15,20 € con 5 un risparmio percentuale
Prezzo consigliato: 16,00 €

Questo è il prezzo di vendita di un prodotto che viene consigliato da un produttore e che viene fornito da un produttore, fornitore o venditore. Amazon mostra il Prezzo consigliato come prezzo di riferimento a scopo di confronto tra prezzi.
Maggiori informazioni
I prezzi degli articoli in vendita su Amazon includono l’IVA. In base all’indirizzo di spedizione, l’IVA potrebbe variare durante il processo di acquisto. Per maggiori informazioni clicca qui.
Resi GRATUITI
Consegna GRATUITA venerdì, 17 maggio sul tuo primo ordine. Maggiori informazioni
oppure consegna più rapida domani, 15 maggio. Ordina entro 16 ore 21 min. Maggiori informazioni
Disponibilità immediata
15,20 € () Include le opzioni selezionate. Include il pagamento mensile iniziale e le opzioni selezionate. Dettagli
Prezzo
Subtotale
15,20 €
Subtotale
Scomposizione del pagamento iniziale
Costi e data di spedizione e totale dell'ordine (tasse incluse) indicati al momento del pagamento.
Spedizione
Amazon
Spedizione
Amazon
Venditore
Amazon
Venditore
Amazon
Resi
Restituibile entro 30 giorni dal ricevimento
Restituibile entro 30 giorni dal ricevimento
L'articolo può essere restituito in condizioni originali entro 30 giorni dal ricevimento per ottenere un rimborso completo
Resi
Restituibile entro 30 giorni dal ricevimento
L'articolo può essere restituito in condizioni originali entro 30 giorni dal ricevimento per ottenere un rimborso completo
Pagamento
Transazione sicura
La transazione è sicura
Ci impegniamo a proteggere i tuoi dati e la tua privacy. Il nostro sistema di protezione dei pagamenti crittografa i tuoi dati durante la trasmissione. Non divulghiamo i dati della tua carta di credito a venditori terzi né rivendiamo i tuoi dati personali a terze parti. Maggiori informazioni
Pagamento
Transazione sicura
Ci impegniamo a proteggere i tuoi dati e la tua privacy. Il nostro sistema di protezione dei pagamenti crittografa i tuoi dati durante la trasmissione. Non divulghiamo i dati della tua carta di credito a venditori terzi né rivendiamo i tuoi dati personali a terze parti. Maggiori informazioni
Immagine del logo dell'app Kindle

Scarica l'app Kindle gratuita e inizia a leggere immediatamente i libri Kindle sul tuo smartphone, tablet o computer, senza bisogno di un dispositivo Kindle.

Leggi immediatamente sul browser con Kindle per il Web.

Con la fotocamera del cellulare scansiona il codice di seguito e scarica l'app Kindle.

Codice QR per scaricare l'app Kindle

Si è verificato un errore. Riprova a effettuare la richiesta più tardi.

Giù nella valle Copertina rigida – 24 ottobre 2023

3,9 3,9 su 5 stelle 800 voti


Questo articolo è acquistabile con Carta Cultura Giovani, Carta del Merito e/o Carta del Docente quando venduto e spedito da Amazon: Sono esclusi prodotti di Venditori terzi del Marketplace. Il Bonus è strettamente personale e può essere utilizzato esclusivamente dal suo titolare. Termini e condizioni
{"desktop_buybox_group_1":[{"displayPrice":"15,20 €","priceAmount":15.20,"currencySymbol":"€","integerValue":"15","decimalSeparator":",","fractionalValue":"20","symbolPosition":"right","hasSpace":true,"showFractionalPartIfEmpty":true,"offerListingId":"%2FILToDuDe%2Bwc2xC0cDFwyXpXZZ84KhXdEk7aPydSOYqCi01Q1A%2BWYkl29eVIyKVqowZIcYh3JvDHAF8NHW9vIYrvMuJhV07UIogJrFOqBHZCsxhyXy%2BZMtuNzmvm1Gmy1Js63yKpLSgq1YFFnLBegA%3D%3D","locale":"it-IT","buyingOptionType":"NEW","aapiBuyingOptionIndex":0}]}

