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Zibaldone aretino: Giorgio Feri presenta l’amarcord dei toscanacci aretini

Giorgio Feri ha presentato il Suo “Zibaldone aretino”, diario, ricordi e appunti dei personaggi che hanno reso unica la città di Arezzo nel mondo.

Luca Tognaccini
Luca Tognaccini Pubblicato il 01-01-2016

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Zibaldone aretino: Giorgio Feri presenta l'amarcord dei toscanacci aretini

Amarcord di Arezzo, ovverosia “Zibaldone aretino. Racconti, personaggi, storie di Arezzo”. In questo libro fresco di stampa, come un sapiente Fellini della penna, Giorgio Feri –una vita in centro storico visto dall’osservatorio privilegiato della sua Cartaria aretina- descrive personaggi cosiddetti minori della storia recente, spingendosi anche con l’aiuto di antiche foto, sino alle soglie dell’Unità d’Italia. Suggestiva la copertina, dove il misterioso ed eccentrico uomo vestito color oro che frequentava il colonnato di via Roma negli anni Sessanta, attendeva un figlio disperso in Russia che non sarebbe mai tornato e con cui aveva concordato via lettera quella foggia per facilitargli il riconoscimento.

La presentazione ufficiale dello “Zibaldone Aretino”, sottotitolato “racconti, personaggi, storie di Arezzo”, ha avuto luogo martedì 15 dicembre al Circolo Artistico di Corso Italia, nella città della Chimera, ma nessuno ha raccontato gli interventi degli aretini veraci che hanno presentato l’ultima fatica di Giorgio fresco vincitore del Premio Tagete 2015 con “Arezzo città d’arte” lodato da Claudio Santori e da Vittorio Sgarbi. Eccone la cronaca: Marco Botti, giovane giornalista, ha parlato di raccolta di pensieri e storie, un po’ diario un po’ appunti, riguardante tanti aretini scomparsi come lo storico Pier Francesco Greci ed il regista Rai e gastronomo Guido Gianni che inventa il televoto, ma anche la terribile anziana detta Spùtaci. Un libro anche di viventi come Fausto Casi, poi salito sul palco, inventore del Museo dei Mezzi di comunicazione, che conserva gli strumento Rai analogici altrimenti introvabili; il professor Filippo Nibbi, che entra nel libro con un racconto dei suoi, surrealista e futurista, ha attenzionato sulla foto del piccione-drone usato nella prima guerra mondiale con macchina fotografica annessa, al fine di spiare le trincee nemiche, adesso ospite nel museo di Casi e nel libro di Feri.
Un capitolo è dedicato ai miracoli avvenuti in città, illustrati dal pittore Zenone (alias Emilio Giunchi). Roberto Parnetti si è soffermato su Giostra, Musici e Sbandieratori storici e giovani leve, focalizzandosi sull’olmo che dà il nome ad una frazione; Saverio Crestini, nipote dello scomparso Carlo Dissennati maestro della cronaca nera su “La Nazione” e storico della Giostra del Saracino, ha illustrato il ricordo del grande nonno; Santino Cherubini, degli “Avanzi di balera”, ha poi tratteggiato una esilarante ricostruzione storica dalla età del paleolitico a quella dell’ansiolitico, proponendo la derivazione della lingua francese da un improbabile vernacolo aretino dotto, divagazioni anch’esse in questo libro degli Aretini che entrano così di diritto nel club dei Toscanacci di carta già esaltati da Curzio Malaparte qualche decennio fa, parlando però poco di Arezzo. Giorgio Feri, coi suoi amici, colma questa lacuna attraverso un’opera collettiva che farà ridere, pensare, ricordare, commuovere: come in Amarcord.

- NELLA FOTO DA DESTRA VERSO SINISTRA: GIORGIO FERI, MARCO BOTTI, FILIPPO NIBBI, ROBERTO PARNETTI, SAVERIO CRESTINI.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Zibaldone aretino: Giorgio Feri presenta l’amarcord dei toscanacci aretini

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