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Il rumore delle perle di legno Forniture assortite – 5 maggio 2016
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- Lunghezza stampa180 pagine
- LinguaItaliano
- EditoreRizzoli
- Data di pubblicazione5 maggio 2016
- Dimensioni13.2 x 1.8 x 19.9 cm
- ISBN-108817087122
- ISBN-13978-8817087124
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Dettagli prodotto
- Editore : Rizzoli (5 maggio 2016)
- Lingua : Italiano
- Forniture assortite : 180 pagine
- ISBN-10 : 8817087122
- ISBN-13 : 978-8817087124
- Peso articolo : 200 g
- Dimensioni : 13.2 x 1.8 x 19.9 cm
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 132,221 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
- n. 10,774 in Narrativa contemporanea (Libri)
- n. 14,277 in Narrativa letteraria (Libri)
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Innanzitutto, NON è affatto il "Il nuovo capitolo della Masseria delle allodole", come recita la copertina. A parte che per il tema della sottile e dolorosa estraneità degli Armeni della diaspora e per come questa ha influenzato formazione e interessi dell'autrice, nulla o quasi richiama le vicende de "La masseria delle allodole" e de "La strada di Smirne". Casomai è un seguito de "Il cortile dei girasoli parlanti", ossia una collazione di ricordi staccati, sebbene legati da un filo comune.
Insomma, il libro sembra più un'operazione editoriale, come sembra confermare anche la stampa a caratteri grandi e con interlinea esagerata, per gonfiarne le dimensioni.
L'aspetto peggiore tuttavia è il testo, dove manca totalmente la meravigliosa pietas per i personaggi, mostrata dall'autrice negli altri suoi libri.
Non sembra esserci affetto da parte della voce narrante, ma freddezza ed egoismo (se non addirittura rancore), soprattutto quando parla dei genitori, ai quali si riferisce per nome proprio e non con 'mamma' e 'papà', e dei fratelli, con gli unici cenni affettuosi riservati ai nonni.
Il fatto che la voce narrante parli del proprio personaggio in terza persona, e chiamandolo sempre Bambina (con la B maiuscola), anche quando è adolescente, anche quando sarà sposata e già madre, certo non aiuta a rendere il testo meno freddo. Così come non aiuta il tono eccessivamente manierato della prosa.
Per di più, certi atteggiamenti caratteriali e certi dettagli della vita intima dei genitori, raccontati in questo modo, appaiono meschine rivelazioni di umane meschinità. Non che certi fatti della vita vadano ipocritamente taciuti, ma per raccontarli, e perché il racconto arricchisca il lettore, serve un distacco ed una pietas che in questo testo mancano.
Viene il timore che, come tanti autori che non sono veramente scrittori, Antonia Arslan avesse una sola grande storia da raccontare, ed esaurita quella, cada nel banale. Speriamo che non sia così
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