Che cosa ho imparato sull’amore? “Che l’amore è un mistero”, questa è la poetica rivelazione dello scrittore regista Ferzan Özpetek nel suo romanzo più intenso e autobiografico Rosso Istanbul (Mondadori, 2016) da cui ha tratto il film omonimo nel 2017, il primo della lunga sua carriera cinematografica ad avvalersi di un cast di soli attori turchi.
L’amore è una costante nel cinema di Özpetek e non ha mai un volto definito, univoco, ma partecipa di un caleidoscopio di emozioni, si traveste di una molteplicità che lo rende un sentimento sfuggente e indefinibile, ma al contempo purissimo nella sua autenticità. L’amore narrato da Ferzan Özpetek ha il profumo eterno della nostalgia, la tenerezza impalpabile della luce color miele che piove sui tetti di Roma e inonda le strade nell’ora dorata che precede il tramonto: è quello il momento in cui le cose paiono vicine a “tradire il loro ultimo segreto”, è il momento-rivelazione dove d’un tratto tutto si fa chiaro per poi di nuovo sbiadire i contorni, dissipato il calore dell’istante, e annegare nella perenne ricerca, nella perenne attesa di felicità.
Nel libro Rosso Instabul troviamo un testo in prosa che rasenta il più assoluto lirismo e sembra riassumere in sé tutta la cinematografia di Özpetek: che cosa ho imparato sull’amore? Ogni film in fondo è il tentativo esemplare di restituire quell’amore elargito, intuito, compreso oppure soltanto intravisto. Un amore che può essere incompiuto, incerto, talvolta persino impossibile ma mai sbagliato o immorale: ed è forse questa impossibilità a creare la bellezza nostalgica, struggente, delle pellicole di Özpetek capaci di dare voce e significato persino a ciò che “poteva essere e non è stato”.
Che cosa ho imparato sull’amore è il seme vitale della poetica di Ferzan Özpetek, la lezione che ritorna ogni volta sempre uguale eppure ogni volta sempre diversa in tutti i suoi libri e i suoi film. Persino nella sua ultima fortunata pellicola, Nuovo Olimpo (2023), il leitmotiv di Che cosa ho imparato sull’amore viene ripreso dalla voce dell’indimenticabile Titti, interpretata da Luisa Ranieri in omaggio alla grande Mina:
Chi si è voluto bene non si lascia mai, c’è sempre, anche se non lo vedi. E tu dirai, io e te ci siamo visti poco, non ci siamo frequentati. E che vuol dire? Non è il quanto, è il come, il riconoscersi. È l’intensità di un incontro che fa una storia.
Ecco Özpetek ci sta dicendo, ancora una volta, attraverso nuovi personaggi e nuovi volti, la stessa cosa, la sua ineffabile verità dell’anima, una lezione da lui stesso appresa con gioia e con dolore: “che l’amore è un mistero”.
Per il resto bisogna superare il confine di questo mistero, andare oltre la soglia e, come suggerisce l’autore, cercare di rimanerci il più a lungo possibile.
In fondo Ferzan Özpetek oltrepassa questa soglia invisibile in tutti i suoi film, in tutti i suoi libri, ed è proprio questo il segreto, la magia ineffabile che sprigionano come un tramonto purpureo che incendia i tetti di Roma o di Istanbul, di ogni città dove si trova a battere il cuore.
“Che cos’ho imparato sull’amore”: il brano di Ferzan Özpetek
Che cos’ho imparato sull’amore?
Quello che ho imparato sull’amore è che l’amore esiste.
Non dimentichiamo mai le persone che abbiamo amato, perché rimangono sempre con noi; qualcosa le lega a noi in modo indissolubile, anche se non ci sono più.
Ho imparato che ci sono amori impossibili, amori incompiuti, amori che potevano essere e non sono stati.
Ho imparato che è meglio una scia bruciante, anche se lascia una cicatrice: meglio l’incendio che un cuore d’inverno.
