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Recensioni di libri

Il tempo della musica ribelle. Da Cantacronache ai grandi cantautori italiani di Salvatore Coccoluto

Stampa Alternativa, 2012 - Questo libro ha tutte le carte in regola per introdurvi al meraviglioso mondo della canzone sociale di ieri e di oggi (non di soli singoli, tormentoni e remix vive la canzone, sapete?)

Mario Bonanno
Mario Bonanno Pubblicato il 29-10-2012

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Il tempo della musica ribelle. Da Cantacronache ai grandi cantautori italiani

Il tempo della musica ribelle. Da Cantacronache ai grandi cantautori italiani

  • Autore: Salvatore Coccoluto
  • Genere: Musica
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2012

Dedicato ai forzati del canta che ti passa, ai devoti di Raffaella Carrà, agli analfabeti musicali di ritorno: vi evocano qualcosa nomi come Cantacronache, Canzoniere italiano, Caterina Bueno, Ivan Della Mea? Niente di niente?

Se proprio non vi va di cospargervi il capo di cenere, correte almeno a comprarvi “Il tempo della musica ribelle” (Stampa Alternativa, 2012) e cominciate a farvi un’idea di ciò che vi siete persi: il libro ha tutte le carte in regola per introdurvi al meraviglioso mondo della canzone sociale di ieri e di oggi (non di soli singoli, tormentoni e remix vive la canzone, sapete?).

L’autore è Salvatore Coccoluto, classe novecentosettantotto (anno fatidico per la storia d’Italia, non vi dico perché: anche in questo caso fate le vostre ricerche), uno che all’epoca di “Gioia & rivoluzione” (Area) era più o meno in fasce, ma si è rimboccato le maniche, dato da fare coi dischi e gli archivi (soprattutto quelli dell’Istituto Ernesto De Martino, fondato da Gianni Bosio e attivo nelle ricerche sul microcosmo popolare/proletario), e - al fine di rimpolpare il proprio excursus - incrociato la strada di non pochi mostri sacri (da Paolo Pietrangeli a Gualtiero Bertelli, da Eugenio Finardi ad Alessandro Bertelli, da Claudio Lolli a Giovanna Marini), per dimostrare - per i più duri di comprendonio (e nella fattispecie annovero anche alcuni sedicenti critici musicali) - che se è vero che a canzoni non si fan rivoluzioni, nei casi migliori poco ci manca.

La disamina di Coccoluto non si limita all’archeologia storico-discografica dei padri della patria social-cantautorale (Guccini, De Andrè, De Gregori, per limitarmi ad alcuni), ma contempla anche i loro discendenti (sui Gang e Alessio Lega ci metto la mano sul fuoco, sui Tete de bois avrei qualche riserva): poiché i tempi cambiano quasi sempre in peggio ma non è detto che tutti quelli che ancora cantano nei dischi debbano farlo come D’Alessio o la Pausini.

Rapido passo indietro a mo’ di rinforzo: bisognerebbe intendersi una volta per tutte su senso e significato della definizione “canzone sociale” (nelle diverse declinazioni di “canzone politica”, “canzone di protesta”, “canzone di impegno civile”, “canzone antimilitarista”). In "Bella ciao. Canto e politica nella storia d’Italia" (Laterza, 2005), Stefano Privato si spinge ancora più in là di Coccoluto, rintracciando nei canti sociali di fine Ottocento il capo del filo rosso che porta alle ballate dei moderni cantautori. Il dato mi sembra incontrovertibile: soltanto chi si ostina ad assumere in accezione leggera (pop) la forma-canzone può avere da obiettare sul legame intrinseco che corre tra la ballata d’autore e la tematica sociale. L’ottimo lavoro di Coccoluto, non a caso, muove dall’italietta fresca di dopoguerra degli anni Cinquanta, là dove è possibile individuare con la fondazione di Cantacronache (il “movimento” di ricerca e diffusione dell’”altra” canzone, fondato da Michele Straniero e Sergio Liberovici) l’antitesi dialettica al “bel canto” (tutto ugola e niente contenuto) che la faceva da padrone. Aldilà dei rapporti - non sempre facili - tra epigoni della ballata politica e cantautori (per una Caterina Bueno che “arruola” il giovane De Gregori come chitarrista, un Ivan Della Mea che continuerà a guardarlo sempre con diffidenza), è indubbio che l’interscambio c’è stato, e la canzone di contenuto risulta in qualche modo debitrice di quel “filone musicale”. Questo mi sembra il dato saliente de “Il tempo della musica ribelle” che viene ad arricchire la collana “(S)Concerto”, proponendosi come un tassello ulteriore nella bibliografia ragionata sulla canzone sociale.

Costa poco più che una serata a un cinema di Milano (14 euro), ma è più intelligente della maggior parte delle americanate in circolazione oggi; inoltre ti fa venire voglia di approfondire la ricerca (per i più volenterosi e/o interessati all’argomento si consiglia caldamente il sito online www.ildeposito.org).

Il tempo della musica ribelle. Da Cantacronache ai grandi cantautori italiani

Amazon.it: 14,00 €

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il tempo della musica ribelle. Da Cantacronache ai grandi cantautori italiani

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