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La scommessa. Per gioco o per destino. Intervista a Raffaello Mastrolonardo

Con La scommessa. Per gioco o per destino (Tea 2013) Raffaello Mastrolonardo, attraverso il racconto di una grande storia d'amore, rievoca il genocidio del popolo armeno da parte dell'Impero Ottomano nel 1915. Alessandra Stoppini intervista l'autore.

Alessandra Stoppini
Alessandra Stoppini Pubblicato il 01-07-2013

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La scommessa. Per gioco o per destino. Intervista a Raffaello Mastrolonardo

Photo Credit: Vincenzo Liso

Raffaello Mastrolonardo è nato e vive a Bari. Nel 2005 ha pubblicato la raccolta di poesie Emozioni. Il suo primo romanzo Lettere a Leontine (2008), ha riscosso un grande successo ed è stato tradotto in Spagna, Turchia e Serbia.

Con La scommessa. Per gioco o per destino (Tea 2013) l’autore, attraverso il racconto di una grande storia d’amore, rievoca il genocidio del popolo armeno da parte dell’Impero Ottomano nel 1915. Una tragica pagina di storia sulla quale il mondo ha steso inspiegabilmente una spessa patina di oblio.

  • Raffaello, come si è sviluppata l’idea del romanzo?

Da una serie di circostanze casuali. L’idea me l’ha data una lettrice, Costanza, che in un messaggio su Facebook mi ha citato ‘la scommessa di Pascal’, applicandola però all’amore e non a Dio. Un’idea che s’è insinuata in me, ha lavorato incessante per mesi e da cui è nata questa nuova, intensa storia d’amore. Mentre scrivevo, poi, c’è stato un libro che, dopo essere rimasto in silenzio per quarant’anni nella libreria di mio padre e per altri trenta nella mia, mi ha chiamato e mi ha detto: “leggimi, è ora!”. I quaranta giorni del Mussa Dagh, edizione Mondadori 1936. Dalle sue pagine è emersa la tragedia del popolo armeno e la vita del suo grande poeta, Hrand Nazariantz, vissuto e morto esule a Bari. Fondere le due vicende è stato immediato. Con la storia d’amore ho voluto dar voce ad un silenzio che durava da cento anni.

  • La scommessa di Pascal si può applicare anche nei rapporti sentimentali?

Ho scritto un intero romanzo, più che per rispondere, per tentare di rispondere a questa domanda. Non ne svelerò qui l’esito, ma ogni mia pagina è un interrogarsi sull’essenzialità o meno dell’amore. A qualunque età e soprattutto dopo i quarant’anni che sono per me quelli della maturità emotiva, della pienezza del vivere, della capacità d’accettare ogni nuovo dono la vita ti offra, soprattutto quelli più inattesi.

  • Per l’architetto di successo Gian Lorenzo Manfredi che cosa rappresenta la Puglia con la sua luce ipnotica?

Lui la definisce un’ossessione. Ama la sua terra d’un amore profondo, forse cieco e irrazionale, nel quale si lascia andare, che alimenta la sua creatività. Ho riversato in Maestrale tutto il mio attaccamento alla Puglia, la mia sofferenza nel vederla deturpata, ignorata e misconosciuta anche e soprattutto da molti pugliesi i quali non si rendono conto di quale fortuna sia capitata loro in sorte. Quest’amore ossessivo di Maestrale si riversa nella Ginestra, un luogo ideale e simbolico, uno scrigno che racchiude la magia e la sofferenza della mia terra. Non è un caso che questo luogo sarà causa e testimone della storia d’amore. Non poteva essere altrimenti.

  • La bella Miriam dallo sguardo seducente e la paziente e generosa terra pugliese che cosa hanno in comune?

Benché veneta, Miriam è una donna del Levante. Sa di esserlo e, infatti, non appena approda in Puglia in essa ritrova intatti i richiami ancestrali della sua terra d’origine. La Puglia, con i suoi ulivi, l’aria salsa, i profumi densi, gli orizzonti luminosi rappresenta contemporaneamente il suo passato, il presente e il futuro. La sua scoperta, un’epifania d’emozioni.

  • Per quale motivo ritiene che lo sterminio della popolazione armena sia stato ingiustamente dimenticato?

Si consumò durante la Grande Guerra quando sui fronti europei veniva immolata un’intera generazione. Tredici milioni di caduti in guerra oscurarono l’eco assai lontana del genocidio armeno. Poi, finita la Guerra, il crimine fu occultato dal silenzio ottomano (i turchi ancora oggi negano che il genocidio ci sia mai stato), mentre l’Europa era immersa in ben altri problemi. Soprattutto mancarono le macchine fotografiche dei liberatori, come accadde poi con i campi di sterminio nazisti, a immortalare con le immagini il Grande Male...

  • Ci descrive in poche righe il poeta armeno naturalizzato italiano Hrand Nazariantz?

Un grande poeta simbolista che non è eccessivo paragonare a Mallarmé. Una vita spesa a diffondere la cultura armena e europea e a difendere il suo popolo. Era tradotto in tutta Europa e amico dei maggiori intellettuali dell’epoca che lo apprezzavano per l’intensità dei suoi versi, non tutti facili in verità. Ha portato in Asia la cultura europea e in quella europea ha innestato la poesia, armonica e melodiosa, d’oriente. Nel 1953 fu candidato al Nobel per la Letteratura. Ma fu ignorato, quell’anno lo assegnarono a Churchill, il quale certo meritava un riconoscimento di prestigio, ma per ragioni diverse dalla buona Letteratura.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La scommessa. Per gioco o per destino. Intervista a Raffaello Mastrolonardo

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