Opzioni di acquisto e componenti aggiuntivi

Ci sono animali liberi, cupi e selvatici, altri che cercano una mano morbida e un rifugio. In mezzo, tra l’ombra e il sole, scorre il fiume. I due fratelli sono Luigi e Alfredo, un larice e un abete: a dividerli c’è una casa lassù in montagna, ad avvicinarli il bancone del bar. E poi Betta, che fa il bagno nel torrente e aspetta una bambina. In questo romanzo duro e levigato come un sasso, Paolo Cognetti scende dai ghiacciai del Rosa per ascoltare gli urti della vita nel fondovalle. La sua voce canta le esistenze fragili, perse dietro la rabbia, l’alcol e una forza misteriosa che le trascina sempre più giù, travolgendo ogni cosa. Lungo la Sesia come in tutto il mondo, a subire il dolore dell’uomo restano in silenzio gli animali e gli alberi. Un padre ha piantato due alberi davanti alla sua casa, uno per ogni figlio. Il primo, un larice, è Luigi, duro e fragile, che in trentasette anni non se n’è mai andato dalla valle. Lui e Betta si sono innamorati facendo il bagno nelle pozze del fiume, tra le betulle bianche: ora non succede più così di frequente, ma aspettano una bambina e nell’aria si sente il profumo di un nuovo inizio. Lui ha appena accettato un lavoro da forestale, lei viene dalla città e legge Karen Blixen. L’altro albero è un abete: Alfredo è il figlio minore, ombroso e resistente al gelo, irrequieto e attaccabrighe. Per non fare più guai ha scelto di scappare lontano, in Canada, tra gli indiani tristi e i pozzi di petrolio. Ma adesso è tornato. Alfredo e Luigi in comune hanno due cose. La prima sta in un bicchiere: bere senza sosta per giorni, crollare addormentati e riprendere il mattino dopo, un bianco, una birra, un whisky e avanti ancora un altro giro, bere al bancone dove si scommette se l’animale che uccide i cani lungo gli argini sia un lupo, un cane impazzito o chissà cosa. Oltre all’alcol però c’è la casa davanti a quei due alberi. Adesso che il padre se n’è andato, Alfredo è tornato in valle per liberarsi dei legami rimasti: lui non lo sa, ma quella stamberga da un giorno all’altro potrebbe valere una fortuna. Col passo rapido e la lingua tersa dei grandi autori, Paolo Cognetti ha scritto il suo “Nebraska”.
Leggi di più Leggi meno

Spesso comprati insieme

15,20€
Disponibilità immediata
Venduto e spedito da Amazon.
+
12,35€
Disponibilità immediata
Venduto e spedito da Amazon.
+
9,97€
Disponibilità immediata
Venduto e spedito da Amazon.
Prezzo totale:
Per visualizzare il nostro prezzo, aggiungi gli articoli al carrello.
Dettagli
Aggiunto al carrello.
Scegli gli articoli da acquistare insieme.

Dall'editore

premio Strega, narrativa contemporanea, libri del momento, libri montagna, storie vere, libri natura

Un romanzo duro e levigato come un sasso. Col passo rapido e la lingua tersa dei grandi autori, Paolo Cognetti ha scritto il suo Nebraska.

“In questo libro bellissimo – brillante come un cristallo di ghiaccio – accade che lungo il corso della Sesia ogni cosa subisca il dolore delle azioni della nostra specie: alberi, donne, uomini e animali” - Stefano Mancuso, “la Repubblica”

libri passaggio all'età aduta, romanzi formazione, libri giovani adulti, letteratura italiana

Paolo Cognetti ha vinto il Premio Strega 2017 con Le otto montagne, romanzo tradotto in oltre 40 paesi e dal quale è stato tratto l’omonimo film, vincitore del Premio della giuria al Festival di Cannes e di quattro David di Donatello.

