Scritta da Eugenio Montale nel 1925, “Maestrale” fa parte di Ossi di seppia, la raccolta più importante e nota del poeta ligure.
Protagonista di questi versi aspri e asciutti, in perfetto stile montaliano, è il mare, il cui continuo alternarsi fra calma e tempesta, fra quiete e rumore, suscita nell’autore profonde riflessioni sul senso della vita.
Anche in tal caso, pertanto, esse derivano dall’osservazione dei fenomeni della natura, nello specifico della fine di una tempesta e l’alzarsi in volo di uno stormo di uccelli, eventi che, pur nella loro apparente normalità e ripetitività, stimolano nel poeta pensieri profondi e, in sostanza, negativi.
La vita è pena e dolore infatti, ma c’è una scappatoia: non smettere mai di cercare, di provare ad "andare oltre".
Maestrale: testo della poesia di Eugenio Montale
S’è rifatta la calma
nell’aria: tra gli scogli parlotta la maretta.
Sulla costa quietata, nei broli, qualche palma
a pena svetta.Una carezza disfiora
la linea del mare e la scompiglia
un attimo, soffio lieve che vi s’infrange e ancora
il cammino ripiglia.Lameggia nella chiarìa
la vasta distesa, s’increspa, indi si spiana beata
e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia
vita turbata.O mio tronco che additi,
in questa ebrietudine tarda,
ogni rinato aspetto co’ tuoi raccolti diti
protesi in alto, guarda:sotto l’azzurro fitto
del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai: ché tutte le cose pare sia scritto:
“più in là”.
Maestrale: parafrasi
Nell’aria è tornata la calma:
tra gli scogli si sente un rumore che somiglia a quello del mare.
Lungo la costa calma, nei giardini, alcune palme
svettano appena. (si scorgono dall’alto)
Una carezza sfiora
l’orizzonte marino e sembra scomporlo per un attimo, un soffio lieve che si infrange e ancora riprende il proprio cammino.
Scintilla al chiarore del sole
il mare, si increspa e poi tende ad adagiarsi beatamente specchiando la mia povera vita turbata nel suo grande cuore.
O tronco mio che indichi
in questa ebrezza tarda,
ogni cosa rinata con le tue mani raccolte protese verso l’alto, guarda:
sotto il cielo azzurro (fitto) alcuni uccelli di mare se ne vanno via;
né mai si ferma: perché tutte queste immagini recano la scritta:
“più in là”.
Analisi del testo
Della quarta sezione di Ossi di seppia, Meriggi e ombre, fa parte un trittico, ovvero un insieme di tre poesie, che possono essere considerate altrettanti tempi diversi di un unico componimento.
Si tratta de L’agave sullo scoglio, un testo dedicato ai principali venti di terra e di mare così fortemente presenti in Liguria e nella poesia di Montale, in cui assurgono a simbolo dello stato d’animo dell’autore e dell’uomo in genere.
Maestrale, che segue Scirocco e Tramontana, rappresenta la calma ritrovata dopo la burrasca, la serenità che segue lo scompiglio, proprio come accade in natura quando da nord-ovest soffia questo vento.
In tali condizioni, dopo tanto patire, l’agave può finalmente tornare a fiorire.
Questa pianta grassa semplice e robusta, infatti, non è una scelta casuale ma una metafora della condizione umana: così come essa tenta di sopravvivere alle mareggiate e alle raffiche di vento restando tenacemente aggrappata alla roccia su cui cresce, così le persone, allo stesso modo, si destreggiano come possono fra i dolori e le avversità che la vita, inevitabilmente, comporta.
Dunque anche in Maestrale, come quasi sempre avviene in Montale, lo spunto per una profonda riflessione esistenziale è dato dal paesaggio e, nello specifico, quello selvaggio e impervio della Liguria che tanto ama.
E cosa può rappresentare al meglio il continuo e incessante stato di alternanza fra calma e tempesta in cui l’animo umano si trova a doversi barcamenare se non il mare?
Protagonista prediletta del correlativo oggettivo montaliano, l’immensa distesa azzurra magnificamente descritta e interpretata in questa poesia si eleva ad emblema di quella vita ideale cui l’autore aspira, seppur nell’amara consapevolezza della totale irrealizzabilità di tale desiderio.
Allo stesso tempo, è ancora il mare a esprimere ai massimi livelli quella negatività dialettica che pure costituisce un principio cardine della poetica montaliana, ovvero la volontà di non fermarsi alla realtà così com’è, nuda e cruda, e a ciò che si vede, ma di guardare al futuro cercando altro e andando oltre, come perfettamente espresso nel verso finale "più in là".
In conclusione, il linguaggio colloquiale e i versi aspri e chiusi che la caratterizzano, nulla tolgono alla forte carica espressiva di Maestrale, un geniale groviglio di sonorità e immagini che ne fa una delle poesie più significative del nostro ’900.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Maestrale” di Eugenio Montale: testo, parafrasi e analisi della poesia
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