

L’infinito azzurro
- Autore: Marosa Santucci
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2025
Marosa Santucci, detta Rosella, autrice di L’infinito azzurro (Il ramo e la foglia edizioni, 2025), è stata una moglie e una madre esemplare, che scriveva su foglietti volanti le sue annotazioni e le sue poesie. Ai letterati snob potrebbero apparire di primo acchito e superficialmente troppo lineari, ma, come scriveva Thoreau, le cose importanti nella vita e della vita si contano sulle dita d’una mano, e Rosella queste cose fondamentali le sapeva, non le aveva mai perse di vista, come invece diversi letterati che complicano le cose semplici, persi nei loro intellettualismi e nelle loro sofisticherie astruse.
Rosella non perde mai di vista Cristo, l’amore, “l’infinito azzurro”. Da una lettura più profonda si può capire la sua saggezza, la sua profondità d’animo, la sua intelligenza cristallina che la porta a togliere il superfluo e gli orpelli inutili con cui molti credono di fare poesia, perdendo di vista l’essenziale. Per giungere a una semplicità calcolata, che rasenta il grado zero pur mai toccandolo, bisogna avere talento e avere le idee chiare. Oh, lo so bene cosa risponderebbero certi soloni della critica, che si sentono onniscienti con il loro accademiese: non si deve ipersemplificare! In questo modo però questi soloni criticano negativamente anche gli Shorts di Auden o il miglior Nelo Risi o sottovalutano la poesia di Roberto Pazzi per glorificare entusiasticamente ed enfaticamente il gruppo 63 o la poesia di ricerca oppure quelli che io chiamo i poeti italianisti, che spesso sono molto più italianisti che poeti autentici, sempre pronti ad autoantologizzarsi o antologizzarsi tra di loro. Non parliamo poi di quei poeti e di quelle poetesse con curricula apparentemente altisonanti e prestigiosi, fatti di libri pubblicati in modo salato a pagamento e di premi letterari vinti, pagando costose quote d’iscrizione.
Rosella, per tutta la vita, da donna d’altri tempi, ha conservato tutto nel suo cassetto con una discrezione che oggi non esiste più, in un’epoca in cui chi scrive pensa che i suoi versi siano memorabili e necessari, quando invece non si è che una goccia nel mare magnum della comunità poetica. Rosella non viveva di vanità ma di autenticità e la sua scrittura era in un certo qual modo preghiera laica, quell’apertura alla verità interiore, di cui scriveva Sant’Agostino. Nei versi di Rosella rivedo in parte la chiarezza esemplare della poetessa bambina Alice Sturiale: in entrambe ci sono la ricerca delle cose che restano, l’ansia di Assoluto, la purezza interiore, che portano a sfrondare, a eliminare la gramigna dei disvalori, delle negatività. Non solo; a mio avviso non c’è solo comunicatività ma anche espressione poetica, fatta di pregevoli intuizioni liriche. Sia in Rosella che in Alice Sturiale ci sono un’affermazione di vita, un dire sì alla vita, nonostante le mille difficoltà e ciò dovrebbe essere preso di esempio, non certo le pose scomposte da aspiranti suicidi di chi scrive versi guardando il suo ombelico, quando oggi ci sono tanti antidepressivi efficaci e centinaia di scuole psicoterapiche. Se preferite la poesia suicidaria e necrofila e la retorica conseguente, buona a far cassa editorialmente (per essere dei nuovi Rimbaud o delle nuove Amelia Rosselli c’è bisogno soprattutto di genio e non della sregolatezza dei sensi o del gesto estremo), questo libro non fa per voi, perché la scrittura di Rosella è biofila e vitale, senza cadere nel vitalismo esasperato e anch’esso alla fine autodistruttivo. Certamente la poetessa mette in luce anche le sue contraddizioni interiori, ma giustamente, perché questa è l’epoca della razionalità limitata, della crisi della ragione, del pensiero debole, dello spodestamento del soggetto cartesiano. Ma la sua poesia è pervasa dalla ragionevolezza di una donna salda a dei valori, provvista di tempra e scorza interiore (“La coscienza è una cosa / e l’incoscienza è tutt’altra”) e dalle piccole gioie della vita (“il sole del mattino è pronto / ad accarezzarti e dirti / che il suo tiepido calore / ti fa sentire amato”).
E allora ben vengano questi versi di Rosella, scevri di tante infiorettature pretenziose e inutili, con cui molti infarciscono i loro testi, pensando di avere dignità poetica o addirittura letteraria. In questo panorama poetico, dove c’è sicuramente del buono ma privo di mostri sacri, ci possono stare tranquillamente e serenamente i bei versi di Rosella, che aprono spiragli nell’animo e che sono originali, non scadendo mai nell’imitazione, nella rimasticatura, nel già letto. La mia impressione personale è che Rosella nella sua scrittura non abbia mai mancato il bersaglio, ma sia sempre andata dritta al cuore dei problemi, scrutando l’abisso, senza mai cadere nella disperazione e nel nichilismo. Inoltre Rosella nella sua vita ha sempre avuto un comportamento coerente con i propri valori, le proprie idee, la propria fede e non è cosa da poco, credetemi.
C’è tutta una tradizione di foglietti volanti. Si pensi recentemente al cantautore e poeta Piero Ciampi. Il fatto stesso di scrivere pensieri e poesie su foglietti volanti indica e testimonia l’istintività della scrittura, la sua estemporaneità, la sua immediatezza ma anche la sua genuinità e autenticità. Se vi sentite smarriti o delusi tra tanta poesia o presunta tale deprimente, leggete questi pensieri e queste poesie, testimonianza autentica di una donna che ha vissuto la povertà, la guerra e che ha cresciuto bene 3 figli. Roberto Vecchioni in una sua canzone scriveva: “Basta vivere come le cose che dici”. Ebbene questa poetessa scriveva le cose che viveva e viveva le cose che scriveva in una simbiosi felice e riuscita tra etica e poesia.

L'infinito azzurro
Amazon.it: 12,35 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’infinito azzurro
Lascia il tuo commento