In occasione del 25 novembre, pubblichiamo un interessante articolo di approfondimento sul ruolo dell’arte e della cultura nell’arginare gli atti di violenza di genere, a cura di Yuleisy Cruz Lezcano, una poeta di origine cubana, italiana di adozione. Il tema è caro a Lezcano, che da pochi mesi ha pubblicato il suo ultimo libro intitolato Di un’altra voce sarà la paura (Leonida edizioni, 2024), una raccolta poetica pensata per dare voce alle donne vittime di violenza.
Dai valori distorti agli atti di violenza di genere: il ruolo di trasformazione di arte e letteratura
di Yuleisy Cruz Lezcano
Nel contesto della violenza di genere, la tensione tra volere e desiderio diventa particolarmente evidente. Mentre il desiderio può condurre a comportamenti impulsivi e distruttivi, il volere consapevole e razionale ha il potere di affermarsi come un argine contro la violenza. I valori possono manifestarsi non solo in atti intellettivi, ma anche in atti emozionali, contribuendo a contrastare la violenza di genere e la violenza psicologica.
Se di emozioni si parla, l’arte e la letteratura possono rivestire un ruolo importante nella trasformazione. La cultura, attraverso l’arte, la letteratura e il dialogo, offre spazi di riflessione e introspezione. La poesia, in particolare, può evocare emozioni profonde, promuovendo una connessione umana che va oltre le pulsioni violente. Attraverso la narrazione e la creatività, la poesia ha la capacità di sensibilizzare e far emergere la bellezza delle relazioni sane, contrapponendosi alle immagini distorte della violenza.
L’arte è poi un progetto politico e lo è massimamente non solo nel momento in cui l’artista riesce a sottrarsi ai condizionamenti della realtà, ma nel momento in cui l’artista nella propria costitutiva radice di potenzialità soggettiva, coinvolge nelle sue visioni le persone per trasformare in meglio la storia. L’arte usata come strumento sociale può essere rivoluzionaria; le azioni che promuove lasciano tracce utilizzabili, perché si presenta come prassi operativa in continua trasformazione che anarchicamente può indurre l’acquisizione di nuovi schemi relazionali. La poesia usata come strumento sociale poi, modifica la vita stessa, in quanto non è più sintesi di ciò che si ricorda e di ciò che si vede né rappresentazione del proprio vissuto, bensì strategia socio-culturale, in cui il processo rivoluzionario e gnoseologico giunge alla frantumazione dei valori distorti. Insomma, la poesia, insieme a tutte le altre forme d’arte può essere vista come disciplina situazionista che si innesta nel progetto di costituzione di una nuova soggettività, per cambiare la mentalità riguardo alla visione che la società ha rispetto alla figura femminile.
Le contingenze storiche devono influenzare l’arte, che deve trovare un metodo per interagire con la mentalità delle persone. L’arte non si può ridurre unicamente ad elemento ludico o a merce che tende a ridurre a sua volta ogni individuo a soggetto passivo del mercato del divertimento e delle merci, e la strategia è inevitabilmente politica, perché si tratta di spezzare i condizionamenti sociali, svincolare l’arte della mercificazione e ricostituire una relazione autentica tra arte e pubblico, presentando progetti di ascendenze culturali, con una posizione espressa, che non consenta l’indifferenza e l’assenteismo, ma induca le persone a pronunciarsi in qualche modo.
Come i vincoli sociali e culturali influenzano gli atti violenti
La violenza non è solo un atto fisico, ma è anche influenzata da vincoli sociali e culturali. Questi vincoli possono manifestarsi in forme di pressione sociale, aspettative di genere e norme di comportamento che limitano la libertà individuale. Poeti come Anne Sexton hanno esplorato il tema della liberazione da tali vincoli, esprimendo le tensioni tra desiderio e conformità. La loro opera invita a riflettere su come questi vincoli possano condurre a situazioni di violenza, sia controséstessi che contro gli altri.
