Secondo i dati diffusi solo qualche settimana fa dall’Associazione Italiana Editori (AIE) nel Rapporto sullo stato dell’editoria 2024, nei primi mesi di quest’anno si registra una stagnazione del mercato librario, con una lieve diminuzione delle vendite (-0,1%) e un conseguente calo delle copie vendute.
Si tratta di un dato che non stupisce e che calza bene con quell’immagine consolidata che fa dell’Italia una nazione dove si scrive troppo e si legge ancora troppo poco.
Nonostante questo, però, negli ultimi mesi abbiamo assistito anche a fenomeni inediti nel mondo libri e dei lettori: i silent reading party, appuntamenti dove ci si dedica alla lettura condivisa e silenziosa, in un bar o in una abitazione privata, appaiono sempre di più come una nuova moda; nel Regno Unito, invece, con le human library, c’è chi ha pensato bene di mettersi a prestare le persone piuttosto che i libri mentre a Milano qualcun altro ha deciso di salvare alcune piccole librerie indipendenti di quartiere con un assalto collettivo alle loro vetrine, svuotate con un acquisto massivo di libri di ogni genere.
Intervista a Chiara Faggiolani, docente di Biblioteconomia a La Sapienza di Roma
In quest’intervista, con l’aiuto della professoressa Chiara Faggiolani, cerchiamo di comprendere meglio i dati più recenti ma soprattutto ciò che sta cambiando nel mondo delle biblioteche, della lettura e dei lettori.
Chiara Faggiolani insegna Biblioteconomia presso il Dipartimento di Lettere e Culture Moderne dell’Università di Roma La Sapienza dove dirige il Laboratorio di Biblioteconomia sociale e ricerca applicata alle biblioteche (BIBLAB) e il Master in Editoria, giornalismo e management culturale. Dirige la rivista scientifica “AIB studi”, pubblicata dall’Associazione Italiana delle Biblioteche.
Nelle sue numerose pubblicazioni si è occupata di:
- bibliometria (La bibliometria, Carocci, 2015)
- ricerca qualitativa per le biblioteche, del rapporto di grandi intellettuali come Giulio Einaudi e Adriano Olivetti con le biblioteche,
- social reading (Le reti della lettura. Tracce, modelli, pratiche del social reading, Editrice Bibliografica, 2016),
- problema del tempo umano e del ruolo delle biblioteche per il benessere individuale e collettivo (Le biblioteche nel sistema del benessere. Uno sguardo nuovo, Editrice Bibliografica, 2022).
Libro città aperta. Le biblioteche e lo sviluppo umano (Fondazione Mondadori, 2024) è la sua ultima fatica, da pochi giorni in libreria.
- Buongiorno e grazie per il tempo che ha deciso di dedicare a Sololibri.net. I dati recentemente resi noti dall’AIE forniscono elementi nuovi riguardo al mercato editoriale italiano? E quest’ultimo come è cambiato durante e dopo il periodo della pandemia?
Il Rapporto AIE uscito da poco è molto interessante e fornisce una panoramica ampia e sfaccettata della rivoluzione silenziosa ma potentissima che la lettura sta vivendo. I risultati danno conferma di un mercato più ampio rispetto a quello pre-pandemico dove il libro a stampa continua a essere centrale ma dove tutta la dimensione audio sta crescendo enormemente intercettando fasce di pubblico che alle volte per varie ragioni rimangono lontane dalla lettura intesa come siamo abituati a pensarla tradizionalmente. Dal mio punto di vista questo è uno dei nodi: gli strumenti che vengono usati tradizionalmente per misurare la lettura non riescono più a intercettare le diverse modalità in cui si legge oggi e alcuni fenomeni interessantissimi a cui anche lei ha fatto riferimento. Mi riferisco proprio ai silent reading party: non si tratta affatto di semplice moda… ma di qualcosa che lascia intravedere comportamenti e bisogni che vanno meglio studiati.
Tornando al Rapporto AIE sono molto d’accordo con il presidente Cipolletta, quando dice che i libri sono ancora rilevanti come bussola per orientarsi in un mondo complesso. Lo penso anche io e lo riscontro in moltissime situazioni.
- Qual è e come sta cambiando il rapporto degli italiani con l’oggetto libro e con le biblioteche? La crescente presenza del digitale nei nostri consumi e nelle nostre pratiche sociali in che modo influisce su questo rapporto?
