

Il 25 Gennaio la Chiesa Cattolica celebra la conversione di Paolo di Tarso, uno dei suoi santi più popolari e amati.
Non tutti sanno però che San Paolo, oltre che figura cruciale del cattolicesimo, è anche l’autore di uno dei brani più celebri del Vangelo, noto come l ì’Inno alla carità o dell’amore (canto dell’Agape).
Contenuto nel capitolo 13 della prima lettera ai Corinzi (13,1-13), vi si esalta la virtù teologale della carità intesa come forma più elevata di amore e fondamento del cristianesimo. In esso San Paolo ci indica la via della vera trasformazione e del cammino ideale di ogni buon cristiano.
Analizziamo il testo dell’Inno alla carità e scopriamo qual è l’insegnamento che vuole impartirci.
“Inno alla carità”: il testo
Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!
“Inno alla carità”: spiegazione del testo


Link affiliato
Universalmente riconosciuto come uno dei brani fondanti della cristianità, non esiste probabilmente al mondo nessun altro testo che possa vantare la solennità e la bellezza dell’Inno alla carità di San Paolo.
Il celeberrimo passo, contenuto nella prima lettera ai Corinzi (13,1-13) racchiude il vero senso, di certo il più antico e genuino, del Cristianesimo.
Il discorso verte interamente sulla carità, virtù assoluta e imprescindibile del nuovo Credo al quale il santo di Tarso, dopo la conversione, aderisce con tutto se stesso.
Senza carità, che è amore, non può esserci Gesù
ci dice San Paolo.
Nulla ha significato senza l’amore e persino tre doni altissimi quali sono la fede, la profezia e la conoscenza, senza di esso sono monchi. La magnanimità, ovvero la capacità sconfinata di amare che qui diventa sinonimo di cattolicità, deve crescere di pari passo all’aumentare delle responsabilità all’interno della comunità ecclesiastica: il cuore di Cristo è l’esempio e il modello al quale ispirarsi.
La carità non ammette né invidia né orgoglio, sentimenti negativi che appartengono alla natura umana ma che il vero cristiano deve necessariamente mettere a tacere, desiderando il bene di ciascuno, anche di chi non ci ricambia. Ed è attraverso la carità che Gesù, Amore puro, vive in noi.
La carità, aggiunge ancora l’autore, decentra da se stessi spostando l’attenzione sull’altro, verso cui ci spinge a mostrare sempre il giusto rispetto e a riconoscerne quella dignità che è propria di ogni creatura. Grazie alla carità riusciamo a mantenere la calma e a non reagire di impulso nelle circostanze nelle quali verrebbe facile e spontaneo farlo; grazie a essa inoltre, il cristiano si rallegra della verità, che vede incarnata in Gesù, fonte di ogni gioia, e nella sua Parola salvifica.
Tutto promana da Dio e dal Figlio fattosi uomo e sceso sulla Terra per la nostra redenzione; se siamo docili e lasciamo che lo Spirito Santo compia la propria opera infondendo amore nei nostri cuori, impariamo a perdonare, a sopportare e a vivere serenamente e in pace in comunione con i nostri fratelli.
Da ciò deriva la missione grandiosa a cui è chiamato il sacerdote, ovvero salvare anime compiendo in tal modo la volontà di Dio. Preghiera e azione vanno di pari passo, sono due facce della stessa medaglia.
La celebrazione dell’Agape, ovvero dell’amore cristiano che unisce Dio e gli uomini
L’Inno alla carità è conosciuto anche come Inno all’amore, o meglio, agape, con cui si suole indicare l’amore cristiano.
Àgape o agàpe , dal greco ἀγάπη , agápē (caritas in latino), era il termine con il quale si designava l’amore disinteressato, quello che si dà senza chiedere niente in cambio, pertanto del tutto gratuito, oltre che assoluto e universale. La teologia cristiana si è appropriata dell’antica parola per riferirsi all’amore unico e infinito di Dio nei confronti dell’umanità, ma anche degli uomini verso Dio, concetto che testimonia e sintetizza l’unione inscindibile fra credente e divino definendone al contempo l’intimo rapporto di devota e incondizionata reciprocità.
Esso è sempre accostato alla carità, tanto da diventarne addirittura sinonimo: nel cristianesimo carità è amore, e viceversa.
L’agape induce ad anteporre l’altro a se stessi, il bene del prossimo al proprio, come fa un genitore per un figlio o un eroe che sacrifica la sua vita per salvarne un’altra: il "tu" prevale sempre sull’"io", a differenza di quanto accade nell’eros, l’amore carnale, dove il possesso, il godimento e l’appagamento personale svolgono un ruolo preponderante.
Per dovere di cronaca aggiungiamo che agli albori della storia cristiana si chiamava agape anche il banchetto nel quale i seguaci di Gesù celebravano l’eucaristia e rinsaldavano il loro legame di fratellanza; la suddetta immagine di convito ha oltrepassato indenne e con successo i secoli al punto tale da emanciparsi dalla sfera religiosa giungendo a denominare il banchetto in sé, persino quello più lauto e godereccio, quando invece, come abbiamo visto, il significato del vocabolo è ben diverso e decisamente più spirituale.
Il messaggio di San Paolo
Che si sia cristiani oppure no, è impossibile restare indifferenti di fronte alla pura bellezza e alla profondità del messaggio dell’Inno alla carità, non a caso considerato uno dei passi più emozionanti della Bibbia.
In poche frasi San Paolo condensa in maniera chiara e precisa, ma non per questo priva di pathos, i principi cardine della dottrina cristiana e impartisce ai credenti (e non solo) un insegnamento di vita che non teme né il tempo, né le mode, né eventuali critiche più o meno partigiane.
L’universalità e l’ampiezza di respiro del brano sono inconfutabili, al di là della fede e del credo religioso di ciascuno.
Nelle parole dell’Apostolo, semplici e solenni insieme, si riscontra quello spirito trepidante e gioioso che caratterizzò il primo cristianesimo, quando la consapevolezza di trovarsi nel mezzo di un cambiamento epocale portò con sé nuove speranze e positivi impulsi che si tradussero nella ferrea volontà di costruire un mondo migliore, più giusto ed egualitario.
Del resto lo stesso San Paolo è un esempio, uno dei più illustri, della metamorfosi che il cristianesimo fu capace di generare nell’animo dei suoi coraggiosi adepti. Nato nel 4 d.C. a Tarso, in Turchia, con il nome di Saulo, dopo un’improvvisa quanto spettacolare apparizione divina avvenuta mentre sul suo cavallo viaggiava verso Damasco, si convertì ed abbracciò la nuova dottrina dopo esserne stato un feroce persecutore.
Le cronache raccontano che dopo aver mutato il nome in Paolo (dal latino paulus, “piccolo”,“ di poco conto”), nel 61 si recò a Roma, dove venne decapitato il 29 Giugno di un anno compreso tra il 65 e il 67 d.C.
Lo spessore della sua figura, una delle più eminenti del Nuovo Testamento, si evince anche da quanto dichiara nell’Inno alla carità, dove, spronandoci a pensare con la mente di Cristo, ci ricorda che la carità e l’amore sono il fondamento del nuovo culto, la cui essenza è chiaramente espressa da Gesù stesso nel discorso agli Apostoli riportato nel Vangelo di Giovanni (15, 9-17):
Il mio comandamento è questo: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’Inno alla carità di San Paolo: spiegazione e analisi
Lascia il tuo commento