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Con la consapevolezza che l’arte e la letteratura sono strumenti utili trasformanti la sfera mentale, quest’anno anche io in chiave poetica ho trattato la violenza contro le donne e descritto storie vere di violenza con il libro Di un’altra voce sarà la paura per creare una sorta di mimesi, racconto drammatico che si cala nelle parole per usare tale libro come strumento, durante le presentazioni, per sensibilizzare verso questo argomento. Il libro è una goccia nel mare, ma le iniziative culturali per sensibilizzare sulla problematica potrebbero essere molteplici. Si potrebbero creare dei workshop, Festival, usare maggiormente laboratori di scrittura creativa e opere teatrali per esplorare temi di rispetto e uguaglianza. Sono certa che questi spazi possono essere ottime piattaforme per consentire alle persone di esprimere le proprie esperienze e di riflettere su come la cultura possa influenzare le percezioni e i comportamenti. Attraverso la sua forma espressiva, l’arte e la poesia possono servire come strumento di resistenza e riflessione, permettendo di affrontare le dinamiche di potere e i vincoli che contribuiscono alla violenza, in particolare quella di genere. I progetti artistici e culturali possono educare e sensibilizzare le comunità sui temi della violenza. L’arte può stimolare discussioni e riflessioni, contribuendo a costruire una cultura di pace e rispetto reciproco e può essere un incentivo per modificare gli schemi mentali. L’arte può anche aiutare a interpretare i valori distorti.
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I valori distorti che portano alla violenza
Il desiderio è una forza potente che guida le azioni umane. Tuttavia, quando questo desiderio si intreccia con valori distorti, può sfociare in comportamenti violenti, in particolare nei confronti delle donne. Analizzare il funzionamento del desiderio e il suo legame con la violenza di genere implica considerare fenomeni complessi come i valori, le strutture pulsionali e l’identità.
Il desiderio è intrinsecamente legato ai valori che una persona incarna. Questi valori non solo influenzano ciò che desideriamo, ma anche come interpretiamo e agiamo nei confronti degli altri. In contesti in cui i valori di dominio, possesso e controllo sono prevalenti, il desiderio può trasformarsi in un impulso violento. La violenza di genere emerge spesso in contesti culturali dove le donne sono viste come oggetti da possedere piuttosto che come individui autonomi. Il desiderio è spesso legato a impulsi immediati alla ricerca di gratificazione personale.
Un desiderio guidato da valori distorti può alimentare comportamenti egoistici, portando a una visione sbagliata delle relazioni interpersonali. La volontà, invece, se guidata da valori universali di riconoscimento dell’altro con empatia, implica una scelta consapevole, un’azione deliberata guidata da principi etici e da un senso di responsabilità, che può aiutare a riconoscere un desiderio sano che rispetta l’altrui volontà piuttosto che un desiderio che fa nascere relazioni di potere e sopraffazione su un’altra persona. Infatti, quando il volere prevale sul desiderio, si apre la strada a relazioni più sane e rispettose. A questo scopo la cultura può fare davvero tanto per differenziare i valori distorti dai valori sani.
La violenza dal punto di vista della fenomenologia
La fenomenologia ci invita a esplorare l’esperienza vissuta della violenza. Per chi la subisce, la violenza non è solo un atto fisico, ma un processo che minaccia l’identità e l’autonomia. Per chi la perpetra, la violenza può riflettere un’identità costruita su valori distorti, dove il potere e la sottomissione diventano le uniche forme di relazione accettabili.
Le strutture pulsionali sono le forze interne che motivano il comportamento umano. In contesti di violenza di genere, queste pulsioni possono essere deviate verso comportamenti distruttivi. Le inclinazioni sensibili, come la necessità di affermazione o di controllo, possono portare a giustificare atti violenti come espressione di un desiderio non realizzato.
Chi siamo e chi non siamo in termini di valore influisce notevolmente sulle nostre azioni. L’identità di una persona violenta è spesso costruita su una visione distorta del valore di sé e degli altri. L’agire violento può essere un tentativo di affermare un’identità percepita come fragile, dove la violenza diventa un mezzo per riconquistare potere e controllo.
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Numerosi studiosi hanno esplorato il legame tra valori e violenza di genere. La ricerca di Michael Kimmel e Raewyn Connell ha evidenziato come i modelli di mascolinità dominanti contribuiscano a normalizzare la violenza. Altri, come Judith Butler, hanno analizzato come le norme di genere influenzano l’identità e le relazioni, rendendo la violenza una manifestazione di insicurezze e aspettative sociali.