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Alla base della trasformazione del rapporto degli italiani con l’oggetto libro, con la lettura e con le biblioteche c’è a mio avviso la percezione e il ritmo del tempo. È un tema al quale mi sto dedicando molto e una linea di ricerca che sto valorizzando. Porto un esempio: se guardiamo ai lettori e incrociamo genere ed età possiamo osservare abbastanza nitidamente che il vero tallone d’Achille della lettura in Italia è concentrato nel segmento degli uomini tra i 25 e i 54 anni, la fascia all’apice della produttività ovvero – tenendo conto purtroppo della disparità tra uomo e donna nel mercato del lavoro – quella che dovrebbe trainare la crescita del Paese. Aggiungiamo altri dati: dalla ricerca NielsenIQ per Audible emerge un aumento importante degli ascoltatori di audiolibri e podcast: 700mila persone in più rispetto al 2023, quasi il 30% della popolazione. Un italiano su tre legge con le orecchie. E qui al contrario di prima gli ascoltatori di podcast sono in prevalenza uomini, proprio nella fascia 25-34 anni, molto connessi (oltre 4 ore al giorno passate su internet) ed equamente distribuiti per tutto il Paese.
Perché dunque quel segmento così impermeabile alla lettura risulta essere fortemente permeabile all’ascolto di audiolibri e podcast?
Se per i non lettori è la mancanza di tempo l’ostacolo principale, sempre il fattore tempo è alla base dell’ascolto di audiolibri e podcast. Per il 68% degli ascoltatori, la possibilità di ascoltare in modalità multitasking fa la differenza. Che vuol dire? “Leggere con le orecchie”, citando Giovanni Solimine, significa poter leggere mentre si fa altro. Questo fatto non è neutro ed è su questo che dovremmo fare uno sforzo interpretativo maggiore.
- Le lettura è stata per secoli determinante nella creazione di un immaginario collettivo e condiviso. Ciò continua a essere vero anche nell’epoca dell’IA? Che rapporto intrattengono i giovani con la lettura?
Un rapporto bellissimo a mio avviso ma tutto da riscoprire e comprendere meglio. Lo diciamo continuamente che non è vero che i giovani non leggono, spero che ormai questo stereotipo sia del tutto superato. La lettura continua ad essere assolutamente fondamentale nella creazione dell’immaginario collettivo a cui faceva riferimento prima.
Basta parlare con i ragazzi per comprendere che la relazione con la lettura è forte e profonda in moltissimi casi ma fluida. Spesso si tratta di una lettura perfino aumentata non ancorata a un unico mezzo e supporto ma distribuita in micro-nicchie temporali. Anche il Rapporto AIE lo mostra riportando dati interessantissimi. La cosa sulla quale riflettere in effetti è la trasformazione della cosiddetta “lettura profonda”, quindi il ruolo dell’attenzione, le conseguenze sulla memoria e il coinvolgimento emozionale. Ciò che riscontro anche empiricamente parlando con i miei studenti è una trasformazione delle scelte di lettura proprio in base al ritmo e alla densità del tempo. È su questo che dovremmo lavorare di più.
- Molti lettori affermano di non frequentare le biblioteche per mancanza di tempo, un elemento centrale quando ci interroghiamo sul nostro rapporto con la lettura e i libri. Quali strategie stanno mettendo in atto le istituzioni culturali e le biblioteche stesse a riguardo?
Purtroppo troppo poche. Manca nel mondo delle biblioteche – parlo in generale ma chiaramente ci sono eccezioni interessantissime – la consapevolezza di doversi posizionare nel tempo libero in modo più incisivo… il tempo libero è quello in cui “diventiamo profondamente umani”, quello in cui concretamente costruiamo la nostra essenza di persone. Purtroppo il tempo libero è lasciato completamente al caso. Da qui deriva l’assenza di strategie e banalmente per le biblioteche orari di apertura spesso del tutto inadeguati.
Questa scarsa consapevolezza deriva a mio avviso da una circostanza piuttosto curiosa: è poco diffusa nella formazione dei bibliotecari una conoscenza profonda di come funziona la conoscenza. C’è lavoro da fare su questo se vogliamo davvero immaginare biblioteche come una agenzia educativa nel paradigma dello sviluppo umano.
- Nei suoi studi e nei suoi interventi Lei ha parlato delle biblioteche come luogo di decelerazione. Quale ruolo giocano oggi, e quale ruolo potrebbero giocare in futuro, le biblioteche nella ricerca del benessere individuale e collettivo?
