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Nuovo Dpcm: cosa cambia per la scuola? Il quadro completo di misure e provvedimenti

Didattica integrale digitale; mascherina anche al banco dai sei anni in su; sospensione viaggi... Ecco nel dettaglio tutte le misure per la scuola previste dagli ultimi Dpcm.

Eleonora Daniel
Eleonora Daniel Pubblicato il 05-11-2020

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Nuovo Dpcm: cosa cambia per la scuola? Il quadro completo di misure e provvedimenti

La scuola non è stata nel mirino delle misure previste per i primi Dpcm di ottobre — i provvedimenti principali riguardavano altri ambiti (chiusure anticipate dei locali, palestre ancora aperte), ma il dibattito intorno al destino degli studenti si è fatto sempre più animato: la scuola era stata definita dal Premier Conte un “asset fondamentale” (dunque si era detto necessario che continuasse in presenza), ma lo scorso 25 ottobre era già stato decretato che sarebbe dovuta procedere a distanza, “almeno al 75%” alle superiori.
Cos’è cambiato con l’ultimo Decreto? Scopriamo insieme quali sono i provvedimenti sul mondo della scuola nel nuovo Dpcm.

Dpcm e scuola: cosa cambia?

Prima di vedere nel dettaglio le misure adottate per contenere i contagi nello svolgersi dell’ultimo mese, può essere utile ricapitolarle brevemente:

  • Didattica integrale digitale per le superiori in tutta Italia
  • Didattica integrale digitale anche per seconda e terza media nelle regioni rosse
  • Le università amministrano la gestione della didattica in base al Comitato Universitario Regionale e alle esigenze territoriali legate al contenimento della pandemia
  • Obbligo di mascherina anche al banco dai sei anni in su
  • Sospensione dei viaggi scolastici
  • Le riunioni degli organi collegiali sono consentite solo in modalità a distanza
  • Stop al concorso straordinario

Didattica integrale digitale per le superiori e divisione in zone

Il Dpcm appena firmato, che entrerà in vigore da venerdì, prevede la Didattica integrale digitale (Did, dunque, e non più Dad l’acronimo adottato) per le scuole superiori. Fino al 3 dicembre il 100% delle scuole di secondo grado, dalla classe prima alla classe quinta, seguiranno lezioni a distanza, salvo per le attività di laboratorio e per gli studenti con disabilità.

Il nuovo Decreto prevede inoltre una divisione delle regioni in zone, che saranno definite in base al tasso di contagi. Per le regioni rosse (quelle con il tasso più elevato) la didattica digitale sarà applicata anche per gli studenti di seconda e terza media.

Le università faranno invece riferimento al Comitato Universitario Regionale: l’organizzazione della didattica sarà pianificata in base all’andamento del quadro epidemiologico.

Mascherina anche al banco sopra i sei anni

Il nuovo decreto sancisce l’utilizzo dei dispositivi delle mascherine in tutti i luoghi chiusi che non siano abitazioni private. Un obbligo finora non previsto arriva dunque anche per gli studenti più piccoli, a cui la presenza a scuola è ancora garantita: i bambini sopra i sei anni dovranno adottare la mascherina, anche al banco.
Esonerati dall’utilizzo sono solo bambini e adolescenti con problemi respiratori o patologie incompatibili con l’uso della protezione.

Il dibattito intorno alla didattica a distanza dell’ultimo mese

La tensione riguardo le lezioni era già iniziata ad aumentare a metà ottobre, quando il mondo della scuola iniziava a chiedersi per quanto tempo si sarebbe potuti fare a meno della didattica a distanza. Non sarebbe stato piuttosto già il caso di far restare a casa tutti gli studenti più adulti (le classi più alte delle superiori), quelli che non avrebbero pesato eccessivamente sulle esigenze famigliari con la loro permanenza in casa, ma che avrebbero potuto sfoltire il numero di persone sui trasporti e gli esposti al contagio?

Già due settimane fa il presidente della Liguria, Toti, si era dichiarato di questa opinione e aveva ribadito la sua intenzione a riprendere la didattica a distanza per gli studenti di età più elevata. Dello stesso parere era Zaia, presidente del Veneto.
Non tutte le regioni erano però d’accordo: per molte di loro la scelta di mantenere gli studenti a casa è un rimedio ultimo, ed è ancora troppo presto per metterlo in conto. A maggior ragione considerata l’opinione nettamente contraria della ministra Azzolina, che ha continuato a ribadire che della didattica a distanza “non se ne parla”. Lasciare a casa i ragazzi, per la ministra, sarebbe una scelta avventata e ingiusta, sia perché i focolai in classe al momento sono contenuti, sia perché non c’è ancora motivo di venir meno alla promessa ribadita per mesi: niente misure restrittive per le scuole, frequentare è una priorità.

Gli scontri si sono fatti più accesi in seguito alla decisione di Vincenzo De Luca di chiudere le scuole in Campania. Conte in un primo momento era intervenuto ribadendo la necessità che la scuola continuasse in presenza, ma aveva già dichiarato che le misure da adottare sarebbero stato frutto di un compromesso dettato dalle emergenze sanitarie.

Con il decreto del 25 ottobre il Governo aveva preso posizione: per le superiori la didattica a distanza doveva costituire almeno il 75% delle lezioni, mentre per i più piccoli la presenza a scuola era ancora salvaguardata.
A questo punto spettava ai singoli presidi la decisione: come riorganizzarsi per seguire le nuove norme del decreto? Vale la pena dedicare il 25% della didattica in presenza esclusivamente alle prime e alle quinte, in modo che i ragazzi possano essere seguiti con maggiore attenzione?

Ragazzi, genitori, docenti e presidi si erano dichiarati particolarmente insoddisfatti dalla decisione, che andava a ledere l’autonomia scolastica sancita dalla Costituzione. La proposta dell’Associazione nazionale presidi al Decreto di fine ottobre era dunque quella di valutare l’offerta formativa dei diversi centri in base alle esigenze dei singoli territori di riferimento.

I provvedimenti adottati in precedenza

Niente gite scolastiche

Il 13 ottobre il Governo non si era espresso in via ufficiale su trasporti e didattica a distanza, ma esclusivamente sulle gite scolastiche, che sono state vietate per tutto l’anno.
Gli studenti dovranno rinunciare a un momento di convivialità da sempre atteso con impazienza, ma la decisione non ha bisogno di spiegazioni: in quanti sarebbero davvero partiti in queste circostanze?

Orari di ingresso modulati

Con il Dpcm di fine ottobre si era fatta ancor più necessaria la modulazione di orari di ingresso e uscita degli alunni alle scuole superiori, anche tramite l’inserimento di turni pomeridiani. In ogni caso, le lezioni si era detto che non sarebbero cominciate mai prima delle 9.00.
Gli interventi effettuati in questa direzione non sono entrati in vigore da subito, ma nel giro di qualche giorno, per garantire così una “migliore organizzazione”.

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