Le leggi etiche universali, come il rispetto per la dignità umana, contrastano direttamente con le inclinazioni verso la violenza. Quando i valori personali si allontanano da questi principi, la giustificazione della violenza diventa più plausibile. Il processo di razionalizzazione della violenza, che si basa su un’interpretazione distorta della realtà, rappresenta una minaccia sia per l’individuo che per la società.
La razionalità può essere un’arma a doppio taglio. Se da un lato può servire a giustificare comportamenti violenti attraverso argomentazioni logiche distorte, dall’altro può anche essere la chiave per comprendere e trasformare questi comportamenti. La consapevolezza delle proprie inclinazioni e dei valori che si scelgono di seguire è fondamentale per prevenire la violenza.
La complessità del desiderio, dei valori e delle strutture pulsionali evidenzia la necessità di un approccio multidisciplinare nella comprensione della violenza di genere. È cruciale lavorare per promuovere valori di rispetto e uguaglianza, affinché il desiderio umano possa esprimersi in forme che non minacciano né la dignità né la vita delle donne. Solo attraverso una riflessione profonda e collettiva sui nostri valori e sulle nostre azioni possiamo sperare di costruire relazioni più sane e rispettose.
La coscienza della legge e la coscienza del dovere sono due concetti centrali nella riflessione etica e morale, fondamentali per comprendere come le persone possano orientare le loro azioni in modo responsabile. Quando parlo della coscienza della legge, mi riferisco alla consapevolezza delle norme e delle regole che governano una società. Filosofi come Immanuel Kant hanno sottolineato l’importanza di una legge morale universale, che non solo regoli i comportamenti esterni, ma che agisca come base della nostra coscienza interiore. Kant, in particolare, sostiene che le azioni devono essere guidate da principi razionali e universali, piuttosto che da inclinazioni personali. Pertanto conoscere questi postulati, identificare gli elementi che creano coscienza del dovere, degli obblighi morali tramite la letteratura potrebbe creare i presupposti per relazioni sociali basate sul rispetto. Infatti, secondo Kant, la vera moralità scaturisce dal dovere, che deve prevalere sui desideri e sulle inclinazioni sensibili. Questo approccio è fondamentale per comprendere la violenza di genere: gli atti violenti contro le donne sono spesso il risultato di desideri egoistici e inclinazioni personali che ignorano il dovere di rispettare l’altro.
La volontà, secondo la filosofia kantiana, deve essere orientata dal dovere. Quando le persone permettono che i loro desideri e impulsi sensibili prevalgano, corrono il rischio di giustificare comportamenti violenti. La violenza di genere è spesso una manifestazione di questa distorsione, dove il desiderio di possesso e controllo si traduce in atti di aggressione. In questo senso, la coscienza del dovere deve essere un freno a tali inclinazioni.
Numerosi studiosi hanno approfondito la relazione tra legge, dovere e comportamenti violenti. Friedrich Nietzsche, pur con un approccio critico alla morale tradizionale, ha messo in discussione le motivazioni dietro le azioni umane, suggerendo che la mancanza di una coscienza del dovere possa portare a comportamenti distruttivi.
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D’altra parte, autori contemporanei come Martha Nussbaum hanno esplorato l’importanza dell’empatia e della capacità di comprendere la sofferenza altrui, sottolineando come l’indifferenza possa sfociare in violenza.
La necessità di educare al dovere
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La psichiatra e psicoanalista argentina Janine Puget definisce la violenza in un contesto multidimensionale, sottolineando che essa non è solo un atto fisico, ma anche un fenomeno psicologico, sociale e culturale. Secondo l’autrice, la violenza può manifestarsi attraverso comportamenti aggressivi, ma anche attraverso forme più sottili di oppressione, come la violenza psicologica e strutturale.
Trasmettere conoscenze creando eventi culturali vuole dire usare correttamente strumenti come l’arte e la letteratura, non solo per sensibilizzare, ma per creare armi mirate per riconoscere le caratteristiche di multidimensionalità delle manifestazioni violente, creare momenti di dialogo e condivisione per promuovere idee volte a riconoscere le dinamiche di oppressione, sottomissione e denunciarle, allontanarle. oltreché per comprendere l’impatto emotivo e le conseguenze della violenza e promuovere sentimenti empatici verso le vittime. Si può concludere dicendo che la cultura gioca un ruolo cruciale nella perpetuazione della violenza, poiché alcune norme sociali possono giustificare o minimizzare gli atti violenti ed ecco perché si possono usare una molteplicità di strumenti che trasformano la mentalità e gli schemi relazionali, per contrastarla.
