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Significato di parole, proverbi e modi di dire

Accidia: cosa significa?

Parliamo di accidia: cosa significa, da dove ha origini e quando si usa quella che è una delle parole utilizzate anche dal maestro Dante Alighieri.

Genny Di Filippo
Genny Di Filippo Pubblicato il 14-11-2018

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Accidia: cosa significa?

Termine non così usuale, parliamo qui di accidia cercando di definire cos’è, quali sono le origini e in quali contesti si utilizza.

L’etimologia della parola è sempre il nostro punto di partenza: accidia deriva dal latino acidĭa(m) o acedĭa(m) e ricorre anche nel greco. La sua definizione si riferisce senza dubbio al comportamento di una determinata persona e il suo utilizzo si lega, per questo, al giudizio verso qualcuno o qualcuna.

In generale per accidia si intende l’atteggiamento avversivo nei confronti dell’agire unito al tedio. Per usare dei sinonimi potremmo dire pigrizia, inerzia, indolenza e così via.

Una definizione ulteriore è quella legata al mondo religioso, in particolare cattolico: in questo caso l’accidia identifica ugualmente l’indolenza nell’operare ma riguarda in particolare le azioni buone, il "fare del bene".

Il cattolicesimo inserisce l’accidia tra i sette peccati capitali e a parlarne è anche Dante Alighieri nella conosciuta Divina Commedia. Approfondiamo nel paragrafo successivo il concetto di accidia per il poeta.

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L’accidia e l’accidiosi: da Dante Alighieri a Papa Francesco

A parlare di accidia è lo stesso Dante Alighieri che riprende alcune definizioni teologiche e condivide l’idea di uno stato peccaminoso.

Il peccatore è colpevole della mancanza di volontà mostrando un atteggiamento spirituale caratterizzato da tiepidezza d’animo, negligenza, ma soprattutto scarso amore per il bene. Il soggetto è condizionato sotto numerosi aspetti tanto da essere collocato da Alighieri nella IV Cornice del Purgatorio.

Propio qui sconta la sua pena, costretto a correre senza tregua lungo la Cornice. La descrizione della pena riservata agli accidiosi, come li chiama Dante, la troviamo nel Canto XVIII del Purgatorio.

Tra gli accidiosi il poeta inserisce l’abate di San Zeno a Verona ma di questa scelta non si hanno motivazioni o informazioni particolari.

A descrivere l’accidia sono anche altri: numerosi i personaggi che ne hanno dato una rappresentazione attraverso le parole. Proprio come Tommaso d’Aquino che ha definito l’accidia come una tristezza opprimente che produce nell’animo dell’uomo una depressione tale per cui non si ha più voglia di fare nulla.

O anche Giovanni Boccaccio, secondo il quale l’accidia tiene gli uomini così inebriati e oscuri, come il fumo tiene quelle parti alle quali egli si avvolge.

Ma non solo nel passato: l’accidia torna anche nei giorni nostri attraverso le parole di Papa Francesco che nel 2017 ha ricordato l’importanza di non macchiarsi di questo peccato capitale. Finito nel dimenticatoio è in realtà causa di insoddisfazione cronica nei tempi moderni. L’accidioso relega la propria quotidianità ad uno stato di noia, trascorrendo giornate vuote e prive di esperienze positive.

Al contrario l’essere umano esiste in quanto persona chiamata a scegliere, come sosteneva lo stesso Sartre, e non può bloccarsi o voltarsi dall’altra parte facendo finta che tutto quello che accade intorno a lui non lo riguarda. Le energie, ricorda Papa Francesco, devono essere investite nella collettività e nella ricerca del bene comune. In questo modo, di riflesso, si lavorerà anche per il proprio bene.

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