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Sindrome di Stoccolma: cos’è e perché si chiama così?

Sindrome di Stoccolma: cos'è e perché si chiama così. Origine e significato del termine

Federica Ponza
Federica Ponza Pubblicato il 20-10-2017

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Sindrome di Stoccolma: cos'è e perché si chiama così?

Cos’è la sindrome di Stoccolma? Si sente spesso parlare di questa particolare condizione psicologica e, oltre a domandarsi quale sia il significato questa espressione, ci si chiede anche perché si chiama così.

In realtà la sindrome di Stoccolma non viene considerata una patologia e alla base di essa ci sono dei meccanismi inconsci, legati all’istinto di sopravvivenza. Vediamo cos’è e perché si chiama così.

Sindrome di Stoccolma: cos’è?

La sindrome di Stoccolma è una condizione psicologica che si verifica quando la vittima di un rapimento o di un episodio di violenza sviluppa dei sentimenti positivi nei confronti del rapitore o della persona che ha compiuto la violenza, arrivando addirittura a provare dipendenza psicologica o affettiva.

Nei casi più estremi questo tipo di sentimento può trasformarsi in amore o in totale sottomissione volontaria, che porta la vittima ad allearsi o a provare un sentimento di solidarietà con il suo assalitore.

Non è raro, inoltre, che nel caso in cui si manifesti questa condizione psicologica, la vittima possa arrivare addirittura a sviluppare un sentimento di complicità con il carnefice, aiutandolo a raggiungere i suoi obiettivi e vedendo un nemico nella polizia o in coloro che cercano di salvarla.

Questa sindrome, secondo quanto stabilito dalla psicologia moderna, è una specie di meccanismo di difesa inconscio del cervello e permette alla vittima di non subire uno shock emotivo.

La vittima, dunque, prova dei sentimenti di identificazione con l’aggressore, arrivando addirittura a sentirsi parte di un “noi”, contrapposto a “loro fuori”.

Sindrome di Stoccolma: perché si chiama così?

Perché la sindrome di Stoccolma si chiama così? Il nome deriva dal luogo in cui per la prima volta è stata descritta questa condizione psicologica.

In occasione della rapina alla banca Sveriges Kredit Bank, situata a Stoccolma appunto, messa in atto da Jan-Erik Olsson - 32enne evaso dal carcere - che prese in ostaggio tre donne e un uomo.

La prigionia degli ostaggi durò 131 ore e al termine di esse il rapitore venne catturato e le persone tenute prigioniere liberate.

A seguito di questo evento, vennero svolte delle sedute psicologiche a cui presero parte le vittime del rapitore, le quali evidenziarono un sentimento positivo nei confronti di Olsson.

Gli ex ostaggi, infatti, affermarono addirittura che il rapitore aveva restituito loro la vita e si sentivano in debito con lui.

Il termine è stato coniato dal criminologo e psicologo Nils Bejerot e gli studi su questa sindrome iniziarono proprio a partire dalla rapina di Stoccolma.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sindrome di Stoccolma: cos’è e perché si chiama così?

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