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“Io sono la montagna”: intervista allo scrittore Michele Lupo

Nel luglio del 2015 è uscito “Io sono la montagna” (Epika Edizioni, pp. 102, 12 euro), opera di fantasia dedicata “A Giulio e Matteo”. L'autore ce ne parla.

Alessandra Stoppini
Alessandra Stoppini Pubblicato il 09-02-2016

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“Io sono la montagna”: intervista allo scrittore Michele Lupo

Michele Lupo, nato a Buenos Aires, vive e lavora a Tivoli. Ha scritto il romanzo “L’onda sulla pellicola” (Besa Editrice, 2004), la raccolta di racconti “I fuoriusciti” (Stilo Editrice di Bari), il romanzo “Il ritmo dell’architetto” (Lite Editions in e-book) e vari racconti in antologie. Collabora con diverse riviste online. Nel luglio del 2015 è uscito “Io sono la montagna” (Epika Edizioni, pp. 102, 12 euro), opera di fantasia dedicata “A Giulio e Matteo”. Il racconto si snoda attraverso una lettera che il protagonista scrive a una donna chiamata Vera, nella quale racconta la sua vita. Una sorta di confessione-fiume che colpisce il lettore grazie a una scrittura coinvolgente e realista.

“È stato un po’ di tempo fa, ma che vuol dire. Ci sono cose che restano addosso per sempre. Forse è per via dei nervi. Almeno, questa era l’opinione del medico del carcere. Tentava di strangolare un secondino che si era rifiutato di offrirgli una sigaretta”.

  • “E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce”. Giovanni. III, 19. Michele, per quale motivo ha posto come esergo del testo una citazione del Vangelo di Giovanni che apre anche la lirica La ginestra di Giacomo Leopardi?

Il protagonista negli anni del carcere legge convulsamente la Bibbia. Più che altro, la sua ossessione è Giobbe. Tende a identificarsi con la sua vicenda, si sente in debito con Dio ma non sappiamo quanto a ragione. Così, la citazione di Giovanni diventa un controcanto dell’autore, a indirizzare la lettura in un’altra, possibile direzione. Sinceramente, tutto questo lo dico a posteriori. Al momento fu una scelta istintiva - e Leopardi non c’entra.

  • Vuole descriverci brevemente la figura del protagonista?

È un uomo invischiato per anni nel crimine di traffici illeciti. Da ultimo, quando arriva il momento di pagare i conti con la giustizia, è impegnato nel portare i cosiddetti “migranti irregolari” oltre la frontiera. È un uomo complicato, ingenuo e sinistro insieme, irragionevole ma non privo a suo modo di principi, risolti, però in una mitopoiesi assai personale, delirante e insieme attaccatissima agli affetti personali. Sentimenti, quelli familiari, non ricambiati: questo forse contribuisce al suo brutto carattere; o forse ne è stata la conseguenza. Ho cercato di far emergere questa ambiguità liberandone la voce senza schermi autoriali (per quanto possibile, va da sé).

  • “Il mio compito fino a quel momento era stato chiaro, mi guardavo i clandestini e pensavo: Voi cercate di salvarvi e io vi do una mano. Mille euro per cambiare la vita. Fine della storia”. È un eroe negativo?

Più che un eroe è un disperato con qualche paradossale elemento di fascinazione. Grottesco e superbo insieme, vittima e carnefice, perché psichicamente involto in un circolo vizioso di ossessioni da cui non sa liberarsi. È il lettore a decidere se la follia del suo carattere avrebbe potuto riservargli un destino diverso.

  • Io sono la montagna . Qual è il significato del titolo del romanzo breve?

È un titolo antifrastico. L’uomo convive con la presunzione di essere una forza della natura, e in molti momenti della sua vita forse lo è (stato). Pure, questa montagna potrebbe essere cava, sfranta dentro, pronta a esplodere ma forse già implosa.

  • “Io li portavo fuori dall’Italia per proteggere il mio paese. Questo ha detto il mio avvocato”. Il libro tratta un tema attuale, presente ogni giorno sulle pagine dei quotidiani e nei servizi dei Tg: il dramma dell’emigrazione che sta scuotendo le coscienze del Vecchio Continente. Ce ne vuole parlare?

Non saprei, ho solamente scritto una storia (peraltro molto tempo fa, il libro doveva uscire con un altro editore qualche anno prima), vista dagli occhi di un passeur (mi sembrava più onesto, invece di cercare il patetico facile di un’esperienza vissuta in prima persona da un migrante, di cui non conosco né lingua né immaginario). Seppure il protagonista sia un uomo tutto sommato incolto, nella sua storia (che non è la mera storia di un passeur, perché il finale ha da fare con una vita complicata già da prima) c’è il dramma che ora è di tutti: il non saper davvero che fare.

  • Ha in cantiere un nuovo libro?

Un paio di romanzi, se mi decido a finirli.

  • Scrive da anni ottime recensioni per diverse riviste online. Qual è il segreto, secondo la sua esperienza, per catturare l’attenzione del lettore?

Credo occorra saper dare un’idea, la più verosimile dell’opera in questione con il poco spazio a disposizione: il che vuol dire, per esempio nel caso della narrativa, ricordarsi che la trama è ben poca cosa, nulla se non indichiamo, pure approssimativamente, l’orizzonte estetico del libro.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Io sono la montagna”: intervista allo scrittore Michele Lupo

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