In primo piano particolare di Papa San Giovanni XXIII nell’affresco nella Chiesa di San Nicola e San Pietro Martire a Valencia, Spagna — Foto di jorisvo /depositphotos.com - Sullo sfondo una notte con la luna
Ricorrono oggi i 62 anni del cosiddetto Discorso alla Luna che papa Giovanni XXIII tenne l’11 ottobre 1962, nella serata che chiudeva la prima giornata del Concilio Vaticano II.
Questa orazione ha conquistato grande celebrità perché ha lasciato nei posteri la vivida immagine della tenerezza del Papa Buono: l’invito ad andare a casa e a dare una carezza ai bambini è ormai parte indelebile dell’immaginario collettivo degli italiani.
È, però, un discorso mirabile anche per la sua forza retorica: il richiamo alla luna che, nelle parole del papa, sembra essere intervenuta a quell’incontro che ha raccolto migliaia di fedeli, è solo una delle tante immagini che il Pontefice, parlando a braccio, attinge dalla tradizione cristiana ma anche dal mondo contadino da cui proveniva.
Il Discorso alla Luna di Giovanni XXIII: il contesto e l’occasione
È la sera di Giovedì 11 ottobre 1962: Piazza San Pietro, a Roma, è un pullulare di lucine che si agitano nel buio, sono le fiaccole dei tanti fedeli, accorsi nel luogo che raccoglie e abbraccia la cristianità da quattro secoli, per salutare l’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II.
La grande assise dei rappresentanti di tutto il mondo cristiano, voluta tre anni prima da papa Giovanni XXIII, al secolo Angelo Giuseppe Roncalli, per rinnovare la dottrina della chiesa e accordarla con la sensibilità del mondo contemporaneo, era iniziata quella mattina, dopo laboriosi preparativi.
I fedeli attendono, chiamano il Papa, ma la finestra del Palazzo Apostolico rimane chiusa. Dopo una lunga attesa, Sua Santità si palesa, è stanco ma soddisfatto. Con i suoi modi semplici e bonari, che ne fanno un uomo del popolo prima che un ministro di Dio, Giovanni XXIII si rivolge alla folla a braccio: nessun cerimoniale, nessuno spartito, è un fratello che parla ai fratelli, animato dalla sincerità.
L’invocazione alla Luna: la luce di Dio sulla cristianità
“Cari figliuoli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero; qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata, stasera – osservatela in alto! – a guardare a questo spettacolo".
Si apre così quello che è rimasto celebre come il Discorso alla Luna: papa Giovanni sottolinea subito la solennità del momento: tutta la cristianità è riunita a Roma per un evento che, per la sua rilevanza, sarà poi paragonato al Concilio di Trento. Se nel Cinquecento si trattava di riformare la Chiesa cattolica per rispondere alla grande frattura che Lutero aveva aperto in seno alla cristianità, ora, come lo stesso Pontefice aveva rilevato quella stessa mattina, si tratta di approfondire ed esporre la dottrina immutabile della Chiesa, secondo quanto richiesto dal nuovo spirito del tempo.
A sottolineare l’eccezionalità dell’evento non sono, però, le questioni teologiche, è, invece, la Luna che nelle parole di papa Roncalli viene personificata: anche lei sembra aver sentito la necessità di assistere al grande spettacolo di fratellanza che la cristianità riunita mette in scena quella sera. Ai fedeli si stringe il cuore, l’espediente retorico funziona perché è un chiaro riferimento al mondo contadino dal quale anche il Papa Buono proviene: la luna come il sole scandiscono il tempo e le stagioni, con la loro progressione e le loro fasi indicano il tempo opportuno per la semina e i raccolti. Ma la luce lunare non è solo un elemento naturale, come si comprenderà meglio nel prosieguo del discorso quella luce è metafora di dio.
Un messaggio di pace e fratellanza
"Noi chiudiamo una grande giornata di pace; di pace: «Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà». Ripetiamo spesso questo augurio e quando possiamo dire che veramente il raggio, la dolcezza della pace del Signore ci unisce e ci prende, noi diciamo: “Ecco qui un saggio di quello che dovrebbe essere la vita, sempre, di tutti i secoli, e della vita che ci attende per l’eternità”.
La pace è un tema ricorrente, tanto nel Discorso alla Luna che nel Concilio Vaticano II: Giovanni XXIII richiama qui un valore che la cristianità ritiene fondamentale fin dai suoi albori, già nel Vangelo di Matteo, ad esempio, si dice:
"Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio".
