La morte difficile
- Autore: René Crevel
- Categoria: Narrativa Straniera
"-Mi fate ridere.
Il salotto d’Auteuil, un calvario, la sventurata è lì che s’aspetta altre sciagure, mentre suo figlio, un leone chiuso in gabbia, rimugina qualcosa".
Pierre, è così che si chiama il leone ingabbiato, protagonista dell’inquietante romanzo di René Crevel, "La morte difficile" (Einaudi, 1992, pp. 161), diventato nella Francia degli anni ’30 un romanzo di culto.
Crevel, autore semisconosciuto in Italia (questa è difatti la prima traduzione di una sua opera narrativa), è legato al movimento dei surrealisti, riveste i panni del classico dandy dei primi del Novecento e diviene ben presto un personaggio in vista nell’ambiente mondano parigino. "La morte difficile" rispecchia perfettamente la vita dell’autore, tanto da potersi considerare uno scritto autobiografico. Pierre, oppresso dall’illimitato perbenismo della madre, la Signora Dumont-Dufour, irrimediabilmente indaffarata con le sue tazzine di tè, i suoi biscottini delle cinque del pomeriggio, ben amalgamata con il colorito pallido del suo salotto da ricca borghese, non tenta neanche di arginare il profondo disprezzo per tutto ciò che di marcio lo circonda.
Omosessuale e peccatore, aristoide viziato e vizioso, eppure in continua lotta con l’oleoso ambiente in cui è costretto a vivere, non riuscendo a placare la sua ira, l’odio intrinseco che lo accompagna da sempre, cercando, seppure invano, di sovvertire gli equilibri ben saldi delle signore borghesi e perbene che si accomodano sulle poltrone di casa sua, il giovane dandy si sente al sicuro solo tra le braccia di Diane, il suo doppio al femminile.
"Diane sa tutto, almeno tutto ciò che Pierre deve fare, vedere, sentire, leggere per essere felice. Diane è la saggezza di Pierre, e lui si intenerisce, pensa d’aver trovato in lei, finalmente, la felicità".
Pierre è inquieto, vagabondo, misterioso e cupo. Diane è remissiva, mite, accondiscendente, accomodante; sembra quasi assumere le fattezze di un fantasma, con la sua consistenza eterea e profumata. La ragazza, perdutamente innamorata di questo borghese al rovescio, il quale, invece, arde di desiderio per un compositore di nome Arthur - Arthur Bruggle -, fallisce nella sua missione di salvataggio, di soccorso di quell’anima in pena, di quell’angelo caduto dal cielo ed ora non più in grado di rialzarsi.
Nella continua attesa che Arthur dimetta i panni di uomo libero - ma la sua libertà è solo puro egoismo - e si allacci per sempre all’affetto che Pierre gli dona, senza batter ciglio, il ragazzo, ferito e dolorante, con il cuore già colmo di quell’amarezza familiare che lo aveva fatto sempre sentire come un essere anormale - quel figlio "un po’ degenere" che la Signora Dumont-Dufour aveva avuto la disgrazia di concepire - decide di porre fine alle sue sofferenze. Per sempre.
Morto suicida a soli 35 anni, René Crevel scrive questo complesso romanzo nel 1926: il racconto scandaloso di una vita al limite, la raccolta dei pensieri più intimi di un giovane dall’aria spavalda e annoiata, obbligato entro i limiti di un’esistenza troppo stretta per la sua enorme sensibilità.
Senza esclusione di colpi, Crevel descrive, con grande energia e prontezza di stile, la morte di un uomo troppo grande per questo mondo così piccolo e meschino. Un breve capolavoro non solo dimenticato, ma addirittura semi sconosciuto. Da assaporare passo dopo passo.
"Diane è mica così forte, perché lei esiste solo in funzione di me, solo riguardo alle ossessioni che pretende di guarire. Lo stesso bene che vuol farmi, la fonte è in me, mica in lei, dato che, se non m’avesse conosciuto, non saprebbe neanche cos’è. Bruggle invece mi piace per il solo fatto che c’è. La sua essenza mi rimane più chiusa di una mandorla. Se pure gli obbedisco, disposto a tutte le sue voglie, potrebbe farmi a pezzi ma gli direi mica i miei segreti, la mandorla che Diane, per esempio, m’ha invece aperto di sua spontanea volontà. Ce le diamo, ci facciamo male. Niente, fra noi, che non sia una lotta".
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