Al prossimo Meeting di Rimini verrà dedicato ampio spazio allo scrittore Eugenio Corti (1921, 2014) attraverso una mostra e un’arena di incontri che va dal 20 al 25 agosto.
L’opera principale di Eugenio Corti è Il cavallo rosso, che ha venduto cinquecentomila copie ed è stato tradotto in otto lingue.
È stato pubblicato nel 1983, opera in parte in controtendenza rispetto al mainstream del momento.
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Il cavallo rosso è una trilogia che abbraccia un periodo che va dal 1940 al 1970. Un romanzo storico che narra le vicende di alcuni personaggi della Brianza in quel periodo. Un romanzo storico che nella sua prima parte dà ampio spazio alla guerra di Russia.
La ritirata di Russia, come è noto, è stata oggetto di racconto da parte di scrittori del calibro di Mario Rigoni Stern. Narrazione quindi non invisa al mainstream dell’epoca. Lo scrittore aveva partecipato da ufficiale alla campagna di Russia e non risparmia elogi alle truppe alpine che nel gennaio febbraio del 1942 riuscirono a compiere una straordinaria impresa. I sovietici avevano sfondato le nostre linee e avevano creato alle spalle dei nostri soldati sacche per circondare ed eliminare o prendere prigionieri i nostri soldati. Buona parte dell’esercito era allo sbando. Le brigate alpine compirono a piedi una marcia di un migliaio di chilometri sconfiggendo regolarmente i contingenti russi che si opponevano. Al loro seguito c’erano migliaia di sbandati di varie nazionalità che senza la forza di combattere si muovevano al loro seguito.
Il romanzo è profondamente intriso di ispirazione religiosa. Come si concilia con la guerra? Facendo il proprio dovere. Rimane nella memoria l’episodio in cui alcuni alpini con le mitragliatrici prendono alle spalle una brigata di russi. E mentre mitragliano mettendoli in fuga recitano l’ave Maria.
Ma Corti, al contrario della memorialistica del tempo concentrata poi sui lager tedeschi, segue i soldati italiani prigionieri dei russi che per un primo periodo furono fatti morire di fame. Successivamente, forse per la decisione sovietica di sostenere il partito comunista italiano - anche se l’Italia non rientrava nella loro sfera di influenza -, si diede loro da mangiare facendoli lavorare e sottoponendoli a un indottrinamento comunista per poi mandarli a casa a fine conflitto.
Prima della ritirata, lo scrittore descrive l’avanzata dei nostri contingenti che nella fase iniziale si trovarono di fronte truppe male equipaggiate. E l’autore che si chiede come poteva resistere una trincea lunga migliaia di chilometri coperta in parte da tedeschi e in parte da italiani e altre nazionalità.
Al momento della caduta del fascismo in Italia, gli Americani avevano occupato la Sicilia e le truppe tedesche presenti erano molto poche. Dopo il 25 luglio al Brennero i tedeschi ammassano truppe. Le montagne erano controllate dagli alpini e l’ordine era di far passare solo i soldati appartenenti a brigate già presenti in Italia, ma si fecero passare tutti.
Dopo l’otto settembre, Corti segue anche le vicende dei nostri soldati in Albania: i tentativi di imbarcarsi a Durazzo per Brindisi, le lotte contro i tedeschi, gli accordi con i partigiani e il famoso ordine di difendersi da chi avrebbe attaccato.
Un altro filone seguito è quello della resistenza in val d’Ossola, dove i partigiani si trovano a combattere con le truppe dei paracadutisti che avevano optato per la repubblica di Salò nel nome di un’alleanza in cui credevano ancora.
Un altro tema raccontato - e sotto questo aspetto era allora in controtendenza - è la guerra di co belligeranti dell’esercito italiano accanto a quello americano, riorganizzato dal nostro governo a Brindisi. In modo particolare la battaglia di Montecassino, dove sembra italiani e polacchi furono mandati avanti per stanare le truppe tedesche asserragliate nel monastero completamente bombardato.
I protagonisti di questi conflitti sono alcuni giovani arruolati che oltre al desiderio di fare il proprio dovere sono animati dal desiderio di conoscere quanto avvenuto in Russia a seguito della sovietizzazione e poi, dopo l’armistizio, animati dal desiderio di liberare l’Italia. Sul mondo partigiano il romanzo apre gli occhi su una resistenza che non fu condotta soltanto dalle brigate comuniste, ma accanto a loro vi erano diversi gruppi che si ispiravano al mondo cattolico o a quello laico del tempo che si riconobbe nel partito d’azione.
Nell’ultima parte del romanzo fa da protagonista la ripresa economica ma anche una graduale perdita di valori - per chi si ispira al cattolicesimo più tradizionale - che confluiranno nelle leggi sul divorzio e l’aborto, che allora vennero viste come lo spartiacque fra un prima e un dopo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Lo scrittore Eugenio Corti al Meeting di Rimini: una mostra e un convegno per ricordare l’autore di “Il cavallo rosso”
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