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Recensioni di libri

La B capovolta di Sofia Schito

Lupo, 2012 - Con una penna delicata, abile ad approcciarsi al linguaggio dei bambini, Sofia Schito racconta una delle pagine più dolorose della storia dell’uomo, imbastendo un intreccio che accoglie il lettore in un sogno.

Lady T
Lady T Pubblicato il 18-09-2012

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La B capovolta

La B capovolta

  • Autore: Sofia Schito
  • Anno di pubblicazione: 2012

E se dalla vita tutto a un tratto sparissero i colori? Se d’improvviso ci ritrovassimo in un 1944 tinto solo di bianco e di nero? Credo proprio che l’esistenza di ciascuno di noi acquisterebbe tutto un altro sapore e scopriremmo che tutto quello che viviamo oggi non è poi così lontano da un passato che dovremmo sempre conservare nella nostra memoria.

Mentre un bambino partecipa a un gioco su internet, riesce a instaurare un rapporto di amicizia con un suo coetaneo polacco. Peccato però che al momento della sfida Jan sparisca e la sua attesa, oltre che lunga, appare del tutto strana. Con Jan spariscono però anche internet, la torta al cioccolato, la bicicletta, la vita fatta di coccole e piaceri. Il nostro protagonista si lascia alle spalle la sua bella e comoda abitazione, quando esce per portare l’ombrello ai suoi tre amici, Samuele, Luca e Grazia, che camminano sotto la pioggia, in un mondo che sembra diventato lo scenario di un film. I tre ragazzini indossano un pigiama a righe bianco e nero e, dopo aver preparato i bagagli, si preparano a partire per un viaggio di cui non conoscono la destinazione. Solo il nostro protagonista continua a indossare il suo pigiamino rosso e continua a guardarsi intorno, credendo di essere finito su un set cinematografico. Ed ecco infatti che incontra quello che lui crede un attore, il quale cammina ripetendo le battute che dovrà imparare a memoria. Egli diventa compagno di un viaggio che attraversa il Brennero, fino a giungere in campagne che non hanno il profumo di quella del nonno. Fino a giungere in un paesaggio rivestito di bianco, dove la neve potrebbe essere l’unica risorsa per placare una sete che dura da giorni. In quel vagone in cui viaggiano quarantacinque persone, forse si comincia a capire che lì dove giungeranno, non servirà la maglia della squadra del cuore, perchè non ci sono certo i campi di calcio. E non c’è tempo per avere paura, perchè si soffre la fame e il male delle scarpe...

Quello che sembra un gioco, nato dalla curiosità dei bambini, diventa l’amara e dolorosa scoperta di una realtà che non è poi così lontana, di un passato che non deve essere dimenticato, ma che va raccontato anche ai bambini, perchè possa non ritornare a vivere. É quello che fa nel suo romanzo di esordio Sofia Schito, che con una penna delicata, abile ad approcciarsi al linguaggio dei bambini, racconta una delle pagine più dolorose della storia dell’uomo, imbastendo un intreccio che accoglie il lettore in un sogno, i cui segni hanno, come spesso accade, il bisogno di essere interpretati e li guida a vivere da vicino la sofferenza di chi, nel campo di Auschwitz, cessava persino di essere uomo per diventare solo un numero. Da sottofondo a un romanzo toccante, non c’è una musica, ma le parole di chi ha affidato alle pagine di un libro ciò che non riusciva a raccontare agli uomini. E qui un altro pregio della giovane autrice, che inserisce, nel racconto di un bambino, frasi tratte dal romanzo “Se questo è un uomo” di Primo Levi, creando un armonico incontro di parole e persone. Infatti l’attore che sembra dover imparare le battute a memoria, altro non è che il chimico italiano ebreo, il quale all’età di 24 anni fu portato dal campo di concentramento di Fossoli a quello polacco.
Nel romanzo si incrociano anche il presente e il passato, quando i bambini incontrano ad Auschwitz, Jan, l’amico virtuale e il suo vecchio nonno, il fabbro che aveva battuto, per ordine dei nazisti, quella scritta dal sapore sadico, “Arbeit macht frei”, che dominava il campo in cui non viveva il rispetto né per l’uomo, né per la vita.

Lungo il susseguirsi degli eventi, mentre ogni cosa sembra trovare una sua spiegazione, cresce l’orrore e con esso il dolore, non manca nella storia un segno di speranza, rappresentata dal cappottino verde di una bambina, figlia di un ufficiale tedesco, responsabile del campo di Auschwitz. Quel verde risalta su un mondo tinto di bianco e di nero, così come spicca il cuore di una bambina tedesca che non conosce l’odio e che non fa alcuna distinzione fra razze. E un’altra speranza si vive leggendo queste pagine pubblicate da Lupo Editore, perchè si scopre il bisogno di non dimenticare e la capacità di raccontare, anche ai bambini, una storia che dovrà vivere per sempre nella memoria di tutti noi e non solo il 27 gennaio.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La B capovolta

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Commenti: 1

  • Martina Sarnelli
    25 gennaio 2014, 17:47

    Bellissimo libro!!!!!

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