È necessario comprendere la violenza non solo come un fenomeno isolato, ma come un problema intrinsecamente legato alle strutture sociali e culturali, richiedendo un approccio integrato per la sua prevenzione e gestione. Pertanto, le definizioni di violenza proposte da studiosi come Puget offre un quadro utile per comprendere come la cultura e l’arte possano influenzare e riflettere le dinamiche violente presenti nella società.
Educare le nuove generazioni alla coscienza del dovere è fondamentale per prevenire la violenza di genere. Programmi educativi che promuovono il rispetto reciproco, la responsabilità e l’empatia possono contribuire a formare individui consapevoli del loro dovere nei confronti degli altri. Questo tipo di educazione deve affrontare le norme culturali e sociali che spesso giustificano comportamenti violenti.
Passioni e ragione
La contrapposizione tra passioni e ragione è un tema centrale nella filosofia morale. Mentre le passioni possono spingerci verso azioni irrazionali e distruttive, la ragione offre la capacità di riflessione e autocontrollo. In situazioni di violenza di genere, le passioni possono manifestarsi in comportamenti violenti, giustificati da desideri di possesso o controllo. La ragione, d’altra parte, ci invita a riconoscere l’umanità dell’altro e a considerare le conseguenze delle nostre azioni.
La coscienza della legge e la coscienza del dovere rappresentano strumenti essenziali nella lotta contro la violenza di genere. Un orientamento della volontà guidata dal dovere, piuttosto che dai desideri, può promuovere una società più giusta e rispettosa. Solo attraverso un impegno collettivo per sviluppare questa coscienza possiamo sperare di ridurre la violenza e costruire relazioni più sane e armoniose. La vera sfida consiste nel trasformare la consapevolezza in azione, rendendo il dovere un imperativo nella nostra vita quotidiana.
I valori non sempre si manifestano attraverso atti intellettivi; spesso si esprimono attraverso atti emozionali. La capacità di provare empatia, compassione e rispetto è fondamentale per costruire relazioni positive. Questi atti emozionali possono fungere da antidoto alla violenza, poiché promuovono una comprensione profonda delle esperienze e dei sentimenti altrui. Educare alla valorizzazione delle emozioni positive è essenziale per creare una cultura di rispetto e uguaglianza.
Per contrastare la violenza di genere, è fondamentale cogliere il valore attraverso atti emotivi e come non riconoscere a questo punto l’arte come strumento?
Per esempio creare eventi poetici e parlare della violenza in chiave poetica, come ho fatto io nel mio ultimo libro Di un’altra voce sarà la paura, è un’azione semplice ma può agire come supporto emotivo, come occasione per creare la possibilità di una comunicazione aperta sull’argomento e di ascolto attivo. Il dialogo poetico può creare un ambiente emozionale, in cui il volere consapevole di fermare la violenza può affermarsi. In questo modo, l’educazione e la sensibilizzazione sulle emozioni possono contribuire a sviluppare una coscienza collettiva che riconosce la violenza. La consapevolezza di come le emozioni possano influenzare le relazioni può aiutare a prevenire comportamenti abusivi. Coltivare un’intelligenza emotiva consapevole può permettere di riconoscere le dinamiche tossiche e di opporsi a esse con determinazione.
Non ci sono dubbi che le emozioni giochino un ruolo fondamentale nella nostra esperienza quotidiana e nelle nostre decisioni, ecco perché strumenti come la poesia possono influire sui valori e stimolare l’empatia, la compassione e la solidarietà, come antidoti alla violenza. Quando si riesce a sentire profondamente la sofferenza altrui, si sviluppa una coscienza che spinge verso l’azione positiva, rifiutando la violenza come risposta.
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La trasformazione è essenziale per il cambiamento individuale e collettivo e questo l’arte e la cultura possono ben realizzarli. Cogliere il valore trasformante significa riconoscere e valorizzare le emozioni che ci guidano verso atti di gentilezza e rispetto. Ad esempio, durante le presentazioni del mio ultimo libro, ci sono state diverse occasioni di ascolto attivo e il pubblico presente ha subito riconosciuto che la poesia che tratta di fenomeni sociali come questo, portata al lettore in questo modo, può avere un impatto sociale significativo.