E operatore di pace, di lì a poco, Giovanni XXIII lo sarà davvero: anche se il secondo conflitto mondiale è ormai archiviato, la guerra fredda produce in quel momento attriti e frizioni che alimentano una pericolosa strategia della tensione. Pochi giorni dopo l’11 ottobre 1962 le navi sovietiche si stanno avvicinando a Cuba; il presidente Kennedy ha imposto un blocco navale che però potrebbe essere forzato. Il 25 ottobre Papa Roncalli diffonde alla radio vaticana un messaggio, già in precedenza consegnato ai rappresentanti degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, che riesce a scongiurare un nuovo conflitto.
"La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato Padre per la volontà di Nostro Signore, ma tutt’insieme: paternità e fraternità e grazia di Dio, tutto, tutto!"
Dal Discorso alla Luna emerge anche l’uomo Roncalli e la sua proverbiale umiltà: il rappresentante di Dio in terra afferma di non contare niente: prima di essere Padre egli, infatti, è fratello e solo la fratellanza conta perché, come aveva già affermato San Paolo, è stringersi nella fratellanza ciò che assicura l’unità dei cristiani.
"Accanto a me amo invitare la Madonna Santa e benedetta, di cui oggi ricordiamo il grande mistero".
Non appena si appresta a dare la benedizione il Pontefice chiama a sé la madre del Signore, alla quale era molto devoto. La scelta di aprire il Concilio Vaticano II l’11 ottobre non è casuale perché in quella data si tenne anche il Concilio di Efeso (11 ottobre 431 d.C.), come il Papa non manca di ricordare nel passaggio successivo del discorso. Anche quello fu un evento di grande importanza per la storia della Chiesa perché venne condannata come eretica la dottrina di Nestorio e perché, soprattutto, fu proclamato il dogma della divina maternità di Maria.
"Date una carezza ai bambini": papa Roncalli uomo del popolo
"Questa sera lo spettacolo offertomi è tale da restare ancora nella mia memoria, come resterà nella vostra. Facciamo onore all’impressione di questa sera. Che siano sempre i nostri sentimenti come ora li esprimiamo davanti al Cielo e davanti alla terra: fede, speranza, carità, amore di Dio, amore dei fratelli; e poi, tutti insieme, aiutati così nella santa pace del Signore, alle opere del bene! Tornando a casa, troverete i bambini; date una carezza ai vostri bambini e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete qualche lacrima da asciugare. Fate qualcosa, dite una parola buona. Il Papa è con noi specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza".
È nella parte finale che il discorso di Papa Giovanni raggiunge il suo climax: il grande spettacolo che si consuma nella giornata inaugurale del Concilio Vaticano II è quello di un popolo che incarna le virtù che sostanziano il messaggio cristiano: la fede, la speranza, la carità, l’amore per dio e per il prossimo. Non si tratta, però, né della mera constatazione di un dato di fatto né di una considerazione di natura teologica: è soprattutto l’uomo a parlare, un uomo buono, un po’ il nonno che tutti avremmo voluto, che con quelle parole mostra tutta la sua umanità.
Quando papa Giovanni invita a dare una carezza ai bambini emoziona davvero i presenti, è un uomo del popolo che parla al suo popolo, invita alla tenerezza ma anche ad aver cura di un dialogo tra genitori e figli che la modernità sta mettendo in crisi. La carità e l’amore per i fratelli sono soprattutto amore del prossimo, etimologicamente colui che ci sta più vicino, quindi, come aveva già osservato San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi, agire disinteressato e generoso, cura della famiglia e degli affetti, esortazione all’ascolto con il quale si ravvivano e si nutrono i legami familiari.
Proprio in quell’invito a dare una carezza ai bambini possiamo cogliere nitidamente le grandi capacità comunicative di Giovanni XXIII: con le sue parole il Papa Buono si mette sullo stesso piano dei fedeli, diventa uno di loro, entra nelle loro case e si fa partecipe delle loro gioie ma anche degli inevitabili momenti di tribolazione e tristezza. Le sue parole irradiano serenità e affetto sincero al punto tale da rimanere ancora oggi indelebili nella mente di tanti italiani.
Ascolta la versione integrale del Discorso alla Luna di papa Giovanni XXIII
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Date una carezza ai bambini”: il celebre Discorso alla Luna di Giovanni XXIII
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