Descrizione prodotto

Dalla quarta di copertina

Ci sono animali liberi, cupi e selvatici, altri che cercano una mano morbida e un rifugio. In mezzo, tra l'ombra e il sole, scorre il fiume. I due fratelli sono Luigi e Alfredo, un larice e un abete: a dividerli c'è una casa lassú in montagna, ad avvicinarli il bancone del bar. E poi Betta, che fa il bagno nel torrente e aspetta una bambina. In questo romanzo duro e levigato come un sasso, Paolo Cognetti scende dai ghiacciai del Rosa per ascoltare gli urti della vita nel fondovalle. La sua voce canta le esistenze fragili, perse dietro la rabbia, l'alcol e una forza misteriosa che le trascina sempre piú giú, travolgendo ogni cosa. Lungo la Sesia come in tutto il mondo, a subire il dolore dell'uomo restano in silenzio gli animali e gli alberi.

Un padre ha piantato due alberi davanti alla sua casa, uno per ogni figlio. Il primo, un larice, è Luigi, duro e fragile, che in trentasette anni non se n'è mai andato dalla valle. Lui e Betta si sono innamorati facendo il bagno nelle pozze del fiume, tra le betulle bianche: ora non succede piú cosí di frequente, ma aspettano una bambina e nell'aria si sente il profumo di un nuovo inizio. Lui ha appena accettato un lavoro da forestale, lei viene dalla città e legge Karen Blixen. L'altro albero è un abete: Alfredo è il figlio minore, ombroso e resistente al gelo, irrequieto e attaccabrighe. Per non fare piú guai ha scelto di scappare lontano, in Canada, tra gli indiani tristi e i pozzi di petrolio. Ma adesso è tornato. Alfredo e Luigi in comune hanno due cose. La prima sta in un bicchiere: bere senza sosta per giorni, crollare addormentati e riprendere il mattino dopo, un bianco, una birra, un whisky e avanti ancora un altro giro, bere al bancone dove si scommette se l'animale che uccide i cani lungo gli argini sia un lupo, un cane impazzito o chissà cosa. Oltre all'alcol però c'è la casa davanti a quei due alberi. Adesso che il padre se n'è andato, Alfredo è tornato in valle per liberarsi dei legami rimasti: lui non lo sa, ma quella stamberga da un giorno all'altro potrebbe valere una fortuna. Col passo rapido e la lingua tersa dei grandi autori, Paolo Cognetti ha scritto il suo Nebraska.

Dettagli prodotto

  • Editore ‏ : ‎ Einaudi; 1° edizione (24 ottobre 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 128 pagine
  • ISBN-10 ‏ : ‎ 8806262165
  • ISBN-13 ‏ : ‎ 978-8806262167
  • Peso articolo ‏ : ‎ 280 g
  • Dimensioni ‏ : ‎ 14.5 x 1.6 x 22.3 cm
  • Recensioni dei clienti:
    3,9 3,9 su 5 stelle 800 voti

Informazioni sull'autore

Segui gli autori per ottenere aggiornamenti sulle nuove uscite, oltre a consigli avanzati.
Paolo Cognetti
Brief content visible, double tap to read full content.
Full content visible, double tap to read brief content.

Scopri di più sui libri dell'autore, guarda autori simili, leggi i blog dell’autore e altro ancora

