Teodoro nella città di Alessandro Cartoni

Ormai parlava correntemente con Victoria.

Così inizia Teodoro nella città di Alessandro Cartoni (Robin Edizioni, 2025), con Victoria, che non è una donna ma una caldaia, un parallelepipedo lunatico che tra gorgoglii di rifiuto e sbuffi di pigrizia innervosisce l’ex professore di filosofia Teodoro e conduce subito il lettore nei toni divertenti del romanzo. Toni divertenti per argomenti molto seri.
In un tempo che parte dal contesto della pandemia per diventare indefinito e simbolico, in una cittadina di provincia chiusa tra le montagne, negli ambienti di una scuola senza futuro, nella polvere di un circo spento, in un mondo svuotato di consistenza e significato, i protagonisti di questa vicenda fanno i conti con il proprio senso di responsabilità e nutrono una nuova speranza. Teodoro nella città è l’ultimo romanzo di Alessandro Cartoni, un romanzo che l’autore ama definire “distopico o semplicemente di avventure”, incentrato su un valore di libertà che si oppone alla deriva autoritaria di una immaginaria (ma non troppo) società disciplinare. Un romanzo corale, dalla struttura solida, dalla trama fitta, con personaggi che non si dimenticano e messaggi mai fuori tempo: dire no a ogni forma di oppressione, cercare orizzonti al di là delle ostilità.
Un’opera brillante in cui troverete una voce coraggiosa e naturalmente bella in ogni sua modulazione, nonché una scrittura colta che ha lo spessore del sapere profondo ma anche un andamento colloquiale che la rende vicina a chiunque. Un’opera in cui la bella scrittura convive con la convincente architettura del testo, e in cui emerge chiaro quel legame, sempre imprescindibile per l’autore, tra letteratura e filosofia.

Continuava a pensare che anche la sua azione di educatore, quando ancora insegnava, non si era mai concretizzata in un procedimento di ‘Sanificazione morale’. Al contrario, se il suo mestiere aveva avuto un senso, se i filosofi che amava gli avevano insegnato qualcosa e se c’era qualcosa che da loro poteva essere consegnato ai giovani, non era affatto una ‘Sanificazione morale’, quanto piuttosto una ‘Trasvalutazione della morale’.