L’arte e la cultura non solo rafforzano la sensibilità verso questa problematica, ma creano anche un ambiente in cui la violenza non trova spazio. Educare le persone a riconoscere e valorizzare le proprie emozioni e quelle altrui è fondamentale per costruire una cultura di rispetto.
Conclusioni
Affermare il volere contro il desiderio è essenziale nella lotta contro la violenza di genere. La contrapposizione tra passioni e ragione, unita all’importanza di atti emozionali, offre una nuova prospettiva su come affrontare questa problematica complessa. Coltivare valori che si manifestano attraverso atti di empatia e rispetto è fondamentale per costruire relazioni più sane. Solo attraverso un impegno collettivo nel riconoscere e valorizzare l’emozione come strumento di cambiamento si può sperare di ridurre la violenza e promuovere una società più equa e rispettosa.
La violenza di genere è una problematica complessa che richiede un approccio multidimensionale. Un aspetto cruciale è la capacità di cogliere il valore attraverso atti emotivi, trasformando l’esperienza emotiva in azione consapevole e propositiva, magari usando l’arte come strumento trasformante e trasformando questo desiderio in un proposito costruttivo. Il proposito è un intento chiaro e consapevole che si fonda su valori etici e morali. Quando il desiderio di affermazione personale viene reindirizzato verso il desiderio di rispetto e dignità per gli altri, si crea un terreno fertile per un cambiamento positivo.Il passaggio dal desiderio al proposito è essenziale nella lotta contro la violenza di genere. Generare una volontà consapevole che si traduce in azioni rispettose è fondamentale per creare una società più giusta. Cultura e poesia possono fornire gli strumenti necessari per sviluppare questa consapevolezza e per promuovere valori di rispetto e dignità. Solo attraverso un impegno collettivo nel riconoscere e valorizzare l’umanità di ogni individuo possiamo sperare di ridurre la violenza e costruire relazioni più sane e significative.
Spesso, la violenza di genere è percepita come un atto impulsivo, ma può anche essere vista come un desiderio legittimo di affermazione, controllo o possesso. Questa concezione distorta del desiderio non solo giustifica comportamenti violenti, ma li radica anche in una cultura che promuove la dominanza. Comprendere questa dinamica è il primo passo per contrastare la violenza, nelriconoscere che il desiderio, seppur legittimo in certe forme, può essere facilmente deviato in modalità distruttive.
Le azioni concrete emergono dalla percezione del valore. Quando riconosciamo il valore intrinseco di ogni individuo, siamo più propensi a intraprendere azioni che promuovono il rispetto e la giustizia. La violenza di genere, al contrario, nasce dalla svalutazione dell’altro e dalla visione distorta delle relazioni umane. Educare alla percezione del valore è fondamentale: comprendere che ogni persona merita rispetto e dignità può portare a una società più pacifica e inclusiva.
Fonti
- Opere di Anne Sexton: Analizza le sue poesie, in particolare ’The Awakening’ e ’The House of Glass’, per esaminare come esprime il conflitto tra desiderio e norme sociali.
- ’Il secondo sesso’; Simone de Beauvoir;1949
- ’Guyland: The Perilous World Where Boys Become Men’; Michael Kimmel; 2008
- ’La società della performance’; Byung-Chul Han: 2015
- Articoli sulla psicologia del desiderio e la conformità, pubblicati nella rivista Journal of Personality and Social Psychology.
- ’Sogni e realtà’; Carl Jung; 1961
- ’L’arte di essere felici’; Alain de Botton; 2004
- ’Angry White Men: American Masculinity at the End of an Era’; Michael Kimmel; 2013
- ’Gender and Power: Society, the Person and Sexual Politics’; Raewyn Connell; 1987
- ’Masculinities and Globalization. Men and Masculinities”; Connell, R.W.;1995
- ’Violence d’état et psychanalyse"; Janine Puget; 1989
- ’Guyland: The Perilous World Where Boys Become Men’; Michael Kimmel; 2008
- ’Upheavals of Thought: The Intelligence of Emotions’; Martha Nussbaum; 2001
- ’Critica della ragion pura’; Immanuel Kant; 1781
- ’Bodies That Matter: On the Discursive Limits of Sex’; Judith Butler; 1993.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Violenza di genere: come letteratura e arte possono contrastare il fenomeno
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