

I fuochi di novembre di Attilio Bertolucci appaiono come l’ultima scintilla della giovinezza. Il poeta crea una poesia di sensazioni trasfuse in immagini, che sembra rifarsi alla pittura degli espressionisti.
Stendendo, attraverso la scrittura, lunghe pennellate sulla pagina, Bertolucci compone il suo ritratto del mese di novembre che è tutto giocato sui contrasti: il fumo dei fuochi accesi dei contadini si confonde con il biancore latteo della nebbia che si infittisce nella sera autunnale. I colori sono vivi, così come le sensazioni, e ci restituiscono la visione del tempo, declinata nel susseguirsi ciclico delle stagioni ma anche nella sua ottica onirica.
Tema centrale della lirica sono i cosiddetti “fuochi d’autunno”, i falò accesi dai contadini per purificare i campi e rendere così la terra più fertile per i successivi raccolti. Un’immagine emblematica del mese di novembre, come lo sono i falò agresti, acquisisce un significato metaforico, diventa l’ultima fiamma, sfuggente rapita, della giovinezza.
Eugenio Montale riconosceva ad Attilio Bertolucci la capacità di creare una “poesia retroattiva”, capace di far tornare indietro con la memoria a tempi più incerti, più aperti, a certe atmosfere agresti di ispirazione classica.
Scopriamo testo, analisi e commento di Fuochi di novembre di Attilio Bertolucci.
Fuochi di novembre di Attilio Bertolucci: testo
Bruciano della gramigna nei campi,
un’allegra fiamma suscitano
e un fumo brontolone.
La bianca nebbia si rifugia
fra le gaggie,
ma il fumo lento si avvicina
non la lascia stare.
I ragazzi corrono corrono
al fuoco
con le mani nelle mani,
smemorati,
come se avessero bevuto
del vino.
Per lungo tempo si ricorderanno
con gioia
dei fuochi accesi in novembre
al limitare del campo.
Fuochi di novembre di Attilio Bertolucci: analisi e commento


Attilio Bertolucci ritrae una scena di allegra spensieratezza. La sua visione è immersa in un’atmosfera agreste, che rievoca uno spettacolo luminoso e ipnotico: i fuochi dell’autunno.
La prima parte della poesia è prettamente descrittiva: vengono descritti questi grandi falò che bruciano nel centro dei campi e il fumo che si solleva nella nebbia lattiginosa di novembre. Gli elementi naturali vengono personificati, sembrano avere una voce propria: la fiamma è allegra, il fumo invece è brontolone e la nebbia appare, ritrosa, cerca rifugio tra le piante dalle insidie delle spirali di fumo.
A questo punto fa ingresso nella poesia l’elemento umano: all’improvviso giungono frotte di ragazzini in corsa che fanno irruzione sulla scena, danzano attorno al falò. Esattamente in questo attimo il tempo ciclico delle stagioni si trasfonde nel tempo onirico, del sogno, acquisisce quasi una dimensione metafisica.
I ragazzini corrono con un’incoscienza smemorata e sembrano ebbri di vino. Questo rimando all’ebbrezza e al moto riflette l’immagine pura della giovinezza: uno stato di pienezza vitale destinato a fuggire in un lampo, in una scintilla di luce, proprio come i falò dell’autunno. Per analogia i fuochi di novembre giungono così a rappresentare l’immagine della giovinezza perduta.
Nella conclusione il poeta sposta lo sguardo al futuro, ammantando così l’intera lirica con la prospettiva nostalgica del ricordo: i ragazzi, una volta cresciuti e invecchiati, ricorderanno i “fuochi di novembre” come un momento di letizia, sentiranno ancora il cuore galoppante al battito inesausto di quella corsa smemorata che è stata la loro vita.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Fuochi di novembre”, l’inno alla giovinezza nella poesia di Attilio Bertolucci
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