

Fabio Orrico è nato, vive e lavora a Rimini. Ha pubblicato due raccolte di poesie e alcuni romanzi, l’ultimo dei quali, Giorni feriali, nel 2019 per Italic edizioni.
Orrico è anche uno studioso di cinema, non semplice spettatore, ma attento recensore. Il suo maggiore merito è scovare dei film a piccolo budget, non solo italiani, quelli che hanno avuto una cattiva distribuzione, o non hanno avuto modo di uscire nelle sale. Ma scrive anche recensioni di libri, sulle novità librarie o romanzi in ristampa.
Germano Tarricone è nato a Milano e vive a Santarcangelo di Romagna. È uno sceneggiatore cinematografico. Ha pubblicato il thriller Giostra di sangue, scritto a quattro mani, sempre con l’amico Fabio Orrico (Echos edizioni, 2015).
Con Golem Edizioni hanno già pubblicato, nel 2017, Estate nera e sono oggi in libreria con Eva Love. Se dovessero continuare con le loro collaborazioni, sarebbero la risposta noir di due maestri, Fruttero & Lucentini.
- Quando avete capito che potevate scrivere un noir come Eva Love? Eravate d’accordo sulle scene di violenza, di sesso e sulla amoralità di alcuni personaggi? Eravate già amici prima del libro?
F: Certo, io e Germano ci conosciamo da molti anni, credo quasi venti, ed Eva Love appartiene all’affollato cantiere dei nostri progetti già da qualche anno. Non direi, quindi, che abbiamo capito che potevamo scriverlo, lo abbiamo semplicemente fatto. Riguardo al sesso e alla violenza tra noi c’è stato il massimo accordo, anche se credo di poter dire che, nella coppia, l’aspetto exploitation appartenga soprattutto a me, in misura tale da trascurare volentieri anche la plausibilità di certi snodi narrativi, cosa su cui invece Germano è per fortuna molto più rigoroso.
- Il vostro libro, molto bello, ha un tono unico. Avete cassato le parti che mettevano in risalto il fatto di essere in due per amalgamare il tutto?
F: Quando scriviamo in coppia prestiamo attenzione a non prevaricare l’uno la voce dell’altro. L’idea è quella di scrivere un romanzo fondato sulla trama e sul contenuto, in parte sacrificando una ricerca sullo stile che, peraltro, non deve essere sciatto. Ci aiuta non avere tendenze egotiste: dal momento in cui individuiamo una storia che ci piace, ogni nostro sforzo è indirizzato a renderla migliore.
G: Aggiungo che la scrittura in coppia, se c’è un buon feeling, assomiglia a un’improvvisazione jazz, dove il fraseggio di un musicista ‘ispira’ quello del collega.
- Sulla costruzione dei personaggi siete molto accorti. Con poche parole descrivete chirurgicamente Walter Albedo, padre di Eva Love, senza fronzoli di scorta. Vi siete divisi i personaggi o su ogni singolo protagonista avete scritto insieme?
F: In effetti, nei tre libri che abbiamo scritto insieme è spesso capitata una divisione dei personaggi, ma non in modo radicale. Anche la suddivisione dei capitoli è fatta in base al piacere personale di scrivere una certa sequenza, piuttosto che a una spartizione rigidamente numerica.
- Potreste descrivere entrambi la vostra idea di noir? Cosa è diverso dai gialli classici? E i romanzi di genere sono più facili della narrativa tradizionale?
F: Riguardo all’ultimo punto non saprei risponderti. O meglio: non c’è nulla di facile. La scrittura di un romanzo, per dirla con Saba, è un parto e come tutte le gestazioni richiede tempo, pazienza, fatica e una certa dose di dolore. Invece per quel che riguarda le caratteristiche specifiche del noir, credo risiedano nella sua disponibilità alla contaminazione con altri generi e alla sua propensione verso ciò che è esplicito, anche ma non solo in termini di violenza. Tagliando le cose con l’accetta e tenendo conto che giallo e noir sono forme in perenne mutamento, il giallo prevede un’indagine e la scoperta di un assassino, cose niente affatto necessarie in un noir, dove spesso il protagonista è l’assassino stesso. Se posso entrare in un territorio più personale, credo in un’idea di noir totalmente libera sotto il piano stilistico e con lo sguardo focalizzato sulla società che lo produce. Niente di nuovo: è la lezione di Hammett e di tanti suoi epigoni, genialmente reinventata dai francesi, in tempi relativamente recenti, specialmente (e in modo efficacissimo) da Manchette e Delacorta.