Recensioni clienti

3,9 su 5 stelle
3,9 su 5
800 valutazioni globali
A cura del profilo @libros_libri_books (Instagram)
3 Stelle
A cura del profilo @libros_libri_books (Instagram)
💭”Io spesso mi dimentico che in cima questa valle c’è quella montagna, che il fiume nasce lì: giù da noi l’ombra era già calata da un pezzo, mentre là sul ghiacciaio rifletteva il sole.“ 💭 📝 E’ il primo libro di Cognetti che leggo (“ascolto”) e sono assolutamente dispiaciuta di non aver letto ancora tutti i suoi libri (anche se molti già mi aspettano nella libreria da tempo…)📝 Perché lui è riuscito, con questo breve romanzo, a toccare fibre molto intime, ha saputo avvolgermi completamente lasciandomi cullare con la sua narrativa.📝 Questo romanzo è una congiunzione di sentimenti, la maggior parte di loro grigi, densi, cupi, come possono esserlo quelli delle persone che vivono nella valle all’ombra delle grandi e imponenti montagne.📝 La vita di due fratelli così diversi e opposti fra di loro, Luigi responsabile dedito al lavoro e alla montagna, alla famiglia, ma soprattutto alla sua terra. Alfredo, avventuriero, un combina guai che non ha saputo trovare il suo luogo in questo mondo, immigrato in Canada dove “sopravvive” come taglia legna.📝 Una storia che inizia crudamente, con la persecuzione di un cane/lupo che semina morte fra gli animali della zona (e non posso negarvi che ho tifato per il quadrupede fino la fine!) e che piano si sposta per focalizzarsi sulla vita dei fratelli e anche su quella di Elisabetta, la moglie di Luigi, che per amore ha lasciato la grande città per trasferirsi nella valle con lui.📝 Senza dubbi una storia che merita di essere conosciuta anche se “con le pinze”: la pesante bruma che circonda tutta la narrazione può farla diventare un po’ piatta, senza molta definizione, simile alle mattine dove la nebbia prende il possesso completo di tutte le cose …
Grazie per i commenti
Siamo spiacenti, si è verificato un errore
Siamo spiacenti, non siamo riusciti a caricare la recensione