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Il ruolo delle biblioteche come nodo del sistema del benessere nelle comunità è riconosciuto: mi pare ci siano importanti documenti ad esplicitarlo, penso al Manifesto IFLA Unesco per le Biblioteche pubbliche del 2022, alla Carta di Milano delle biblioteche, al Rapporto BES dove nel dominio Istruzione e formazione troviamo un indicatore tutto dedicato alla fruizione delle biblioteche, ma non solo. Il mondo della salute e della cura sta guardando alle biblioteche e più in generale alla lettura con interesse perché ormai ci sono tante evidenze che descrivono le importanti ricadute in termini di benessere e qualità della vita. Penso ovviamente al lavoro che in Italia il Cultural Welfare Center sta facendo su questo che è letteralmente straordinario.
Non pensiamo però solo ai documenti, cominciamo ad avere anche tanti dati che ci dimostrano l’opportunità che le biblioteche rappresentano: chi frequenta le biblioteche lo dice chiaramente che si tratta si spazi sicuri “fonte di benessere mentale”. Non sono parole mie, sto citando risultati emersi da numerose indagini condotte all’interno del Laboratorio BIBLAB.
Dunque, credo che il lavoro da fare da ora in avanti debba spostarsi su due fronti: da una parte una riflessione sulle competenze dei bibliotecari in tal senso e dall’altra l’idea di lavorare in modo più strategico a partire anche dalle buone pratiche.
Stiamo organizzando a Roma con l’Istituto Superiore di Sanità un importante convegno su Biblioteche e medical humanities per il prossimo 5 dicembre. Sarà un momento importantissimo di confronto.
- Negli ultimi anni i libri sembrano veicolare un’esigenza crescente di condivisione. Come spiega fenomeni sociali come i gruppi di lettura, i silent reading party e gli assalti alle vetrine delle librerie?
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Come dicevo prima sono fenomeni che devono assolutamente essere studiati e in questo momento è proprio a questo che mi sto dedicando. Il ruolo della lettura come motore di sviluppo di comunità è davvero straordinario e potentissimo e queste iniziative che nascono dal basso e che però sfuggono a ogni radar ci ricordano un tragitto cominciato negli ani cinquanta e che però poi si è improvvisamente interrotto. Ho raccontato questa vicenda nel mio libro dedicato alle biblioteche di Adriano Olivetti che lei ha richiamato in apertura.
Ora tornando al presente e partendo sempre dai dati credo che la sintesi possa essere un po’ questa. La esplicito in modo un po’ brutale: è come se ci fosse una progressiva sfiducia verso le istituzioni culturali tradizionali, a fronte di una domanda di partecipazione culturale tutt’altro che debole. La prova è che le biblioteche sono semi-vuote, mentre come funghi nascono dal basso esempi di comunità di lettori come quelle che lei ha richiamato. Insomma io ho l’impressione che il flusso della cultura non passi più attraverso le sue istituzioni ma si muova in spazi e tempi completamente diversi.
- Il caso delle human library, invece, sembra spingere l’asticella un po’ più in là. Le biblioteche possono costituire un argine a quella che Zygmunt Bauman ha definito la solitudine del cittadino globale?
Certo. La solitudine è una vera e propria epidemia. C’è una importantissima letteratura su questo, penso al bel libro della economista Noreena Hertz, Il secolo della solitudine (Saggiatore, 2021) ma anche a tanti dati che cominciamo ad avere. Senza entrare nelle ricerche, per avere una panoramica suggerisco la visione di "Presa Diretta" che in un approfondimento, lo scorso 20 ottobre, si è occupata di questo fenomeno definito dall’OMS: “un problema di salute pubblica globale”.
Attraverso un viaggio tra Italia, Giappone e Gran Bretagna l’amica Lisa Iotti ha mostrato come è cambiato il modo di vivere, di lavorare, di abitare gli spazi nelle grandi città per capire perché da soli ci si ammala di più e il mondo appare più ostile. Di questi temi e altri ci siamo occupati anche in Libro città aperta, il libro uscito da pochissimi giorni per Fondazione Mondadori. In questo libro il tentativo è stato rispondere in modo corale a questa domanda: “alla costruzione di quale tipo umano le biblioteche vogliono contribuire?”.
Un tipo umano che non teme la complessità, che valorizza lo spirito critico, che scende nella profondità delle cose, che assume una postura empatica e solidale... sono solo esempi. Io credo che ne abbiamo molto bisogno.
- Grazie per la collaborazione.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il futuro di biblioteche e lettori: intervista a Chiara Faggiolani, docente di Biblioteconomia
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