Statua di Diogene, presente a Sinop, Turchia, luogo di nascita del filosofo — Foto di oscarespinosa /depositphotos.com
Diogene di Sinope è l’esponente principale della filosofia cinica: anche se non si tratta di una scuola vera e propria, questa corrente filosofica, che prende le mosse da Socrate e ha il suo fondatore in Antistene, diviene in età ellenistica, proprio grazie a Diogene, molto popolare.
Da alcuni considerata come un precedente del pensiero anarchico, la filosofia cinica, così chiamata dal termine greco kyon-kynós = cane, animale con il quale Diogene stesso si identificava, tanto da essere soprannominato “il cane”, destabilizza profondamente l’immagine classica dell’uomo greco e si configura come l’espressione più riottosa e destabilizzante di alcune esigenze di fondo delle età ellenistica e imperiale.
La vita di Diogene di Sinope
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Come apprendiamo soprattutto dall’autore delle Vite dei filosofi, Diogene Laerzio (da non confondere con il nostro) e da altre testimonianze, Diogene visse nel IV secolo a.C., nato a Sinope (città dell’attuale Turchia), fu contemporaneo di Alessandro Magno, del quale era poco più vecchio e visse soprattutto a Corinto dove morì nello stesso giorno in cui il grande imperatore macedone trovò la morte a Babilonia, dunque il 10 o 11 giugno del 323 a.C.
Tra gli aneddoti che ci permettono di tratteggiare la figura di Diogene, ma anche la sua filosofia che si configura soprattutto come una pratica di vita, tutta tesa a incarnare i precetti già tematizzati dal maestro, è particolarmente interessante quello che racconta, appunto, dell’incontro con Antistene.
Diogene si imbatte in quest’ultimo quando arriva ad Atene ma non trova un’accoglienza molto calda: Antistene non voleva vedere nessuno e cominciò a scacciarlo, puntandogli anche un bastone contro, Diogene allora gli porse la testa e lo invitò a colpire, così da essere sicuri che non ci fosse un legno così duro da farlo desistere dal desiderio di essere istruito da lui. Diogene riesce così ad averla vinta sullo scontroso maestro e diventa suo uditore.
Il pensiero del filosofo cinico Diogene
Tutto il progetto filosofico di Diogene potrebbe essere riassunto nella celebre frase “cerco l’uomo”, che si dice fosse solito pronunciare quando andava in un affollato mercato, con una lanterna in mano. Immagine provocatoria, che ricorda molto da vicino quella dell’uomo folle della Gaia scienza di Nietzsche, che si ben si comprende se ricordiamo che Diogene, come Antistene, è interessato all’uomo nella sua naturalità. Egli cerca l’uomo capace di vivere secondo la sua essenza più profonda, che non tiene conto dell’esteriorità e delle convinzioni sociali, che non si cura della sorte e della fortuna e che, solo così, riesce a essere felice.
In un’altra celebre testimonianza si racconta che Diogene gridasse spesso che gli dei avevano concesso agli uomini facili mezzi di vita che però erano stati sottratti alla vista: egli vuole ritrovare quei facili mezzi e mostrare che l’uomo ha sempre a disposizione ciò che gli occorre per essere felice, se sa riconoscere la sua vera natura.
Ciò lo porta a rifiutare gli studi astratti, le discipline teoretiche ma anche le arti: Diogene afferma che la matematica, la fisica, la musica e l’astronomia sono assurdità inutili e che i bisogni davvero essenziali sono quelli dell’uomo in quanto animale. Era soprannominato “il cane” perché conduceva una vita simile a quella di un cane randagio, convinto di poter vivere senza aver bisogno di nulla, desideroso di rinunciare a tutto pur di essere libero. Diogene, però, ebbe in grande considerazione anche i topi: secondo Teofrasto fu proprio uno di questi animaletti, che vagava senza meta, a mostragli la soluzione delle sue difficoltà. Il topo infatti non ha casa, non ha paura delle tenebre, non ha una meta ossia non ha quegli obiettivi o scopi che ci vengono di solito imposti dalla società; bisogni indotti, diremo oggi, ma non necessari.
Gli ideali etici di Diogene
Diogene non è un semplice epigono di Antistene, radicalizza il suo messaggio etico praticando in prima persona i suoi precetti etici: ciò lo rende una figura tanto controversa quanto esemplare, grazie alla quale l’etica cinica può essere colta compiutamente.
Egli scelse di avere un mantello di dimensioni doppie così da poterci dormire dentro e girava con una bisaccia per le cibarie, usava ogni luogo indifferentemente - dai portici alle sale dei templi, alla celebre botte – per farci qualsiasi cosa, dormire, mangiare e anche conversare. Era il suo modo di essere davvero libero, attraverso la rinuncia a ogni bene materiale e superfluo.
Tale libertà raggiunge vette estreme quando si declina in libertà di parola, franchezza nel parlare (parrhesia): Diogene era noto per una sfrontatezza invereconda che talvolta rasentava l’arroganza, soprattutto verso i potenti.
Altre testimonianze ci raccontano di un uomo che praticava sfacciatamente la libertà d’azione (anáideia): consumava atti sessuali in pubblico; orinava, proprio come un cane, sugli avanzi di un banchetto che gli erano stati gettati addosso; sputava sulle persone che abitavano case sontuose e aristocratiche. Non lo faceva per il solo gusto di provocare ma soprattutto per mostrare che i costumi dei suoi concittadini, quell’ethos che distingueva la civiltà greca in tutto il Mediterraneo, non erano né naturali né necessari.
Come per Antistene, anche per Diogene la libertà e la virtù sono il frutto di un cammino faticoso dove l’esercizio e la fatica sono le sole parole d’ordine in grado di temprare il corpo e lo spirito: solo così l’uomo virtuoso riesce a sopportare le fatiche imposte dalla natura e a dominare i piaceri che vanno evitati in ogni modo perché fiaccano lo spirito e rendono l’uomo schiavo.
Il punto d’arrivo di questa pratica di vita è ben esemplificato dall’aneddoto probabilmente più famoso a proposito di Diogene: di fronte all’imperatore Alessandro Magno, che gli chiedeva cosa volesse, il filosofo cinico rispose all’uomo più potente della terra di scansarsi e di lasciargli il suo sole. Ciò perché per la filosofia cinica l’uomo virtuoso raggiunge l’autárkeia, l’autosufficienza, basta a sé stesso e consegue l’apatia, rimane indifferente a tutto ciò che lo circonda.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Diogene: vita e pensiero del filosofo cinico
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