Ilaria Rossetti nasce a Lodi nel 1987. Nel 2007 vince il Campiello Giovani con il racconto La leggerezza del rumore. Nel 2008 risulta vincitrice assoluta del concorso Logos indetto dalla Giulio Perrone editore che pubblica il suo romanzo d’esordio "Tu che te ne andrai ovunque".
Ilaria, intanto ti do il benvenuto a quella che non sarà la solita intervista chilometrica, ma solo 4 chiacchiere contate.
- Prima chiacchiera. Devi molto ai premi letterari: hai vinto prima il più importante premio per la letteratura giovane in Italia, poi il Logos di Perrone che ti ha spalancato le porte per la tua prima pubblicazione. Quando hai candidato “La leggerezza del rumore” al Campiello Giovani avevi la percezione di aver scritto un racconto speciale, pensavi di arrivare così in alto, oppure era solo uno dei tuoi tanti tentativi narrativi? E cosa hai provato quando, nel corso della cerimonia, hai scoperto di essere tu la vincitrice?
Al Campiello Giovani ci sono arrivata un po’ per caso, contenta che, per una volta, fossero ammessi a concorrere racconti anche di buona lunghezza (con tanti concorsi, il mio problema era il troppo elevato numero di cartelle …). “La leggerezza del rumore” l’avevo scritto qualche settimana prima, ed era un racconto cui tenevo moltissimo, per vari motivi. Ho partecipato senza aspettarmi niente, per testarmi dopo il Premio Subway 2006 Under 19, che avevo vinto l’anno prima. Quando è arrivata la vittoria, è stata un’emozione fortissima: essere a Venezia era, per me, già una grande soddisfazione; ma vedere il mio racconto aggiudicarsi il premio ha significato dare valore a quello che avevo scritto, un “dare giustizia” a un lavoro narrativo in cui credevo tanto. Non ci può essere gioia più grande, per chi scrive. E il Campiello Giovani ha costituito un ottimo biglietto da visita, un’ulteriore spinta a continuare a scrivere.
- Seconda chiacchiera: Si fa un gran parlare delle difficoltà che incontri un autore sconosciuto a convincere un buon editore a pubblicarlo. Tu, che da sconosciuta hai ottenuto una pubblicazione molto importante, ritieni che sia davvero così? È davvero possibile che un piccolo capolavoro letterario sia condannato a non venire mai alla luce solo perché scritto da uno sconosciuto, oppure tante volte questa storia dei cattivi editori che cestinano tutto viene utilizzata dagli autori esordienti per far tacere la coscienza e la verità di non essere dei buoni autori, per esempio?
Credo che, a proposito di esordienti, ci sia da fare un po’ di chiarezza. Sicuramente il panorama letterario italiano è un luogo ostico e ingarbugliato, dominato prevalentemente da un’ottica da commercio: un libro, tante volte, più che essere di qualità, deve vendere. Questo, di fondo, non è sbagliato: un libro nasce per avere un pubblico, per essere letto; non può vivere di nicchie e critica, deve arrivare alla gente, permettere a chi l’ha stampato e diffuso di continuare a fare il proprio lavoro, e a chi l’ha scritto di continuare a scrivere. Detto questo, è ovvio che un simile atteggiamento penalizza i salti nel buio: sono pochi gli editori che hanno il coraggio e le possibilità di scovare autori sconosciuti e farli esordire a un adeguato livello. Pochi, ma non è vero che non ve ne siano: molte case editrici, soprattutto quelle di piccole-medie dimensioni, fanno dello scouting un punto di forza, e spesso ottengono grandi risultati; il lavoro della Giulio Perrone ne è un esempio. Agli aspiranti autori, resta la responsabilità di scrivere qualcosa che valga la pena di essere letto e l’oculatezza di inviarlo alle persone giuste. Non è sempre facile, su questo siamo d’accordo, ma non è certo impossibile.
- Terza chiacchiera: “Tu che te ne andrai ovunque” è un libro di amore e solitudini, violenza, terrorismo, culture lontane e precariato. Un esordio coraggioso in un momento letterario in cui prolifera la letteratura chick lit, i blog trasformati in libri o le saghe di vampiri prodigio. Cosa ti ha spinto a scrivere di questi argomenti?
Lo dico sempre: cerco di scrivere ciò che mi piacerebbe leggere. E non m’interessa leggere storie che non lascino un solco profondo, che non mi facciano riflettere: così come quindi non m’interessa scriverle. Il contenuto di “Tu che te ne andrai ovunque” non viene da molto lontano: viene da una quotidiana osservazione di persone, disagi, fatti, problematiche, paure; volevo fotografare lo stralcio di una generazione e le sue mancanze, volevo raccontare un giorno che raccogliesse in sé i turbamenti che più sento appartenere all’Italia giovane del 2009. Non penso che la letteratura debba fornire delle risposte, ma piuttosto che si dedichi ad aggrovigliare ancora di più le domande, a scavare, tormentare. Il romanzo è nato così, mescolando e legando le mie ossessioni: ha detto bene una volta Giorgio Vasta, tante volte scrivere non è altro che uno spazio bianco dove si puntellano chiodi fissi e argomenti che stanno a cuore, cercando di collegarli come si può.
- Quarta chiacchiera: I tre protagonisti dichiarati sono Eva, Nicola e Argo, però a me sembra che la vera protagonista sia la piccola Ari col segreto che custodisce nello zainetto e la sua triste storia alle spalle culminata nel grande gesto d’amore finale nei confronti di Nicola, che decide di salvare. Sono tantissimi i bambini condannati a crescere in fretta. Secondo te che uomini e donne saranno da grandi? Il passato segna e distrugge o segna per ricostruire nel futuro una persona migliore di tante altre?
I protagonisti del libro sono tanti, la loro identificazione dipende da chi legge. Ari sì, è una bambina senza infanzia, già segnata da un dramma che le è stato imposto, da scelte che non sono sue, da distorsioni umane che, suo malagrado, di trova a incarnare. Di bambini così ce ne sono tantissimi, e la responsabilità di questo è solo degli adulti e delle nostre città: Milano stessa, nel romanzo, sembra “mangiare” Ari, divorarsela e portarsela fino al suo ventre scuro - la metropolitana -, dove la cancellazione di Ari come bambina avviene in via definitiva. Però, come dici tu, rimane un ultimo gesto d’amore. Quindi certamente il passato è una coperta della quale non ci libererà mai, qualcosa che può anche distruggere: l’irrisolto, il non-detto, i rimpianti; tutto questo è comune ad Ari, Argo, Nicola ed Eva. Tuttavia il passato determina anche le identità di ciascuno, e in quanto tale è l’unico punto di partenza per una qualsiasi progressione, una qualsiasi vita.
Questa era l’ultima chiacchiera: non mi resta che salutarti e ringraziarti per aver accettato il mio invito, facendoti molti in bocca al lupo per il tuo futuro. Se vuoi lasciare un messaggio al mondo intero, qui puoi farlo.
Un messaggio? In questo momento ho la vivacità intellettiva di un mollusco … Grazie a te, e che crepino i lupi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ilaria Rossetti
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