Che significa amore platonico? Vi sarà capitato di sentire questa espressione e di chiedervi Cosa vuol dire e perché si dice così, visto che è un modo di dire molto utilizzato nella lingua italiana.
Per capire l’origine - dunque l’etimologia -, il significato e la definizione del termine dobbiamo tornare molto indietro nel tempo ed entrare nella sfera della filosofia, visto che, come è intuitivo, l’espressione è strettamente correlata con Platone e il suo pensiero.
Amore platonico: definizione e significato
La definizione di amore platonico è quella di un amore che va al di là della componente sessuale e fisica, restando puramente spirituale.
Nel corso del tempo l’espressione è diventata anche sinonimo di un amore puro e casto, se vogliamo anche slegato dalla realtà, che rimane mentale e non si tramuta in azione.
L’amore platonico, in alcuni casi, può diventare anche una condizione psicologica, che tende ad idealizzare la relazione e la persona che abbiamo di fronte.
A prescindere dall’aspetto patologico, però, il termine nel corso della storia è stato il fulcro della concezione dell’amore di alcuni movimenti letterari, alla base dell’amore romantico o anche dell’amor cortese, fatto solo di sentimento e non dell’atto sessuale.
In questi casi, la figura della donna veniva idealizzata e l’amore non era concepito come amore fisico, ma rimaneva relegato alla sfera spirituale e potenziale.
Nell’epoca moderna, ha assunto anche un senso figurato, ad intendere qualcosa che si ama o vuole moltissimo, ma che non si ha intenzione di prendere o non si può ottenere.
Amore platonico: origine e perché si dice così
L’origine del termine, però, non è moderna, ma risale all’antica Grecia e al pensiero di Platone, filosofo tra i più importanti della storia, famoso ad esempio per Il mito della caverna di Platone.
Platone teorizza l’amore platonico nel Simposio, un’altra delle sue opere più famose e tra i suoi dialoghi più conosciuti.
In quest’opera Platone, per bocca di Socrate, esprime il suo pensiero su Eros, il dio dell’amore appunto.
Secondo quanto esposto nell’opera Eros sarebbe un demone figlio di Pòros (l’espediente, l’ingegno) e Penìa (la povertà): durante i festeggiamenti per la nascita di Afrodite, infatti, Pòros si ubriaca e si addormenta nei giardini di Zeus.
Penìa, nella speranza di generare un figlio, approfitta del momento di ubriachezza di Pòros e giace con lui. Dalla loro unione, appunto, nasce Eros, l’amore, che assume una connotazione sia positiva che negativa: da una parte, infatti, è figlio del bisogno e della passione, prendendo vita dall’assenza e da ciò che non possediamo.
A questo punto, l’amore non è più solamente un fatto fisico, ma una pulsione dell’anima e partendo da questo discorso Platone arriva a parlare dell’amore per la conoscenza.
Le lingue moderne riprendono l’espressione da Marsilio Ficino che usa il termine “amor platonicus” nel XV secolo ad indicare un amore diretto agli aspetti intellettuali e morali, invece che a quelli fisiche.
Questa espressione viene utilizzata dall’autore come sinonimo di “amor socraticus” che nel Simposio indica il legame affettivo di Socrate con i suoi allievi: quell’affetto che si sviluppa tra il maestro e i suoi discepoli.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Amore platonico: che significa e perché si dice così
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