

Con Il prodigio di Losanna (Delos Digital, 2025), Francesco Coppola, avvocato e scrittore, dà vita a un’ucronia quantomai interessante.
La domanda che sta alla base di queste pagine è infatti la seguente: cosa sarebbe successo se Benito Mussolini, partecipando nel 1904, a Losanna, a un convegno sull’esistenza di Dio e sfidando quest’ultimo, fosse finito vittima di un attacco cardiaco? E se, di conseguenza, il governo dell’Italia fosse passato nelle mani di Gabriele D’Annunzio, quale sarebbe stato il destino del paese?
Per andare ancora più a fondo fra le pieghe del romanzo, abbiamo intervistato l’autore.
L’intervista a Francesco Coppola
- Come nascono i suoi romanzi?
C’è sempre un’idea forte, e spesso paradossale, alla base delle mie storie: uno scarto dall’ordinarietà capace di spiazzare me per primo e con me i lettori che, bontà loro, avranno voluto condividere lo spaesamento tonificante che accompagna ogni colpo di scena, ogni deviazione da una linea narrativa prevedibile. Solitamente la “scena” in cui affondare il colpo è, classicamente, quella finale. Il finale ad effetto è, lo ammetto, un esito che mi aspetto sempre da lettore (anche quando nulla ci autorizza a presagire che ci sarà, e tuttavia è proprio in questi casi che se poi s’avvera lascia piacevolmente interdetti), ma m’intriga nella stessa misura anche quando scrivo, al punto che a volte mi capita di sviscerare una storia a ritroso, partendo dalla fine per riannodare tutti gli snodi narrativi fino a risalire all’unico principio possibile.
- Vuole svelarci qual è il primo colpo di scena nel caso de Il prodigio di Losanna?


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Nel caso del mio ultimo lavoro pubblicato da Delos Digital, il primo colpo di scena, trattandosi di un romanzo ucronico, sta proprio all’inizio del racconto, ne è il preludio necessario, l’antefatto surreale da cui si svilupperà una linea temporale alternativa, quella in cui la Storia prende una piega completamente diversa, sfugge alla rassicurante rilettura di ciò che è stato, di ciò che è dato, per sostanziarsi in ciò che avrebbe potuto essere, assurdo e verosimile al contempo. Se l’autore per i suoi personaggi è Dio, in un racconto di Storia alternativa è un Dio che necessariamente deve venire a patti con il percorso esistenziale effettivamente compiuto dai personaggi storici evocati, cercando di rimanere ancorato alla realtà quel tanto che è indispensabile per renderli, quei personaggi, riconoscibili, tangibili, e però capovolgendone le sorti, imbrigliandoli in un vortice di fantasia in cui dovranno sottostare alle regole di un universo “altro” che l’autore stesso ha ideato e costruito per loro. Va da sé che da un inizio così spiazzante - nel mio caso un giovane Benito Mussolini partecipa, il 26 marzo 1904, a Losanna, ad un convegno sull’esistenza di Dio, che sfida, dandogli dieci minuti di tempo per fulminarlo, altrimenti vorrà dire che “ho ragione a sostenere che Lui non esiste”, ma a differenza di come sono andate le cose nella realtà, qui Mussolini è davvero “fulminato”, ufficialmente da un arresto cardiaco, ma per i più per mano di quel Dio che aveva osato sfidare - da un inizio così spiazzante, si diceva, non possono che scaturire lungo tutto il tracciato narrativo ulteriori sorprese, più o meno brucianti o rassicuranti. Così Gabriele D’Annunzio diventerà capo del governo in un’Italia senza fascismo che, curiosamente, somiglia molto a quelle “democrature” che oggi inquietano anche la parte di mondo che sembrava essere diventata ormai immune da certe derive autoritarie o para-autoritarie...
- Il vero eroe del romanzo è Vincenzo Carroccia, un umile manovale: ci racconta il suo ruolo ed evoluzione nel libro?
Vincenzo Carroccia sarà testimone oculare del prodigio che aveva visto involontario protagonista il giovane facinoroso, miscredente, anarchico Mussolini. Dopo questo evento, da semianalfabeta affronterà, autodidatta, una trasformazione che lo renderà un uomo colto e pervaso da una profonda saggezza, oltre che da una fede incrollabile, ritrovandosi persino a giocare un ruolo decisivo, come un Forrest Gump ante litteram, nella stesura del Protocollo Pietropaolino, l’equivalente, nell’Italia senza fascismo, dei Patti Lateranensi tra Vaticano e Regno d’Italia. La ritrovata fede di Vincenzo gioca un ruolo decisivo in tutta la vicenda. Lui è convinto di avere la prova incontrovertibile che quello accaduto il 26 marzo 1904 sia stato sicuramente un evento sovrannaturale, a dispetto di quanto vanno ripetendo gli scettici che invece ascrivono la morte di Mussolini a un fatto del tutto naturale, sia pure capitato, per una coincidenza assolutamente fortuita, proprio quando quella giovane testa calda aveva dato il via alla sua inusitata sfida al Padreterno. Bisognerà attendere la conclusione del memoriale che in tarda età Vincenzo scrive sul quel fatto miracoloso e su come esso abbia avuto ripercussioni lungo tutta la sua vita - memoriale che poi costituisce il romanzo stesso - per conoscere questa prova suprema di cui egli è in possesso. Ma anche per dare un significato al concetto, anch’esso in qualche modo “alternativo”, che, proprio in virtù di questo riscontro inconfutabile, lui ha della sua fede, vissuta come una condanna e un tormento se ad essa non si può sfuggire né da essa si può fuggire, perché “i fatti sono il contrario della fede, sono la sua negazione, la fede ha bisogno di mettersi in discussione per affermarsi, per consolidarsi, per crescere, i fatti non ammettono discussioni”.
- Perché un lettore dovrebbe scegliere il suo libro?
Ho la presunzione di pensare che Il prodigio di Losanna sia un romanzo capace di toccare diversi temi, da quelli più intimistici, propri dell’io narrante e di tutti coloro, familiari e amici, che gli ruotano intorno, a quelli di carattere sociale e politico (che pure con i primi spesso si intrecciano indissolubilmente), che costituiscono lo sfondo immaginario in cui la mia storia, e la Storia che in essa si identifica, si dipanano. E dal momento che nei miei romanzi azione e ragionamento si amalgamano sempre in parti uguali, sono l’una il presupposto dell’altro e viceversa, chi vorrà potrà intraprendere questo viaggio in un tempo che non c’è mai stato senza temere di impantanarsi in un racconto algido o autoreferenziale, ma, ne sono fiducioso, capace di coinvolgerlo fino all’ultima pagina.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Francesco Coppola, autore di “Il prodigio di Losanna”
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