Ho imparato, e in questo ha ragione mia madre, che è possibile amare due persone contemporaneamente.
A volte succede: ed è inutile resistere, negare, o combattere.
Ho imparato che l’amore non è solo sesso: è molto, molto di più.
Ho imparato che l’amore non sa né leggere né scrivere.
Che nei sentimenti siamo guidati da leggi misteriose, forse il destino o forse un miraggio, comunque qualcosa di imperscrutabile e inspiegabile.
Perché, in fondo, non esiste mai un motivo per cui ti innamori. Succede e basta.
È un entrare nel mistero: bisogna superare il confine, varcare la soglia.
E cercare di rimanerci, in questo mistero, il più a lungo possibile.
“Che cos’ho imparato sull’amore” di Ferzan Özpetek tratto da Rosso Istanbul
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I sentimenti sono guidati da leggi misteriose, inconoscibili, imperscrutabili, ci dice Özpetek che nella sua produzione artistica è riuscito a tradurli, letterariamente e cinematograficamente, in tutte le loro sfumature. Questo brano, tratto da Rosso Istanbul, trasmette attraverso le parole ciò che nei film del regista turco è reso mediante sguardi, silenzi, un intrico impercettibile di gesti, attimi, pensieri sospesi che tuttavia si fanno tangibili nello spazio di un attimo condiviso.
Nessuno può dirci “ciò che amore non è”; perché chi ha provato questo sentimento lo sa, ha sentito l’incendio, la fiamma bruciante che divora e che forse, nonostante tutto, non si spegne mai nel cuore che l’ha suscitata ed è totalmente fuori controllo. Ricorda una frase, tutto sommato consolatoria di Milan Kundera:
“Contro i sentimenti non possiamo nulla, perché esistono e basta - e sfuggono a qualunque censura. Possiamo rimproverarci un gesto, una frase, ma non un sentimento: su di esso non abbiamo alcun potere.”
Ferzan Özpetek, proprio come Kundera, ci suggerisce di accettare il nostro disarmo, la nostra impotenza, di avanzare a occhi bendati nel cuore segreto del mistero. L’amore può assumere molte forme e molte vesti, innumerevoli travestimenti.
In Rosso Istanbul, un romanzo fortemente autobiografico, lo scrittore-regista immagina di tornare per qualche giorno dalla madre ormai anziana, nella casa sul Bosforo della sua infanzia che sta per essere demolita. Istanbul, la città natale, appare come un luogo intriso di memoria e nostalgia dove resiste impalpabile, il fantasma del primo amore. Il primo amore è quello più puro, rimane sempre l’unico, forse perché è il primo sentimento travolgente e involontario che proviamo nella nostra vita.
Nel romanzo la storia del regista si muove parallela a quella di una donna, Anna, che raggiunge Istanbul in viaggio con il marito e alcuni amici. Ritorna la stessa vecchia storia di chi va e di chi resta, sullo sfondo di una città dal potere incantatorio che è crocevia di popoli e culture, simbolo di vicinanza e lontananza, come un sortilegio.
Ed è proprio qui, nella sua Istanbul, nella casa piena di ricordi e di vita vissuta, che Ferzan Özpetek tocca il culmine della sua sensibilità poetica.
Che cosa ho imparato sull’amore è un pensiero-rivelazione, sembra trasfigurare un momento mistico di pura spiritualità: è l’uomo al contatto con la sua anima, nudo di fronte a sé stesso, che contempla un orizzonte raggiungibile - e al contempo sconfinato - che ha il colore rosso del sangue, della passione, dell’amore senza ragioni né spiegazioni, che mette i brividi, e dà senso alla vita stessa.
“Rosso Istanbul” di Ferzan Özpetek: il trailer
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Che cos’ho imparato sull’amore”: il brano di Ferzan Özpetek tratto da Rosso Istanbul
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