I primi cinque fiocchi di neve di Margherita G. Villa

Margherita G. Villa ha pubblicato nel febbraio 2024, con la casa editrice Baima Ronchetti, un libro intitolato I primi cinque fiocchi di neve. L’autrice è nata a San Mauro Torinese, ha vissuto e lavorato in paesi esteri svolgendo la professione di architetto bioclimatico. Troviamo, scritti da lei, pubblicazioni e libri di contenuto scientifico e altri di narrativa. Ha sempre promosso temi di sostenibilità ambientale e di riduzione nell’uso delle merci, ama dipingere e svolgere attività creative e ha tre figli e un nipotino.

Con questo romanzo l’autrice ci porta all’interno di una grande cascina, dove le persone erano tante e le bocche da sfamare altrettante. Ma i figli erano forza lavoro importante e ci si accontentava. La terra, poi, andava rispettata nel profondo, perché da essa dipendeva il sostentamento dell’intera famiglia.
A raccontare fatti e costituzione della cascina è una dolce voce femminile, che inizia raccontando della famiglia:

In cascina si urlava sempre per il fatto che le distanze erano grandi: tra un granaio e l’altro, tra la stalla e la cucina, tra il pollaio e l’orto; spesso noi si stava sparsi a lavorare nelle vigne e nei campi vicini, quindi da casa si conversava ad altissima voce con chi era fuori: “Dove avete messo le cesoie? … Cosa stai facendo? … Venite giù a parlare.

I personaggi che animano la cascina sono irruenti e selvaggi e sei fratelli erano qualcosa di grandemente importante; ma si sopravviveva. Le cose poi erano ulteriormente migliorate quando il padre ottiene un posto di lavoro presso il municipio di Torino, alla nascita della quinta figlia. Lì è la svolta, e la si vedeva soprattutto a Natale, quando

ai figli dei dipendenti venivano offerti regali; lui riempiva letteralmente l’auto di pacchetti colorati provenienti dal suo datore di lavoro.

A rappresentare la rottura con le consuetudini è l’arrivo tra quelle terre contadine di una donna proveniente dal Veneto, la classica figura dello straniero che invade. E la differenza tra piemontesi e veneti si fa forte:

In Piemonte erano visti con un po’ di diffidenza per quel parlare cantilenante e incomprensibile, per il seguire devotamente i dettami della chiesa e per i tanti figli; ma le necessità spicce li accumunarono presto ai nuovi compaesani.

Che accadrà nella cascina di fronte ad un nuovo così prorompente e mutevole? I cambiamenti verranno accettati e porteranno un notevole miglioramento al luogo? O l’integralismo delle vecchie generazione, restie ai cambiamenti, sarà vincente?

Una lettura particolare che riporta indietro nel tempo, quando tutto l’universo era concentrato attorno alla cascina, al mutare delle stagioni e al lavoro duro e sofferente dei campi. La terra è vista con occhi importanti, ed era un tutt’uno con le persone:

I contadini costituivano un tutt’uno con le terre, poiché quello era l’unico modo di sopravvivere, mentre i rapporti umani erano improntati a dura consolidata abitudine.

Un altro aspetto importante della narrazione è il profondo amore che traspare per la natura e per gli animali. La natura può essere maligna e arrecare molte tragedie, ma va sempre e comunque preservata perché rappresenta la

ragione per la quale si lavora e ci si affanna.

L’esistenza è sempre precaria, e scandita precisamente dal passare delle stagioni e dal mutare del lavoro. Il lavoro che non conosce feste, composto da sacrifici, a volte anche inumani, è il perno centrale dell’esistenza di ognuno di loro.
Una lettura che parla ad un passato fatto da sacrifici notevoli, ma anche di grande rispetto per la natura e per gli animali, con una forza notevole. Il narrato guarda a un tempo altro che oggi non è più, ma che può costituire un ottimo esempio per le nuove generazioni, fatto di umiltà e di valori fondanti. Per chi ama le storie dei tempi andati, di amore per la natura e per gli animali, una vera e propria chicca letteraria, scritta con uno stile sobrio ma preciso e coinvolgente.