Anna Alagi è nata nel 1981 in provincia di Cosenza e vive ad Alessandria. Si è laureata in Scienze Giuridiche all’Università del Piemonte Orientale con una tesi in Diritto processuale penale. Da anni si occupa di marketing e comunicazione aziendale. Nella collana Istantanee di Edizioni della Sera esce oggi “L’equilibrio perfetto della felicità” (2017, pp. 226, euro 15,00), romanzo d’esordio dell’autrice con la dedica
“In memoria del piccolo Giacomo. Per i miei figli, Federico e Gabriele”.
In queste intense pagine ispirate a una storia vera, Anna Alagi racconta la vita di Federica, una giovane madre che si trova a dover affrontare un dramma, la grave malattia del suo secondo figlio.
“Malformazione congenita. Due parole che sopraggiungono come un tuono a squarciare la mia esperienza di madre, in una gelida mattina d’inverno, con il ghiaccio per le strade e i fiori appassiti sui davanzali disadorni della città”.
Abbiamo intervistato Anna Alagi.
- “Volerò sulle ali del mondo, nel cielo infinito, volerò. Resterò per sempre bambino, è questo il destino che incontrerò”. Anna, per quale motivo hai scelto come esergo del tuo romanzo una strofa della sigla del cartone animato Le nuove avventure di Peter Pan?
È un omaggio al piccolo Giacomo e a sua madre, donna straordinaria. Spesso ciò che si legge nei libri, non è molto distante dalla realtà. È il caso de “L’equilibrio perfetto della felicità”, che ho iniziato a scrivere quando quel dramma di cui narra,
“potevo quasi torcerlo tra le mani”
(questa è un’espressione che usa la protagonista, Federica). Volevo che il ricordo di quel bimbo rimanesse lieve, dolce, almeno nella mia mente. Volevo ricordarlo come un piccolo Peter Pan. Scorrendo il testo si scopre che questo motivetto ricorre nelle giornate trascorse in ospedale, e poi ancora a casa. È come una colonna sonora che vuole portare gioia, senza timore di falsare il dolore, ma, piuttosto, come un impulso a non perdere la speranza e la fiducia nella vita.
- “Battezzo questi come i giorni della solitudine”. Desideri descrivere la personalità della protagonista del romanzo?
No. È la sua condizione, la condizione del momento in verità. Durante i giorni trascorsi in ospedale, si susseguono delle vere e proprie fasi, sono legate all’alternanza delle necessità del momento. Compie un vero e proprio percorso a ostacoli, fra questi, la solitudine descrive al meglio la sua condizione in alcuni giorni cruciali in cui tutto, ma proprio tutto, sembra non avere più forma, i suoi compagni di viaggio sembrano essere spariti, eccetto suo marito, che le rimane accanto e che condivide con lei il dolore, ma alla sua maniera, naturalmente.
- In che cosa consiste “L’equilibrio perfetto della felicità”?
È una domanda complessa, e richiederebbe una risposta altrettanto complessa, ma credo di sapere cosa ti risponderebbe Federica, la protagonista del romanzo; «È quello stato che puoi raggiungere solo se indossi le lenti giuste!». Il filtro attraverso cui osserviamo il mondo, e la vita stessa, altera la nostra percezione della realtà, la distorce, in modo positivo o negativo. Noi, solamente noi possiamo scegliere come affrontare un dolore, per quanto grande esso sia.
(A tal proposito, cito una produzione per il teatro in collaborazione con un’amica e stimata attrice professionista, Federica Sassaroli, che stiamo mettendo in cantiere e che presenteremo nel 2018 - che tocca proprio queste corde, profonde, quelle della nostra percezione della realtà.)
- “Il tempo si è fermato. I problemi dei nostri bambini sono gli unici a cui tutti diamo retta. Non c’è distrazione, solo torpore e una lieve speranza che una luce dal fondo del tunnel l’abbia vinta, riuscendo a rischiarare la vita”. Nella difficile circostanza nella quale si trova Federica, quanto è importante il rapporto con le madri degli altri piccoli pazienti?
Non è importante ma fondamentale. È come se Federica si nutrisse delle loro storie, sono la sua spalla, la sua forza, anche quelle più tragiche. Mi sento di rimarcare il concetto per cui lei, la protagonista, si sente al sicuro all’interno dell’ospedale, a differenza di suo marito, perché lì sente di non essere diversa, sono tutti diversi e tutti uguali a lei.
- Nella pagina dei ringraziamenti hai definito la pubblicazione del romanzo come “la realizzazione di un sogno”. Quali consigli daresti a un giovane scrittore che desidera veder pubblicato il suo libro?
Sono felice della domanda; tenacia, tanta, e fiducia in se stesso, principalmente in se stesso. Di certo gli ostacoli non mancheranno, anzi, ne emergeranno continuamente di nuovi, ma ciò che farà la differenza sarà “credere” profondamente nella propria scrittura. E poi, ancora, avere qualcosa da comunicare attraverso la storia che si è deciso di narrare, non è detto che il concetto debba essere profondo, è sufficiente che ci sia, che esista e che per l’autore sia importante. Spesso c’è più smania di esporsi che non di raccontare, ma è una contraddizione, ed è anche abbastanza sciocco dedicare infinite ore alla scrittura, senza avere, in fondo, qualcosa da comunicare agli altri.
Non è detto che tutto vada sempre come vorremmo, ma senza gratitudine per ogni piccolo passo compiuto, sarà difficile arrivare alla meta.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista ad Anna Alagi che presenta il suo libro d’esordio
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