Sono stato più cattivo
- Autore: Enrico Ruggeri
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2017
L’ho letto di filato, in un sabato e qualcosa. Nemmeno si trattasse dell’ultimo John Grisham, per dire. Non credo c’entri col fatto che Enrico Ruggeri ha scritto anche qualche romanzo giallo e quindi sa come tenerti sulla corda. Nel caso specifico credo c’entrino piuttosto altre cose: prima fra tutte il coraggio di raccontare fuori dai denti la sua vita da rock star (intendo raccontarla luci-ombre, discese ardite e risalite, fango e stelle per dirla come una sua canzone ontologica).
“Sono stato più cattivo” (Mondadori, 2017) è l’autobiografia che potevi aspettarti solo e soltanto da Enrico Ruggeri: il più ininquadrabile, trasversale, punk-francese-rock, anomalo, dei cantautori italiani. Il meno comiziante seppure capace di cantartele a dovere (vedi i due schiaffi ravvicinati al benpensantismo sanremese con Primavera a Sarajevo e Nessuno tocchi Caino). Lo stesso di Si può dare di più (con Morandi & Tozzi) ma, d’altro canto, l’autore di Il mare d’inverno e di un lotto articolato di ballate dall’aura esistenziale/decadente sulla scia. Ciò che più mi colpisce di questa sua minuziosa autobiografia è la totale assenza di spirito agiografico: Enrico Ruggeri non se la tira, non se la tira affatto: maudit va bene ma senza compiacimento. Rispetto al maledettismo studiato-esibito (come patente di successo) da certi rockerini e rockeroni, di qua e di là dell’oceano, quelle di Ruggeri appaiono piuttosto trasgressioni consequenziali al vissuto (cioè non solo e non sempre consequenziali al ruolo). Tentativi di oblio. Compensazione di un malessere che poco o niente ha a che vedere con l’iconografia bella & dannata del front-man di successo.
C’è anche da dire che queste sono letture mie, poiché Enrico Ruggeri si piazza bene alla larga da psicologismi/intellettualismi manifesti: racconta e basta, comprese le zone d’ombra, che gli appartengono. Racconta (scrive) senza analgesici, con assoluta sincerità: dalla Milano degli anni di piombo (subìti) alla Milano da bere del ribellismo individuale e del successo in poi. L’apprendistato dell’artista da giovane, in primis: via Decibel, l’Inghilterra, papà vicino e lontano (tra i passaggi più commuoventi di questo libro), amori tanti, amici e nemici (idem), l’Inter, sliding doors, tanta musica (“c’era solo musica/ tanta nuova musica”). In fin dei conti un bel po’ di vita da fantasista, assemblata “dal vivo”. Fra le pagine chiare e le pagine scure di un’autobiografia a-mitologica, impudica sin quasi il sanguinamento, intrisa com’è di autentica umanità.
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