G: Il romanzo di genere forse è più ‘facile’, perché ti puoi aggrappare alla trama, che diventa un faro durante il lavoro. Nei nostri romanzi però abbiamo cercato di costruire dei personaggi che non fossero solo utili all’intreccio. Li abbiamo resi tridimensionali e questo credo si percepisca leggendo. Rispetto a un giallo classico, nei nostri romanzi non c’è nessun investigatore che cerca di risolvere un caso. Qualche volta abbiamo ragionato sulla possibilità di dar vita a un personaggio seriale, ma poi non se ne è mai fatto nulla. Per me il noir deve avere come protagonista un loser, uno a cui la vita non ha regalato nulla e deve barcamenarsi in un mondo in cui si sente estraneo e di solito finisce male.
- Personalmente trovo che descrivere troppo la trama di un noir danneggi il lettore, ma è pur vero che ci sono siti letterari, o i colossi dello shop online come Amazon o solo dei libri come Ibs, che riportano le trame dei libri per dare informazioni al lettore. Pensate che vada bene lo stesso o uno dei due è più per la "privacy" per un libro. In generale come cittadino?
F: Come cittadino assolutamente sì. Sul piano letterario sono più di manica larga, non temo lo spoiler, visto che, finché una cosa non l’ho letta o non l’ho vista, ancora non ha agito emotivamente su di me. E poi un colpo di scena, di per sé, mi è sempre sembrato qualcosa di molto puerile. Acquista senso e capacità di emozionare quando applicato a un personaggio. Se questo personaggio lo abbiamo amato e abbiamo sofferto con lui e per lui, allora non c’è spoiler che tenga.
G: La privacy è sacrosanta, ci garantisce degli spazi che sono solo nostri. Per la promozione di un libro, non parlerei di privacy. Uno scrittore desidera che il lettore sappia tutto dei suoi personaggi, ma solo al momento opportuno. Uno dei motivi per cui un lettore si appassiona a una storia è il sapiente disvelamento della trama, quindi chi si occupa di promuovere un romanzo dovrebbe essere capace di dare la giusta quantità di informazioni per stimolare la curiosità in un lettore, senza però svelare troppo.
- Fabio, lei ha scritto da solo altri libri prima di questo e scrive anche recensioni cinematografiche. La sua passione per il cinema è sbalorditiva. Lei è uno scrittore o è anche uno scrittore? Perché fa il modesto?
F: Io sono principalmente una persona, poi mi definisco anche scrittore, perché ho scritto dei libri che non sta a me giudicare, anche se li amo e ne vado orgoglioso. Non mi definirei però modesto, semmai umile. Se si ha un minimo di consapevolezza e si è letto qualche libro, allora credo venga automatico volare bassi. Ripeto: non perché si è troppo modesti o non si crede in se stessi, ma semplicemente perché alle spalle abbiamo secoli di letteratura, a volte straordinaria.
- Oltre che scrittore, Germano lei è anche uno sceneggiatore. Ci preme sapere di più delle sue passioni artistiche.
G: Sono uno sceneggiatore che scrive prevalentemente film di genere. Thriller e noir sono i miei preferiti, però sono film che difficilmente trovano grosse produzioni e quindi mi capita, la maggior parte delle volte, di lavorare con produzioni indipendenti che poi faticano a trovare larga diffusione. Cinema e letteratura sono la mia passione, un buon libro è un compagno formidabile. Mi diletto con la musica, ma senza nessuna pretesa di farne un lavoro.
- Tornerete a scrivere insieme? C’è stato un momento in cui avete pensato di poter vivere come artisti senza altri lavori? O ha prevalso il buon senso? Sapere che le nostre vite sono costellate di spese, mutuo casa, bollette, spesa, e anche libri e dvd, due oggetti per cui vale la pena vivere?
F: In effetti in questo momento stiamo lavorando a una nuova idea, ma siamo veramente all’alba della lavorazione. Per quanto riguarda invece il mio rapporto col lavoro direi che è all’insegna della nevrosi e dell’ansia ed è praticamente al centro di tutto ciò che scrivo quando scrivo da solo. Non penso potrei sopravvivere grazie alla sola scrittura, in primo luogo perché credo non sia possibile in Italia a meno che non si sia capaci di sfornare best seller e comunque al prezzo di grandi sacrifici (e io non amo sacrificarmi), poi perché tendo pericolosamente alla solitudine e all’isolamento e, nel corso della mia vita, mi sono reso conto che l’interazione con gli altri è vitale per la mia scrittura. Il lavoro mi costringe a gettarmi nella mischia e mi tiene connesso al macello quotidiano in cui tutti siamo immersi.
G: Vivere con la scrittura è molto difficile, si può con il cinema e la televisione (anche se gli spazi sono pochi, in Italia come ben si sa non c’è una vera propria industria), difficilmente con la letteratura. Direi che le cose per cui vale la pena di vivere sono le nostre passioni. Il resto è mera sopravvivenza.
