Conosciamo il giornalista autore del brano della seconda prova di Maturità per il Liceo linguistico.
La prova a cui sono sottoposti gli studenti del Linguistico per la Maturità consiste nella traduzione di un brano tratto dal giornale quotidiano “El diario”, in cui Javier Zurro parla di un film documentario su un ebreo internato in un campo di concentramento nel sud della Francia.
Vediamo vita e opere del giornalista spagnolo.
Chi è Javier Zurro
Javier Zurro è un giornalista specializzato nell’industria cinematografica. Laureato in giornalismo presso l’Università di Valladolid, si è specializzato nel settore grazie al Master in Analisi Audiovisiva della stessa università e al corso di storia ed estetica del cinema tenuto dalla Cattedra di Cinema di Valladolid.
Ha lavorato presso El Norte de Castilla ed è stato responsabile delle notizie cinematografiche presso El Confidencial e El Español. Ha iniziato a scrivere su El Norte de Castilla, per poi passare ai media nazionali con El Confidencial, dove è stato responsabile della sezione Film dal 2013 al 2016, quando è entrato a far parte di EL ESPAÑOL, giornale creato da Pedro J. Ramírez, per essere responsabile della sezione specializzata in Informazioni e serie cinematografiche.
Di cosa parla il testo di Javier Zurro
Il documentario, Pepi Fandango, da cui è tratto l’articolo di Zurro in questione segue i ricordi di un ebreo sfuggito ai campi di concentramento durante la Seconda guerra mondiale. Grazie all’incontro con un gruppo di zingari viene introdotto al mondo del flamenco e del fandango, trovando in essi una speranza.
Qui di seguito riportiamo la traduzione di alcuni estratti dell’articolo di Javier Zurro:
Peter Perez fu internato da bambino, insieme alla sua famiglia ebreo-sefardita, nel campo di concentramento di Rivesates, nel sud della Francia. Lì, tra miseria e dolore, scoprì il flamenco. Lo ha fatto grazie ai bambini gitani rifugiati della guerra civile che si accalcavano nelle baracche e cantavano per comunicare con i loro genitori dall’altra parte del filo spinato. Attraverso la musica esprimevano il loro dolore, la loro pena, il loro desiderio di ricongiungersi.
Peter è stato segnato da quella musica. Stabilì con essa un rapporto complicato. Ascoltarla lo faceva estraniare da quei tempi duri. Anche se è fuggito dal campo, è sempre stato segnato dalla ferita dell’Olocausto. La musica lo riporta al momento peggiore della sua vita, ma è anche ciò che lo fa andare avanti.
Nel passaggio seguente il protagonista del documentario evidenzia l’importanza della musica nei momenti di disperazione. Ricorda l’esperienza traumatica descrivendo il ruolo salvifico del flamenco e del fandango in un momento di grande commozione.
Cantando potevano guardarsi l’un l’altro. E questo mi è rimasto dentro, come diciamo qui in Andalusia. L’idea che l’arte sia un sistema di comunicazione mi è rimasta impressa. Parlavano attraverso la musica. Dicevano: "Ho fame, ho sete". Per me il flamenco è vita e nient’altro", dice prima di presentare il suo film al Festival del Cinema.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi è Javier Zurro, protagonista della seconda prova di Maturità 2024 del Liceo Linguistico
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