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Storia della letteratura

Orazio: vita, opere e pensiero

Chi era Quinto Orazio Flacco? Noto più semplicemente come Orazio, si tratta di un famoso poeta romano. Scopriamo insieme vita, opere e pensiero di Orazio.

Ilaria Roncone
Ilaria Roncone Pubblicato il 10-12-2018

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Orazio: vita, opere e pensiero

Orazio è considerato uno dei maggiori poeti dell’età antica. Dotato di un’ironia inusuale, Orazio viene considerato ancora oggi un maestro di eleganza stilistica che ha saputo fronteggiare le questioni sociali e le questioni politiche del suo tempo da epicureo quale era e da vero amante dei piaceri della vita.
Orazio andava alla ricerca di risposte ai grandi temi esistenziali e ha dettato quelli che ancora oggi sono per molti i canoni dell’ars vivendi. Il poeta non troverà mai risposta ai suoi dilemmi esistenziali e, anzi, la morte da lui sarà sempre percepita come angosciante e imminente, qualcosa che, pur non essendoci, mette angoscia.
Vediamo tutto quello che c’è da sapere sulla vita di Orazio, le sue opere e il suo pensiero.

Orazio: la vita

Orazio, poeta lirico e uno scrittore satirico dell’antica Roma, nasce a dicembre del 65 a.C. a Venosa, in Basilicata, che all’epoca era una colonia romana situata in posizione strategica. Orazio si trasferisce a Roma per seguire il padre, un fattore, che aveva scelto di diventare coactor, un esattore delle aste pubbliche. La mansione era molto redditizia, seppur non particolarmente amata. Nonostante le umili origini, quindi, Orazio cresce in condizioni economiche agiate avendo anche la possibilità di studiare.

Quando ha 20 anni Orazio va ad Atene e qui studia filosofia e lingua greca venendo presto in contatto anche con la lezione epicurea. Il poeta, pur rimanendone affascinato, in quel momento decide di non aderire a quella scuola.
Fatto ritorno a Roma Orazio si arruola, in seguito alla morte di Cesare, nell’esercito di Bruto dopo l’esplosione della guerra civile. In Bruto Orazio vede un esempio di libertà da perseguire, a differenza della tirannide che dominava quell’epoca.

Nel 42 a.C. Orazio partecipa alla battaglia di Filippi, scontro in cui però Bruto e i suoi sostenitori perdono contro Ottaviano. Orazio è costretto a lasciare l’Italia e può tornare solo l’anno successivo, nel 41 a.C. grazie a un’amnistia. Il podere appartenuto al padre, però, gli viene sequestrato, quindi a quel punto Orazio deve cominciare a fare i conti con una situazione economica difficile.
Orazione deve trovarsi un lavoro e decide di diventare scriba quaestorius, segretario di un questore. Contemporaneamente Orazio si dedica alla scrittura di versi e, in poco tempo, questi componimenti gli fanno guadagnare un discreto successo.

Nel 41 a.C. Orazio inizia a scrivere le "Satire" e nel 38 a.C. Vario e Virgilio lo presentano a Mecenate dopo averlo conosciuto nelle scuole epicuree di Sirione. Dopo l’ammissione al circolo di Mecenate Orazio comincia a dedicarsi in maniere esclusiva alla letteratura.
Questo è anche il periodo in cui Orazio deve affrontare una brutta congiuntivite e le sue conseguenze, che lo indeboliscono in maniera tale da compromettere per sempre il funzionamento dei suoi occhi.

Il primo libro delle “Satire” risale al 33/35 a.C. In queste satire Orazio cerca di elaborare un modo di vivere che gli consenta di godersi la vita non subendo tensioni interne: si tratta del cosiddetto giusto mezzo, una morale di libertà e di autosufficienza interiore derivante da una polemica contro gli eccessi spesso distintivi delle società contemporanee.
Nel 33 a.C. Orazio riceve da Mecenate un piccolo possedimento in Sabina (attualmente in provincia di Roma) grazie al quale il poeta può lasciare la città e tornare a stare in campagna seguendo il modus vivendi promosso da Epicuro.

Sono del 30 a.C., invece, i componimenti che costituiscono gli "Epodi" e il secondo libro delle “Satire”. Ben ottantotto componimenti vengono composti nel 23 a.C. per poi essere distribuiti in tre diversi libri (le “Odi”, da dove è tratto il celebre detto "Carpe Diem"). Altra celebre citazione di Orazio è Hic et nunc. Il poeta si dedica poi alla scrittura dei due libri delle “Epistole”, il primo contenente venti lettere e il secondo tre lettere.
Orazio si impegna anche in azioni di propaganda a favore di Augusto, come si può intuire da alcune opere tratte dalle “Odi” e dal "Carmen Saeculare".

Nel 13 a.C. Orazio realizza il quarto libro delle “Odi”, contenente altri quindici componimenti, e viene pubblicato il secondo libro delle “Epistole”, contenente la celebre lettera ai Pisoni, l’”Ars Poetica”. Si tratta di 476 esametri che verranno presi come modello per tutti i tipi di composizione poetica nelle epoche successive.
Orazio muore l’8 a.C. a Roma, a cinquantasette anni, e il suo corpo viene sepolto sul colle Esquilino, di fianco a quello di Mecenate.

Le opere di Orazio

Ecco di seguito la lista delle opere di Orazio:

  • Epodi, 17 componimenti pubblicati nel 30 a.C.
  • Satire, due libri che comprendono 18 satire, uno pubblicato tra il 35 e il 33 a.C. e il secondo pubblicato nel 30 a.C.
  • Odi, tre libri con 88 componimenti, pubblicati nel 23 a.C. più un quarto libro venuto alla luce nel 13 a.C.
  • Epistole, due libri, il primo pubblicato nel 20 a.C. e il secondo scritto tra 19 e 13 a.C.
  • Carme secolare, pubblicato nel 17 a.C.

Il pensiero di Orazio

Orazio può essere definito un poeta augusteo e ha realizzato tutte le sue opere in un periodo storico complicato e caratterizzato da una grande instabilità poetica. Orazio reputa la storia irrazionale e gli eventi imprevedibili. Orazio può definirsi un epicureista che professa l’ataraxia, la totale assenza di paura e di desiderio a favore di una vita vissuta in equilibrio, col giusto mezzo, con moderazione e amando la campagna.
Di Orazio non si può dire, nonostante il legame più netto con l’epicureismo, che abbracciasse una specifica corrente filosofica.

L’affermazione corretta è che Orazio si serve come meglio crede di ogni corrente filosofica senza però diventarne schiavo. Altri concetti che stanno alla base della morale di Orazio sono la metriotes, la morale del giusto mezzo, e l’autarkeia, l’indipendenza interiore. Il poeta si pone, senza mai trovare risposta, le grandi domande esistenziali che lo attanagliano.
Orazio ha una precisa concezione dell’aldilà, che lo porta a percepire la morte con malinconia, come se la vita fosse un rifugio della morte di cui ha tanta paura.

Orazio risulta ancora oggi un personaggio pieno di contraddizioni e ambiguo: a una prima lettura sembra qualcuno ma, andando a scavare bene nelle sue opere e nei suoi pensieri, Orazio si rivela molto diverso da come voleva apparire agli occhi degli altri. Quest’immagine che il poeta voleva dare di se stesso viene puntualmente smentita da ciò che trapela dalle righe delle sue opere.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Orazio: vita, opere e pensiero

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