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Recensioni di libri

Una donna di Annie Ernaux

L’orma Editore, 2018 - Le parole di Annie Ernaux ci trascinano, facendoci sentire sorelle nella perdita indicibile di chi ci ha generato, di chi a modo suo certamente ci ha amato, che in varie fasi della esistenza non abbiamo capito, accettato, voluto.

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 10-04-2018

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Una donna

Una donna

  • Autore: Annie Ernaux
  • Genere: Storie vere
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Anno di pubblicazione: 2018

Credo si debba essere coetanee di Annie Ernaux per apprezzare e godere intensamente delle pagine che la scrittrice francese ha scritto mesi dopo la morte di sua madre. Io lo sono.

“Mia madre è morta lunedì 7 aprile nella casa di riposo dell’ospedale di Pontoise, dove l’avevo portata due anni fa. Al telefono l’infermiere ha detto: «Sua madre si è spenta questa mattina, dopo aver fatto colazione». Erano circa le dieci”.

Questo è l’incipit secco e freddo di “Una donna” con cui Annie Ernaux ci racconta, in poco meno di cento pagine, la vita e la morte di sua madre, ripercorrendo pezzi della sua storia che abbiamo già letto negli altri libri della autrice francese. Qui però si respira un dolore, un’empatia, una voglia di capire fin nel profondo cosa ci ha legato ad una madre amata, respinta, criticata, vista con i diversi occhi dell’infanzia, dell’adolescenza, della piena maturità, attraverso la ricostruzione del percorso della vita di questa donna nata povera, ambiziosa, grande lavoratrice, determinata ad uscire da una minorità sociale per consentire all’unica figlia superstite di fare il salto culturale che le consentirà di diventare un’insegnante borghese, benestante ed appagata.
Nelle pagine del libro la donna del titolo viene analizzata, dissezionata, osservata nei suoi comportamenti di madre, di moglie, di commerciante, di nonna, dall’unica figlia amatissima ma tanto diversa da sé. Dalla nativa Normandia, dal lavoro durissimo in campagna, in fabbrica, in negozio, questa madre onnipresente segue la figlia finché può, la vede studiare, la incoraggia, la lascia andare via, sposarsi, avere dei figli, separarsi dal marito. Dopo la morte del suo uomo accetterà di vivere con la famiglia della figlia, sentendosi inutile, fuori posto, inadeguata e deciderà di far ritorno nel luogo dove ancora trova qualche eredità del suo passato. I vestiti, i capelli, il modo di parlare, i cibi, i rapporti con i vicini, con i clienti del negozio, nella narrazione l’autrice trova posto per ogni tessera di questo puzzle sentimentale alla ricerca del segreto dell’amore mai troppo esplicitato di una madre che ora non c’è più, con la quale non si può più parlare né chiedere.

“Anche se vivevo lontana da lei, fintanto che non ero sposata continuavo a appartenerle”,
“Non sto scrivendo su di lei, piuttosto ho l’impressione di vivere assieme a lei in un tempo, in luoghi in cui è ancora viva”,
“Mi è sembrato di trovarmi davanti alla ragazza che mi aveva partorito con difficoltà, in una notte di guerra”.

La memoria di Annie Ernaux si attiva con una fotografia dei genitori il giorno delle nozze, con un souvenir sul comodino che è l’ultima cosa che era appartenuta a sua madre malata di demenza senile e del tutto immemore negli ultimi due anni di vita, con i libri e i giornali che leggeva voracemente per sentirsi alla pari con gli altri, con gli abiti leggeri che indossava da giovane, e con i tailleur austeri e scuri che sceglieva dopo che si era imbiancata, rinunciando ai suoi capelli tinti di rosso. Un amore che in vita non era riuscito ad estrinsecarsi in gesti d’affetto fisico, permeato da un timidezza dei gesti, dei discorsi, da un formalismo sociale accentuato dai tempi in cui la madre era cresciuta, da un distacco dovuto alle circostanze della vita che tenevano ormai lontane madre e figlia, separate dal muro della malattia, dalla incomunicabilità, dalla inconsapevolezza, dal tempo in cui i ruoli si devono invertire, e la figlia deve accettare di fare da madre a sua volta.

“Era necessario che mia madre… diventasse storia perché io mi sentissi meno sola e fasulla nel mondo dominante delle parole e delle idee in cui, secondo i suoi desideri, sono entrata”.

Ci sono interi periodi, intere pagine, in cui le parole di Annie Ernaux ci trascinano, facendoci sentire sorelle nella perdita indicibile di chi ci ha generato, di chi a modo suo certamente ci ha amato, che in varie fasi della esistenza non abbiamo capito, accettato, voluto. Quando ho finito di leggere “Una donna”, ho ricominciato. È un libro prezioso.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Una donna

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Commenti: 1

  • Vincenzo Mazzaccaro
    17 luglio 2018, 11:59

    Una donna è un libro all’apparenza freddo alla "Camus" ma in realtà ho pianto Molto per la scomparsa di mia madre.
    Romanzo ambiguo, dunque, che non fa sconti a questa donna piccolo borghesi che non sa vestirsi con proprietà, che non ha letto i libri giusti, ma doveva lavorare per far studiare
    La figlia. La scrittrice scrive a un certo punto scrivere e leggere è un lusso.

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