Vi siete mai chiesti perché i libri hanno i capitoli? Per gran parte della storia dell’umanità i libri non erano divisi in sezioni, la nascita dei capitoli è dovuta a una finalità pratica che ha molto a che vedere con la teoria della ricezione. La suddivisione in capitoli ha a che fare con la psicologia del lettore, in particolare con il principio di economia cognitiva che governa il nostro cervello.
La necessità dei capitoli è stata analizzata più approfonditamente da Nicholas Dames, oggi professore di Letteratura inglese specializzato in ricezione del romanzo alla Columbia University di New York. La questione fu posta da Dames quando era ancora un dottorando e, successivamente, strutturata in forma saggistica.
La teoria del professor Dames è ben espressa nel libro The Chapter: A Segmented History from Antiquity to the 21st Century, edito in Inghilterra dalla Princeton University Press. Nella sua ricerca Nicholas Dames ha preso in esame oltre due millenni di storia occidentale, analizzando nello specifico l’evoluzione della parola scritta.
Come è nata la suddivisione in capitoli? E, soprattutto, perché è necessaria alla compresione di un testo?
Scopriamolo nell’approfondimento che segue.
Qual è stato il primo libro suddiviso in capitoli?
Link affiliato
Per gran parte della storia dell’umanità, i testi non erano divisi in sezioni. La scrittura figurava come un unicuum: interi muri di parole si presentavano dinnanzi al lettore, fino al IX secolo le opere scritte si presentavano come catene di lettere senza spazi tra le righe che probabilmente oggi avremmo molta difficoltà a leggere.
Il testo più comune era il rotolo che si dispiegava dinnanzi al lettore come un continuo; solo alcune volte, per praticità, si affiancava al rotolo maggiore un rotolo più piccolo che forniva un elenco per argomenti trattati.
Il primo testo suddiviso in capitoli analizzato dal professor Dames è una tavoletta legale romana di Urbino, risalente al II secolo a.C. All’epoca la suddivisione in capitoli si utilizzava soprattutto per rendere più comprensibili testi di carattere legislativo, medico o scientifico, in modo da fornire ai lettori, nell’immediato, le informazioni che cercavano. In tal modo il lettore trovava direttamente la risposta alla sua domanda nel capitolo e relativo paragrafo dedicato, senza che fosse necessario leggere oltre.
Il professor Dames ne ha dedotto che la storia del testo è anche la storia del modo in cui segmentiamo il testo, quindi dell’evoluzione della ricezione del lettore. Attualmente i testi di ogni genere, dai saggi ai romanzi, presentano una segmentazione in capitoli e paragrafi molto elaborata che ha certamente a che vedere con il nostro modo di comprendere e assimilare la realtà che ci circonda. Un modo molto diverso rispetto agli esseri umani di duemila anni fa.
La divisione in capitoli: estimatori e detrattori
Per gran parte della storia la suddivisione in capitoli di un testo fu una responsabilità degli editori o, nello specifico, dei rilegatori, non degli autori. Questa tecnica aveva il nome preciso di capitolazione ed era considerata una pratica intellettuale, svolta da gente colta e istruita.
Nell’Antica Roma se ne occupavano i filosofi, gli studiosi, mentre nel Medioevo era svolta perlopiù dai monaci. Un esempio incredibile in questo senso è dato dai testi cristiani, come i Vangeli, che inizialmente non erano divisi in capitoli e la successiva suddivisione ha fatto in modo che alcuni brani avessero significati diversi a seconda della capitolazione scelta dall’editore. Il che, come prevedibile, creò non poche diatribe tra gli studiosi tra il IV e il XIII secolo poiché alcuni teologi trovavano che la suddivisione in capitoli potesse stravolgere il senso delle Sacre Scritture. Inoltre si pensava che alcuni studiosi avessero aggiunto delle parti di propria invenzione ai Vangeli nel tentativo di rendere i capitoli tra loro equivalenti in lunghezza: la tecnica della “capitolazione” dunque non sempre era vista di buon occhio, soprattutto dalle istituzioni religiose molto rigide nel conservare la tradizione. Celebre anche la critica del filosofo John Locke che nel volume La ragionevolezza del Cristianesimo (1695) affermò che la Bibbia non dovesse essere divisa in capitoli perché la suddivisione disturbava la progressione del pensiero durante la lettura.
L’uso del capitolo da parte degli scrittori
Soltanto con l’affermarsi del romanzo moderno, nell’Europa del XVII e XVIII, la divisione in capitoli si affermò tra gli scrittori stessi che iniziarono a suddividere di propria mano le loro opere. Le storie venivano scritte e pensate per capitoli; il capitolo, a quel punto, era divenuto l’unità minima di un romanzo.
Il capitolo divenne una tecnica di scrittura della modernità, utilizzato da grandi autori, da Tolstoj a Charles Dickens a George Eliot, ma da ciascuno con una concezione diversa.
A volte i capitoli erano una maniera per sollecitare l’attenzione del lettore; in altre circostanze rappresentavano un invito a fargli prendere una pausa.
La suddivisione in capitoli era sia una tecnica di scrittura - utile a dare un ritmo all’autore che si trovava a fare i conti con delle tempistiche precise - sia uno strumento che assicurava al lettore il pieno godimento del testo.
L’uso dei capitoli consentiva di istituire una relazione comunicativa tra lettore e scrittore.
I capitoli e il legame con la teoria dello sviluppo
I libri suddivisi in capitoli, sostiene il professor Dames, rappresentano un’importante tappa evolutiva nel processo di alfabetizzazione moderno. Un bambino cresce nella sua esperienza di lettura passando dai libri illustrati ai testi suddivisi in capitoli, quel passaggio è un indice certo dello sviluppo cognitivo nell’infanzia.
I libri con i capitoli permettono al bambino di sviluppare la nozione della permanenza dell’oggetto, formulata da Jean Piaget, ovvero di comprendere che la storia continuerà ad esistere anche nel momento in cui loro la abbandonano. Questa fase dello sviluppo cognitivo rappresenta il principio del pensiero astratto.
Un capitolo permette al lettore di entrare e uscire da una narrazione seguendo un ordine mentale preciso; i capitoli consentono di “orientarsi” in una storia.
Questo è il motivo per cui la suddivisione in capitoli oggi è sempre più frequente in varie categorie dello storytelling dal romanzo al cinema all’audiovisivo. Oggi i capitoli hanno inaugurato una nuova modalità di narrazione anche nella fruizione delle serie tv streaming divise in episodi di breve durata: la serialità è diventata strumento non solo della lettura, ma anche della visione.
Perché i capitoli sono necessari?
Il modo in cui noi, uomini del XXI secolo, fruiamo delle storie è strettamente legato alla loro brevità, dovuta anche al principio di economia cognitiva con cui il cervello umano elabora le informazioni, e alla loro composizione ordinata.
Pur nella loro reinvenzione contemporanea, dovuta alle evoluzioni dello storytelling moderno, i capitoli ci accompagneranno sempre, perché sono considerati necessari non tanto all’architettura del testo scritto; ma alla nostra necessità intrinseca di costruire un senso, partendo da un inizio e arrivando a una fine.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sapete perché i libri hanno i capitoli?
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Lavoro con i libri Curiosità per amanti dei libri
Lascia il tuo commento