L’esorcista di William Friedkin. L’orrore e il desiderio
- Autore: Davide Persico
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
E se L’esorcista si collocasse oltre l’abusata definizione di horror più disturbante della storia? Se la possessione di Regan MacNeil recasse in sé valenze ulteriori, riconducibili ad esempio ad ambiti psicoanalitici? Sottotraccia alla teleologia fideistico/rassicurante della pellicola (il Bene che infine la spunta sul Male), a quali altre meta-significazioni possono rimandare le contorsioni, gli sputi, le bestemmie, gli atti impuri della bambina invasata dal demone Pazuzu?
L’aspetto innovativo su cui poggia l’analisi di Davide Persico nel saggio L’esorcista di William Friedkin. L’orrore e il desiderio (Meltemi 2024) risiede soprattutto nei focus psichici attraverso cui viene inquadrata la pellicola diretta da Friedkin.
Se lo Shining di Stanley Kubrick - rispetto allo Shining di Stephen King - è ormai letto come parabola sullo scivolamento nella schizofrenia di uno scrittore fallito, nessuno sinora aveva tradotto L’esorcista secondo canoni patologici, in special modo di natura traumatica e sessuale. Pur non eludendone l’efficace semantica horror, Davide Persico provvede infatti alla laicizzazione tematica del film, soffermandosi sugli elementi trans-mediali sottesi alla possessione diabolica di Regan. Come se il diavolo c’entrasse solo marginalmente con l’assunto reale della pellicola. Come se Pazuzu altro non fosse che la proiezione fantasmatica di Regan atta a dirottare sul demone il patrocinio delle crisi pantoclastiche e dei comportamenti impropri di cui è lei a essere artefice.
A sostegno della tesi agevolata dell’autore, un dato appare rilevante: l’età pre-puberale in cui si trova Regan nel momento in cui, nel film, soggiace alla possessione. Regan staziona infatti in quella terra di mezzo emotiva dove il sé-bambino è costretto al confronto con un sé-adulto non ancora compiuto. Una stazione evolutiva infida, terreno fertile per l’emersione al conscio di isterismi, traumi, rimossi, demoni dell’inconscio.
Torno a dire che alla luce delle intelligenti chiavi di lettura proposte da Persico, questi ultimi mi appaiono elementi carsici di lettura non trascurabili. L’autore se ne giova funzionalmente, rintracciando nella possessione di Regan ragioni, fra l’altro, legate a un complesso edipico irrisolto (la bambina è figlia di genitori separati) e a un trauma di natura sessuale. Entrambi i fattori parrebbero infatti incoraggiare la pre-adolescente all’eversione, alla costruzione psicotica di una realtà alternativa, dove il sé bambino ibridato con il sé demoniaco è autorizzato a essere altro, con l’alibi dell’etero-direzione diabolica a sgravarsi dal senso di colpa per il rifiuto delle norme di una famiglia inconsciamente percepita come disfunzionale.
Come è stato visto finora, emergono due cose importantissime: in primo luogo viene messa in discussione l’effettiva possessione della ragazzina, cosa che verrebbe confermata anche da Karras (il sacerdote scettico, ndr) quando registra l’incontro per comprendere appieno il fenomeno come prova da portare alla curia per autorizzare l’esorcismo. In secondo luogo, tutti gli aspetti relativi alla possessione di Regan e le sue manifestazioni estreme, inspiegabili e sovrannaturali, riguarderebbero, anche se camuffate, delle caratterizzazioni di tipo sessuale, delle pulsioni inconsce relative a dei complessi specifici, a dei conflitti interiori legati alla scoperta e acquisizione dei fantasmi dell’eros.
La puntigliosa analisi di Persico non trascura le psicologie frastagliate degli altri protagonisti della trama - a loro volta possessori di statuti interiori fratti, sofferenti, per motivi diversi traumatizzati, terreno ideale per le provocazioni della Regan-diavolo, concorrenti all’originale struttura meta-filmica del saggio. L’orrore e il desiderio è - non a caso - il sottotitolo anticipatore tematico del lavoro di Persico: orrore e desiderio (repulsione/attrazione) risultano in definitiva le coordinate attraverso cui si evolve la possessione di Regan, evolutivamente castrata - dall’inibizione familiare - nel tentativo di "costruire una propria identità sessuale”.
Un saggio degno del film capolavoro sul quale indaga: imperdibile.
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