L’operaio
- Autore: Ernst Jünger
- Genere: Politica ed economia
Specialmente tra i più appassionati apologeti del progresso quando si sente il nome
di Ernst Jünger cresce la grave ombra del sospetto. E certamente Jünger, soprattutto
con “Der Arbeiter. Herrschaft und Gestalt”, pur in modo assai paradossale, lancia il suo
grido di guerra all’individualismo occidentale, alla democrazia, all’illuminismo, in una
parola alla “Civilisation”.
Eppure, "L’Operaio", pubblicato un anno prima che Hitler conquistasse il potere, non
è un comune libro antimoderno e reazionario nè, esattamente, un saggio nostalgico
o "romantico". In un periodo di forte crisi economica, politica e valoriale, il saggio
si propone di affrontare il relativismo utilitarista e la demagogia ad esso connessa
per guidare, dopo le disastrose conseguenze della Pace di Versailles, il popolo
tedesco a dignità imperiale. Prima de “L’Operaio” Jünger riuscì ad essere un celebre
autore di romanzi di guerra (“Nelle tempeste d’acciaio”, “La lotta come esperienza
interiore”, “Boschetto 125”), un acuto e audace giornalista politico e, in virtù delle
quattordici ferite riportate nella Prima guerra mondiale che gli valsero la medaglia Pour
le mérite, un vero e proprio eroe, celebrato dalla destra nazionalista, dallo stesso futuro
Führer, ma anche dalla sinistra nazionalbolscevica di Ernst Niekisch.
Negli scenari infuocati della Prima guerra mondiale, sotto cieli di proiettili e il cigolio
ripetitivo dei carri da guerra, il giovane Jünger intravede la cifra di giganteschi mutamenti
epocali. Ne “L’Operaio” porta a frutto tali osservazioni con uno sguardo da "sismografo"
rivelando come l’uomo sia lo strumento di elementari forze telluriche che con la tecnica
assumono una rivoluzionaria e terribile potenza dentro uno scenario metafisico di cui è
perno una dimensione eterna dalla quale procedono, durante ogni ciclo storico, le Forme.
Con un’originale ripresa della concezione ciclica dell’Essere e della filosofia nietzscheana,
Jünger considera il proprio tempo come un "Interregno" dove i valori del passato non sono
ancora tramontati e quelli nuovi, destinati a dominare, non sono ancora perfettamente
giunti alla massima espressione. Il "borghese" che crede nei valori di ieri ma che, con
un atteggiamento nostalgico, non sa dominare la tecnica per ricreare il proprio tempo, è
destinato a scomparire lasciando spazio all’Operaio.
L’Operaio è una figura metafisica che, spersonalizzandosi attraverso l’uso della tecnica,
è in grado di incarnare dei principi sovraindividuali facendosi eone della nuova parusia
della Forma. La Forma è significativamente definita come "un tutto che comprende
più della somma delle sue parti" e rappresenta non solo una forza trascendente, ma
la concreta metafora dell’Operaio e dello Stato Organico costituito appunto non dalla
mera somma degli individui (atomi), ma da una superiore entità che non si riduce
all’addizione dei propri elementi. Con un chiaro attacco alla civiltà occidentale fondata, a
suo avviso, sull’individualismo e su una concezione astratta della libertà, Jünger ambisce
a "kulturalizzare" la “Civilizzazione” adoperando gli strumenti della modernità per creare un
Tipo d’uomo che sia effige diretta della Forma e concreta manifestazione del suo Dominio.
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