Corrado Sobrero non c’è più. Era uno scrittore di enorme talento e se n’è andato improvvisamente, prima di coronare il suo legittimo sogno di diventare uno scrittore conosciuto. Legittimo perché era bravo, ma soprattutto perché aveva dei messaggi straordinari da dare al mondo.
Io l’ho conosciuto personalmente, perché ho avuto la fortuna di imbattermi nei suoi scritti e perché ho voluto farmi il regalo di andare a incontrarlo. Ed è stato uno dei regali più belli che mi sia fatta in vita mia.
Avevo letto il suo ultimo e-book "Il canto della Balena" e lì era cominciata la storia straordinaria che sto per raccontare.
Una lettura che mi aveva catturato fin dalla prima pagina, con il suo stile fatto di poche parole, che però penetravano il cuore per direttissima. Duecentododici pagine in cui mi ero trovata ad emozionarmi con stupore e incredulità. Ogni personaggio ed ogni situazione avevano una cassa di risonanza enorme, nonostante fossero descritti con poche pennellate. In particolare un personaggio femminile mi aveva scosso nel profondo: ero io quella, io con certi segreti mai confessati ad anima viva, forse in parte nemmeno a me stessa. Corrado Sobrero, sconosciuto incontrato su un forum in cui si mostrava come un guitto burlone, sembrava conoscermi nelle mie emozioni più viscerali ed io mi ero sentita amata dal cielo, tanto che mi scorrevano rivoli di lacrime mentre leggevo.
Avevo scritto la recensione del libro in pochi minuti, di getto, senza quasi ricorreggerla.
L’avevo pubblicata sulla sua pagina e lui, dopo averla letta, mi aveva scritto poche parole, com’era nel suo stile: "Bellissima, sono commosso. Hai centrato tutto. Grazie di cuore". Avevo capito subito che non era un ringraziamento banale. Corrado non era semplicemente soddisfatto di come avevo presentato il suo libro: era commosso, perché si era sentito capito. Del resto come avrebbe potuto essere diversamente, se lui aveva capito me senza nemmeno sapere che esistessi?
Avevamo cominciato a corrispondere ed avevo scoperto una persona dalla rara sensibilità, abbastanza impenetrabile, ma che sentivo molto vicina su un piano profondo. Dovevo incontrarlo, non me lo potevo perdere.
Saltai dunque su un treno ed andai a Milano. Mi ritrovai davanti un uomo grande e robusto, che quando mi parlava tendeva ad abbassare lo sguardo o a ridere con fare un po’ teso. Timidissimo, arguto ed ironico, dotato però di uno sguardo alquanto misterioso, che celava altro rispetto a quello che mostrava a prima vista. Ed io capii che quell’altro era tutta la profondità dell’autore de Il Canto della Balena, una profondità in cui c’erano gioie, dolori, vita vissuta e penetrata nei suoi sensi più nascosti. Per questo motivo sapevo che non dovevo arrendermi alla sua timidezza, al fatto che cercava di mostrarsi molto più distaccato, razionale e superficiale di quanto non fosse in realtà. Tanto che quando iniziai a parlargli di me e lui provò a contestare alcune affermazioni, chiedendomi spiegazioni, io lo guardai decisa negli occhi e gli dissi: "Ma tu queste cose le sai benissimo, falla finita, non ti devo spiegare proprio nulla!".
A quel punto accadde una cosa bellissima: Corrado sorrise. Non che avesse tenuto il broncio prima, tutt’altro, ma quello che mi spalancò era un sorriso ben diverso. Gli vidi tutti i denti, ma soprattutto ebbi la gioia di vedergli gli occhi luminosi come fino a quel momento non aveva avuto. Corrado capiva ed era contento che io lo sapessi, che non mi fermassi all’apparenza, perché avevo conosciuto la sua anima nel suo libro.
Inutile dire che me ne innamorai praticamente subito, anche se mi accorsi di essere senza scampo solo un po’ più tardi, quando iniziò a raccontarmi le sue storie. Anche le piccole cose, da parte sua, non erano mai banali e a volte mi accadeva che il suo modo di fare, essenziale e vibrante, mi accendesse dei riflettori potenti, capaci di illuminare a giorno parti del mio passato o delle mie emozioni che non ricordavo o che ignoravo di possedere. Ogni volta che avvicinavo Corrado, dunque, ne uscivo arricchita, provvista di nuove risorse per affrontare i piccoli e grandi problemi di tutti i giorni e per pormi grandi obiettivi. Con Corrado mi conoscevo, crescevo, mi fortificavo, nonostante non fosse affatto una persona facile con cui interagire, con i suoi silenzi impenetrabili e le sue mille contraddizioni. E con Corrado ridevo tantissimo, ridevo di cuore, grazie alla sua fantasia ed alla sua ironia che, sebbene a volte amara, sapeva diventare esplosione di gioia.
Quando poi lessi e recensii Il Mercante di Vaniglia, mi convinsi che quell’uomo era davvero benedetto dal cielo, lo stesso cielo in cui lui affermava che non ci fossero altro che molecole di aria, ma che parlava suo malgrado attraverso la sua penna. E anche lì scoprii che lui conosceva senza saperlo un pezzo importantissimo di me, tanto da permettermi di recuperarlo e rifarlo mio.
Se n’è andato improvvisamente all’età di quarantaquattro anni, dopo questa breve intensissima apparizione nella mia vita. Il vuoto che mi ha lasciato è incolmabile, ma non trovo parole per ringraziare chiunque l’abbia messo sulla mia strada, fossero state anche appunto le singole molecole di aria che componevano, a detta sua, il suo cielo.
Ho raccontato questa storia perché è bellissima ed è vera, perché abbiamo bisogno tutti di miracoli come questo e perché più persone possibile devono sapere che al mondo esistono anche i Corradi Sobrero, oltre ai tanti personaggi negativi che ci disturbano ogni giorno. E l’ho raccontata anche perché sogno che i suoi libri diventino conosciuti, dando la possibilità ad un grande pubblico di attingere al suo meraviglioso mondo interiore. Corrado è vivo e deve vivere il più possibile. E deve sorridere.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Galeotta fu la Balena: in ricordo di Corrado Sobrero
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