lingua italiana.
Le figure retoriche, infatti, le ritroviamo in molti scritti e diversi testi. Il loro uso è strettamente connesso alla volontà, da parte dell’autore, di rendere il messaggio più efficace. Proprio per questo egli ricorre a degli espedienti che, nella maggior parte dei casi, consistono in una deviazione dal linguaggio comune.
Vediamo allora nello specifico cosa comporta l’utilizzo dell’anastrofe, quale significato nasconde e se vi sono esempi interessanti dai quali capire qualcosa in più.
Anastrofe: significato della figura retorica
Per conoscere il significato di anastrofe partiamo dall’etimologia della parola: di derivazione greca ἀναστροφή, si pronuncia anàstrôfe e letteralmente si traduce con "inversione".
L’utilizzo dell’anastrofe, infatti, presuppone un’inversione dell’ordine abituale di una serie di termini. In altre parole immaginiamo di essere davanti ad un gruppo di parole e pensiamo che queste ultime abbiamo un ordine, immaginiamo di rompere l’ordine e di cambiare le sorti della nostra frase.
L’anastrofe è quindi una figura retorica che prevede l’anteposizione di un gruppo di parole o di un solo termine che, a in base alle regole della lingua italiana, dovremmo trovare successivamente. Questa figura retorica è da intendersi come eredità della lingua greca antica e del latino, dove le parole avevano una grande mobilità e venivano posizionate in modo differente nel componimento in modo da avere la metrica corretta. Difatti troviamo una definizione di anastrofe già nei testi antichi; Quintiliano nella sua Institutio oratoria la definiva come una variazione dell’iperbato e spiegava che se la reversio, ossia il cambiamento di posizione, interessava due sole parole nel periodo si doveva parlare di anastrofe.
Se avete dimestichezza con le figure retoriche probabilmente vi siete resi conto che l’anastrofe è simile all’iperbato: in realtà a ben vedere ci si accorge subito che tra i due vi è una sottile differenza.
L’iperbato implica l’inserimento di un inciso tra i termini, cosa che non avviene in presenza dell’anastrofe. Passiamo subito ad analizzare alcuni esempi peraltro anche famosi all’interno della letteratura italiana.
Anastrofe: esempi di utilizzo nei poeti antichi
Ora che abbiamo visto in maniera più approfondita il significato dell’anastrofe e il modo in cui sembra essere nata, passiamo a scoprire in che modo gli scrittori l’hanno utilizzata nei propri componimenti.
Dante utilizza in molti passi l’anastrofe, portandola ad essere una figura retorica perfetta e ottimamente bilanciata, come ad esempio avviene nel componimento "Tanto gentile e tanto onesta pare" che si trova in Vita nova, XXVI, 2-8:
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta.
Vediamo come "vestuta" non si trovi nella posizione in cui ci aspetteremmo di leggere la parola. Il Sommo Poeta utilizza questo espediente in molti punti della Divina Commedia, come nel seguente passo del Purgatorio (XIV, 82-84) dove il participio dell’ausiliare è anticipato:
Fu il sangue mio d’invidia sì riarso,
che se veduto avesse uom farsi lieto,
visto m’avresti di livore sparso
Oppure in Inferno I, 66-67, quando invece ad essere posto di seguito è il predicato verbale:
Rispuosemi: «Non omo, omo già fui,
Questa figura retorica viene poi utilizzata anche da altri grandi poeti, come ad esempio Leopardi, nella sua celebra poesia "A Silvia" scrive:
Allor che all’opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
Ungaretti ricorre all’utilizzo dell’anastrofe nel suo componimento "Sentimento del tempo, La Madre":
E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano
Guardando questi esempi è più semplice cogliere il motivo per cui uno scrittore sia incentivato a utilizzare una figura retorica come l’anastrofe. Il risultato è evidente: il contesto narrativo appare lontano dai tempi abituali e quotidiani, come se ad essere invertite non sono soltanto le parole e i termini utilizzati ma anche il vissuto vero e proprio.
Questo però non significa che l’utilizzo di una figura retorica come l’anastrofe sia limitata a scritti datati o storici: un libro interessante nel quale ricorre l’inversione dei termini è Il Signore degli Anelli nella versione italiana.
Per non perdere l’allenamento vi consigliamo di dare uno sguardo alle sue pagine e divertirvi a scovare l’anastrofe tra le vicende e gli accadimenti dei protagonisti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Anastrofe: significato ed esempi
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