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Significato di parole, proverbi e modi di dire

Criminalità e consumismo, una possibile relazione

Cos'è il consumismo e che relazione può avere con la criminalità? Vediamolo insieme.

Rosa Aimoni
Rosa Aimoni Pubblicato il 16-10-2018

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Criminalità e consumismo, una possibile relazione

Spesso ci si chiede come mai avvengano crimini che, a prima vista, sembrano inspiegabili, perché riguardano persone che non appartengono alla sfera della malavita organizzata, ma che, al contrario, sono comuni e svolgono una vita normale, al punto che ognuno di noi si può identificare in loro.
I giornali riportano ogni giorno queste vicende e, se è vero che la tv ne parla in maniera quasi morbosa, non è affatto morboso, ma anzi auspicabile, chiedersi come mai ciò avvenga, tentando però di dare una risposta inerente al contesto storico che stiamo vivendo.

Forse è bene sottolineare la relazione che può esistere fra l’attuale modello consumistico e alcuni istinti criminali, che ne vengono stimolati. A questo fine, mi voglio riallacciare ad un caso di cronaca avvenuto alcuni anni fa in un paesino della Lombardia, e che riguarda Carlo Lissi, un uomo di 31 anni di Motta Visconti.
Lissi una sera uccise moglie e figli senza un motivo apparente. A differenza degli altri crimini familiari, in questo caso non c’entra il possesso, perché la moglie non voleva separarsi dal marito, anzi, era vero proprio il contrario.
È quindi doveroso tentare di dare una spiegazione che trascende la singola vicenda, della quale non possiamo sapere molto, per ricollocarla nell’attuale contesto storico.

Che cos’è il consumismo e come influenza la nostra mente?

L’attuale sistema consumistico, appoggiato dalla moderna tecnica, ci permette di appropriarci in maniera continua di risorse. L’aspetto più importante è però quello che segue, ossia il fatto che ci impone di liberarci presto di queste risorse, per sostituirle con altri oggetti.
Grandi intellettuali, come Pier Paolo Pasolini, avevano criticato pesantemente questo sistema, responsabile del genocidio delle culture, ovvero dell’omologazione e del conformismo. A questo proposito, lo stesso Pasolini metteva l’accento sulla differenza fra progresso e sviluppo. Il primo è stato fondamentale per il superamento delle condizioni di indigenza della massa, perché ha permesso la produzione di beni necessari, mentre il secondo ha comportato l’introduzione del superfluo come stile di vita.

Ma attenzione ancora. Quello che è sbagliato del sistema è il fatto di imporre la sostituzione e quindi la distruzione delle merci in maniera continua. In altre parole, quello che è insano non è possedere, ma possedere per poi distruggere.
Mi avvicino quindi alla tematica principale, ossia come il consumismo possa stimolare dei processi mentali insani in persone molto fragili (dico stimolare, non causare).

Vediamo quindi come funziona. Se acquistiamo un bene per poi liberarci dello stesso in poco tempo, non abbiamo la possibilità che crearci dei punti di riferimento, che si costruiscono anche (quindi non solo) attraverso gli oggetti. Non a caso i bambini hanno il loro giocattolo preferito, l’oggetto che funge da tramite fra il loro mondo interiore e quello esterno.
Un oggetto acquistato acquisisce un valore che va oltre quello economico, valore che è costituito da tutti i significati che a quel bene noi attribuiamo (per esempio il golfino mi ricorda mia nonna). Ebbene, in un sistema consumistico vengono meno i punti di riferimenti perché non si ha più la possibilità di crearsi un mondo, costituito dagli oggetti con i quali trascorriamo la vita.

Il divano di casa non è solo un divano, è il posto dove mi siedo, riposo, studio, guardo la televisione, trascorro il tempo con le persone care. Ecco perché il doversi disfare delle cose porta inevitabilmente a disfarsi di pensieri, di ricordi, di situazioni che quelle cose esprimono, facendoci sentire vuoti e privi di storia.
Ma andiamo avanti, perché non è solo questo il danno. Disfandosi in maniera insensata degli oggetti, avviene la trasposizione dall’oggetto al soggetto dello schema di comportamento in questione.

In pratica, senza renderci conto, trasferiamo il modo di trattare gli oggetti anche alle persone (ed ecco perché si sente spesso parlare di ragazza, o ragazzo “usa e getta”).
Impariamo, quindi, a stare con gli altri, ma tutto ha una scadenza. I rapporti devono terminare, così come devo disfarmi dei beni che compro. Se non posso disfarmi di un rapporto, ecco che allora scatta la violenza, e quindi l’omicidio.

Per ritornare a Carlo Lissi, l’uomo al quale prima ho accennato, aveva dichiarato di averlo fatto perché “non si sarebbe comunque liberato di loro”, nemmeno con il divorzio.
Lissi presenta un atteggiamento portato agli estremi, ma che tuttavia è sintomatico dei tempi di oggi. Non si possono sopportare i legami durevoli, proprio come non si deve tenere a lungo un bene perché, dopo un po’ di tempo, va sostituito.

Bisogna quindi fare attenzione, perché il nostro inconscio non funziona in maniera razionale. Lo schema che adotto con i beni, prima o poi lo trasferisco anche alle persone. E questa società senza basi e senza relazioni è il frutto più deleterio del sistema consumistico moderno.
In ultimo, mi sento di rispondere in anticipo all’eventuale obiezione di tutti coloro che asseriscono che, in fondo, i crimini ci sono sempre stati, ed quindi inutile contestualizzare. E’ vero, i crimini, nel corso della storia, si sono sempre verificati; tuttavia, analizzare il contesto storico è fondamentale per capirne la ragione.

Come per tutte le materie, anche per il male bisogna adottare un criterio multidisciplinare, che non riguarda solo la psichiatria, ma abbraccia anche l’antropologia, la biologia, la sociologia e infine la storia. L’uomo non è una monade slegata dalla realtà, ma agisce in un preciso contesto, che può spingerlo un una direzione o nell’altra.
In pratica, se l’uomo nel Medioevo uccideva perché vedeva nell’altro, nel diverso, un "infedele", gli esseri umani di oggi possono uccidere perché nell’altro non vedono proprio nulla.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Criminalità e consumismo, una possibile relazione

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