- Di solito i nostri lettori si aspettano da chi viene intervistato dei consigli librari. A parte il vostro, ci sono libri recenti non di genere che vi sono piaciuti? Invece se doveste indicare lo scrittore noir in assoluto più bravo per voi?
F: Un romanzo che ho amato moltissimo letto di recente è Tieni ferma la tua corona di Yannick Haenel, libro bellissimo e stralunato in cui entra come personaggio il mio regista preferito, Michael Cimino; ma vorrei citare anche i due saggi letterari (o romanzi? Memoir? Il bello è proprio che sono difficili da definire) di Olivia Laing, Città sola e Viaggio a Echo Spring. Anzi, supplico i lettori di questa intervista di andare a cercarli perché la prosa della Laing è la bellezza. Per quanto riguarda gli scrittori noir direi che la grande triade del nero americano è formata da David Goodis, Jim Thompson e Cornell Woolrich, ma se dovessi indicare un mio beniamino allora farei il nome, peraltro già fatto poco fa, di Jean Patrick Manchette. Penso che Manchette abbia lavorato sul noir da sublime stilista, riducendo allo scheletro strutture narrative esemplari e aggiungendo quel tocco di follia e dadaismo come solo un francese sa fare. Io amo la Francia. Alla follia.
G: Solitamente non leggo libri appena usciti, magari li compro ma poi li lascio lì in attesa del momento giusto per leggerli. Mi piace recuperare un po’ tutta la bibliografia degli autori che preferisco. DeLillo, Philip Roth, D.F. Wallace e molti altri. Proprio di Roth consiglierei il suo primo romanzo Lasciar andare, secondo me tra quelle pagine c’è tutto quello che serve per imparare come si scrive un personaggio o come va sviluppata una scena. Il mio preferito nel noir è di sicuro Ellroy. Con un accostamento un po’ forzato aggiungerei anche Palahniuk: i suoi romanzi non sono veri e propri noir, ma hanno personaggi e ambientazioni che non sono poi così lontani.
- Eva Love è uscito a ridosso del lockdown. Si poteva comprare solo on line. Avete seguito come andavano le vendite e in generale come state vivendo questo periodo di pandemia?
F: Visto che sono già uscito allo scoperto ammetto che l’isolamento non è esattamente un problema per me. Al netto del momento tragico che ci riguarda tutti, starmene in casa lontano da pressione e ansia sociale che avverto anche solo quando premo il pulsante dell’ascensore è una figata. Alle vendite io bado pochissimo, anche perché dopo un decennio scarso di militanza editoriale, sono abituato a numeri che definire esiguo è solo un pallido eufemismo.
G: Anch’io sono abituato a una vita solitaria e quindi stare a casa tutti i giorni non mi è pesato. Quello che mi è mancato è poter uscire in bicicletta tra le colline attorno a casa. Se non pubblichi con un grosso editore non puoi aspettarti vendite importanti. I piccoli editori sono un po’ snobbati. Quando mi è capitato di andare alla fiera del libro di Torino ho assistito a qualcosa di paradossale: la gente comprava principalmente negli stand dei grossi editori libri che poteva trovare in una qualunque libreria.
- Lo scrittore Crocifisso Dentello ha detto che le persone non diventano migliori solo se leggono molti libri. Sono utili solo se metabolizzati, sennò è erudizione sterile. Come la pensate al riguardo?
F: Sono assolutamente d’accordo. E poi essere un lettore forte non ti mette al riparo dall’essere una testa di cazzo.
G: Di sicuro leggendo non si diventa una persona peggiore. Quindi leggere può solo far bene. Tutto sta nel trovare i romanzi che riescano a toccare le corde più profonde della nostra persona.
- Per finire auguro a voi due una trasposizione cinematografica di Eva Love. Giocando, chi vedreste come attrice interpretare Eva e chi Walter Albedo o Benedicta, la socia in affari di Eva per un locale di lapdance? Chi il regista?
F: Nella parte di Eva vorrei Maggie Gyllenhal per il suo sorriso insieme intrepido e sfrontato, per come riesce a sembrare sciatta e poi bellissima da un’inquadratura all’altra (ma non nascondo di essere influenzato dal suo ruolo in The deuce). Per Walter Albedo non mi dispiacerebbe una vecchia gloria nostrana, uno tipo Franco Nero o Fabio Testi magari con un make up adeguato, mentre nella parte di Benedicta farebbe la sua porca figura Tilda Swinton. Regia di Nicolas Winding Refn.
G: Domanda da un milione di dollari. Sono piuttosto scettico che qualcuno produca un film dal nostro romanzo. Se non vendi centomila copie non interessa a nessuno. Per questo dico che alla regia vedrei bene Orson Welles.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Germano Tarricone e Fabio Orrico, in libreria con Eva Love
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