È notizia di questi giorni l’arresto dell’ex prefetto Filippo Piritore per presunto depistaggio nell’inchiesta sull’omicidio del Presidente della regione siciliana, Piersanti Mattarella, ucciso a Palermo quarantacinque anni fa, il 6 gennaio 1980. Un nome che torna dal passato, e con esso una storia che sembrava chiusa nei faldoni della memoria giudiziaria ma che continua, invece, a interrogare la coscienza civile del Paese.
Quel delitto, che colpì il fratello dell’attuale presidente della Repubblica, resta una ferita aperta e un simbolo di quella verità negata che attraversa come un filo oscuro la storia repubblicana.
Cronache di un Paese che non smette di cercare: l’ultimo romanzo di Maurizio de Giovanni
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In questa cornice di silenzi e sospetti si colloca il nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni, L’orologiaio di Brest (Feltrinelli, 2025), un’opera che racconta un’Italia dove il tempo non scorre in linea retta, ma si avvita su se stesso, tra misteri irrisolti, colpe collettive e memorie distorte.
Il libro è un labirinto di storie e salti temporali, dove voce narrante, passato e presente si rincorrono, e a volte si confondono e il lettore deve concentrarsi per capire di volta in volta le varie situazioni, per non perdersi. Ci sono personaggi che cercano, come noi, di dare un senso alle omissioni e agli enigmi di un passato che non passa mai.
Tra questi spiccano Andrea Malchiodi, professore di storia, e Vera Coen, giornalista determinata a scoperchiare le verità nascoste dietro il potere. Intorno a loro, come un coro di voci inquiete, si muovono figure che hanno conosciuto la caduta morale: uomini di Chiesa travolti dal peccato, terroristi rifugiati all’estero, donne scomparse nel buio di una storia collettiva piena di omissioni.
De Giovanni costruisce una trama in cui la finzione letteraria diventa un modo per interrogare la realtà politica e morale di un Paese abituato a convivere con il segreto.
“Cambiare il sistema” — dice Flavia, madre del protagonista — è il sogno di una generazione che voleva rompere la gabbia borghese del lavoro sicuro e delle ferie programmate. Ma nel romanzo, come nella storia reale, quella ribellione si trasforma spesso in violenza organizzata, in omicidi lucidamente pianificati, in bombe esplose per rivalsa.
Molti di quei protagonisti hanno trovato rifugio altrove: in Francia, in Sud America, nei corridoi universitari o nei salotti intellettuali, reinventandosi come pensatori raffinati dopo essere stati carnefici.
Recensione del libro
L’orologiaio di Brest
di Maurizio de Giovanni
Il segreto di Stato è una chiave che tiene insieme queste trame. Nella realtà, è l’istituto che ha coperto per decenni le verità sulle stragi e i depistaggi; nell’arte, diventa la metafora di un meccanismo che trattiene la memoria, come un orologio inceppato. L’omicidio pianificato, il documento omesso, il testimone scomparso: tutto rimanda a un Paese che non accetta l’idea che certe verità non si debbano conoscere fino in fondo.
Il segreto di Stato: film e libri da riscoprire
È lo stesso muro invisibile contro cui si infrangeva il giornalista del film “Il muro di gomma” di Marco Risi (1991): un’opera civile che racconta l’indagine sulla strage di Ustica, e la frustrazione di chi cerca risposte in un sistema che restituisce solo silenzio. La Vera Coen di Maurizio de Giovanni sembra l’erede ideale di quel cronista: stessa ostinazione, stessa solitudine, stesso senso di condanna nel voler sapere troppo.
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Chi volesse approfondire la dimensione concreta di queste trame può leggere il saggio di Giovanni Fasanella e Claudio Sestrieri che, in Segreti di Stato. La verità da Gladio al caso Moro (Einaudi, 2000), dialogano con il senatore Giovanni Pellegrino, in qualità di presidente della Commissione parlamentare sulle stragi. Il libro esplora le pieghe del potere occulto in Italia. Tra archivi blindati, logge deviate e apparati paralleli, viene mostrato come la storia repubblicana sia costellata da zone d’ombra e da una cultura dell’occultamento che attraversa partiti, servizi segreti e istituzioni.
Il lavoro è il contraltare documentale della narrativa di de Giovanni e del cinema di Risi: un’indagine razionale dentro l’enigma della memoria collettiva.
Tempo, memoria, tenacia: la ricerca della verità
Così, tra romanzi, film e inchieste, emerge un unico filo rosso: il tempo come misura della verità. Un tempo che non guarisce, ma che continua a ticchettare, ricordandoci che nulla è davvero finito finché non si ha il coraggio di guardarlo in faccia.
Forse la giustizia non è questione di tribunali, ma di tenacia: quella di chi, da decenni, continua a scavare nel passato, a chiedere, a scrivere, a raccontare. Perché in un Paese dove il segreto di Stato sembra eterno, la memoria resta l’unico orologio che non si ferma mai.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il tempo della verità e segreti di stato: il nuovo romanzo di de Giovanni tra i libri da leggere
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