Il lessico quotidiano di tutti noi, ormai, include sempre più numerose (a volte persino abusate) parole inglesi (forestierismi). Che si tratti di prestiti lessicali più o meno adattati, che appartengano a un settore specifico o meno, è essenziale saperle usare in modo corretto. Quando inseriamo un termine inglese in un testo italiano, come dobbiamo comportarci con il plurale? Va messa la -s finale alle parole plurali inglesi?
Individuare una regola da seguire non è semplice, persino le autorità in materia di lingua, Crusca e Treccani, danno versioni non pienamente concordi. Se entrambe concordano tassativamente sul non declinare le parole inglesi entrate ormai nel lessico italiano, la strada si biforca nei casi estremi in cui la parola inglese che dobbiamo usare non sia d’uso comune nella nostra lingua: se Treccani non prende in considerazione l’ipotesi, l’Accademia della Crusca invece fornisce qualche utile indicazione in proposito.
Vediamo insieme come comportarci.
Come funziona il plurale dei forestierismi?
Secondo l’Accademia della Crusca, la norma da usare per il plurale dei forestierismi è piuttosto semplice, ma necessita di un controllo precedente: è necessario valutare se la parola che stiamo citando è entrata in uso nel lessico italiano o meno. Le opzioni che abbiamo davanti, a questo punto, si biforcano: la parola che abbiamo davanti è un prestito lessicale, ossia una parola inglese ormai a tutti gli effetti entrata nel dizionario italiano?
- Quello che abbiamo davanti è un prestito lessicale
Esempi di prestito lessicale sono parole come film, email, sport e weekend. Sono di uso molto comune e sono entrate nella lingua molto spesso alla loro forma singolare (fatta eccezione per alcuni termini, come news, marines o crackers). La scelta giusta è quindi quella di lasciarle invariate: nessuno direbbe “Ieri sera ho visto due films" , o "In casa abbiamo tre computers".
- Quello che abbiamo davanti è un neologismo recente o un termine tecnico
Se il termine che abbiamo di fronte è invece un termine che non è ancora entrato in uso in italiano (e, molto spesso, fa riferimento a un ambito particolarmente settoriale e molto specialistico), è meglio decidere di rispettare la lingua d’origine e trasformare, qualora ce ne fosse l’esigenza, la parola al plurale.
Attenzione: si tratta di un caso limite, dal momento che è molto raro dover inserire all’interno di un discorso in italiano, con la necessità di declinarla, una parola totalmente inedita nella nostra lingua.
Quando usare il corsivo per le parole straniere?
La distinzione fra prestiti e non si applica anche a un’ulteriore questione: le parole inglesi in un testo si inseriscono in corsivo o in tondo?
Ancora una volta, se abbiamo a che fare con un prestito ormai entrato abitualmente in uso nella lingua italiana, non serve alcun corsivo per evidenziarlo. In caso contrario, è necessario impiegarlo.
es. “Dove andrai per il weekend?”
es. “Questa frase potrebbe essere più catchy."
Per controllare che un termine faccia parte o meno della lingua italiana vi basterà consultare un dizionario cartaceo o online, o il sito Treccani.
Avete ancora dei dubbi? Se esiste, usate la parola in italiano!
A volte sembriamo dimenticare che moltissime delle parole che impieghiamo abitualmente in inglese sono disponibili anche in italiano. Per risolvere ancor più facilmente tutti i dubbi riguardo a plurali e corsivi, la soluzione più semplice, se possibile, è ricorrere direttamente alla nostra lingua.
Facciamo qualche esempio? All inclusive (tutto incluso), brand (marca), call (chiamata), coffee break (pausa caffè), deadline (scadenza), meeting (incontro), preview (anteprima)...
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Parole inglesi in italiano: va messa la -s al plurale? Quando vanno scritte in corsivo?
"Contestare" l’Accademia temo sia difficile per tutti. In questo caso però due note le vorrei fare. La nota della Crusca a cui si fa riferimento nel testo è del 2002 e spero anche loro abbiano cambiato idea, innanzitutto perchè una regola o è o non è. Mi spiego meglio: troppo spesso quando si parlo di questo argomento si parla di anglicismi e si fanno esempi di importazione dalla lingua inglese. Scordando che le lingue sono vive e sono soggette a continue contaminazioni da tutti gli idiomi con i quali vengono in contatto.
La premessa è per dire che se importiamo parole da lingue delle quali ignoriamo la regola per rendere plurale il sostantivo cosa si fa? E’ semplice aggiungere la esse. Ma come si comporta il giapponese? il cinese, il russo?
L’indicazione della Crusca non può essere applicata solo alle lingue di cui conosciamo la regola. Almeno così mi pare.