Recensioni migliori da Italia

Recensito in Italia il 3 aprile 2024
Definitelo uno scrittore di montagna e vedrete il Cognetti arrabbiarsi come una iena. E ne ha ben donde. Dice il nostro:
Ragazzi, ma voi i miei libri li leggete come Dio comanda o, come sospetto, li sfogliate senza criterio? Buona senz’altro la seconda, ma non preoccupatevi, vi do io adesso qualche dritta che vi chiarirà le idee.
Punto primo. Dei miei libri si deve dire ciò che diceva il mio amico Rabelais dei suoi, e cioè che bisogna rompere l’osso e succhiarne il sostanzioso midollo. Fuor di metafora, amici cari, voi non dovete rimanere alla superficie delle mie storie, non dovete limitarvi ad estasiarvi di fronte all’indubbio talento con cui vi propino le mie ambientazioni, si tratti delle faticose scarpinate alle quali mio padre mi costringeva alle falde del Monte Rosa ovvero dei panorami mozzafiato della mia Val d’Ayas, non basta che andiate in solluchero dinnanzi alla mirabile sapienza con cui vi dipingo lo squallore del fondovalle della Valsesia oppure che lanciate gridolini di soddisfazione davanti alla perfetta resa cinematografica di alcune parti del racconto (alludo alla vicenda del cane selvatico che fa strage di suoi simili per poi finire trucidato anche lui).
Conoscete senz’altro tutti il significato del termine filigrana. Ebbene, voi dovete mettere a fuoco la filigrana che si intravvede dietro alle mie pagine. Così facendo, vi accorgerete che quello che mi sta davvero a cuore e che mi preme raccontare non sono gli scenari alpestri tipo salta il camoscio tuona la valanga. Non sono né il Cervino formato grappa del Mike nazionale, né le alte quote da cui sgorga l’acqua levissima altissima e purissima di messneriana memoria. Altri sono i territori che a me interessa esplorare, altre le vette che mi attraggono, altri gli abissi che mi terrorizzano. A me interessa addentrarmi nei legami, spesso sotterranei e pertanto di difficile accesso, che mi legano o che mi hanno legato ai membri della mia famiglia, in particolare a mio padre buonanima, il padre costituisce la vera e propria chiave di volta per capire la mia esistenza e, di conseguenza, la mia narrazione e il mio mestiere di scrittore. E’ mio padre, meglio, sono l’analisi dei miei rapporti con lui e delle difficoltà che, come accade spesso ai figli, ho incontrato per rendermi autonomo da lui, che conferiscono coerente unità ai miei romanzi. (Tra parentesi io sono un inguaribile fan di Aristotele e della sua regola aurea dell’unità di azione). A questo proposito consiglio ai miei venticinque lettori di far precedere la lettura di Giù nella valle da quella di Le otto montagne.
Ma veniamo a bomba ed entriamo nel merito.
Ma davvero credete, amici cari, che il titolo “Le otto montagne” mi sia imputabile? Davvero pensate che un tale obbrobrio letterale semantico sia farina del mio sacco e non provenga piuttosto dal mulino del mio Editore? Buona evidentemente la seconda.
Ora converrete con me che il titolo di un romanzo deve avere un minimo di fascino letterario, deve catturare l’attenzione del lettore, deve far leva sul suo desiderio di sollevarsi dalla spesso faticosa realtà quotidiana per planare verso le sconfinate praterie della felicità. E’ una questione di marketing. Il titolo deve essere indizio della bontà del prodotto, il lettore consumatore deve convincersi ad acquistare quel tomo perché qualcosa nel titolo lo persuade della validità della scelta.
Di là dal fiume e tra gli alberi, Per chi suona la campana, Addio alle armi, Pian della Tortilla, Uomini e topi, I pascoli del cielo, La capanna dello zio Tom, Racconti straordinari, Viaggio al centro della terra, Fiorirà l’aspidistra, Vedrò Singapore?, La stanza del vescovo, Il sergente nella neve, La fattoria degli animali, Il conte di Montecristo, Gita a Tindari, Il mulino del Po, La ragazza di BUBE, Papillon, Cronache marziane, La regina d’Africa, Nome d’arte Doris Brilli, Sofia si veste sempre di nero, Sentieri sotto la neve, La felicità del lupo, Il campo del vasaro, L’ultimo dei Mohicani sono esempi di titoli accattivanti, la cui forza attrattiva mi pare risieda in una certa solida concretezza semantica, che suggerisce una pari solidità e concretezza del volume.
Intendiamoci, non vi è nulla di matematicamente certo in quello che dico, qui siamo in un campo, quello della suggestione commercial pubblicitaria, che non appartiene all’universo delle scienze esatte ma piuttosto confina con quello dei messaggi subliminali.
Detto questo non vi è ombra di dubbio che un titolo quale “Le otto montagne” possieda il fascino evocatore di un bilancio societario o di un inventario notarile. Mi vengono in mente rassegne numeriche dall’indiscutibile charme ragionieristico quali I dieci comandamenti, Le sette virtù cardinali, I sette vizi capitali, Le dieci piaghe d’Egitto e via elencando.
Ad essere sotto accusa è l’uso dell’articolo determinativo seguito dall’aggettivo numerale cardinale che dovrebbero qualificare un sostantivo, montagne, estremamente generico e anonimo, e che lasciano il lettore imbarazzato e disorientato. Si chiede il lettore: di quali montagne stiamo parlando? Il termine spazia dagli Appennini alle Ande, dalle Alpi agli Urali, dalle Cevennes alla catena himalayana, dai Pirenei agli ALLEGANI. E perché le montagne sono otto e non dieci o cinquanta?
Ben altra potenza evocativa riveste il titolo “La montagna incantata”. La curiosità del lettore è stimolata dall’aggettivo qualificativo, che fa riemergere dai meandri della memoria echi di fiabe che lo riportano indietro nel tempo: l’aspettativa è che il libro compia il miracolo, annullando il trascorrere del tempo, di consegnarlo ad una eterna fanciullezza.
Io non ho letto il romanzo di Mann e può darsi che, leggendolo, le mie aspettative sarebbero disattese. Certo è che il clamoroso successo della mia penultima fatica non è dipeso dal suo titolo bensì dalla intrinseca bontà del prodotto oltre che, se mi permettete, dal forte richiamo pubblicitario rappresentato dalla mia persona e dagli indubbi exploit dei miei precedenti romanzi.
“La settima montagna” come titolo sarebbe stato più seduttivo, anche perché avrebbe riecheggiato il capolavoro bergmaniano Il settimo sigillo e il romanzo di evasione Il settimo papiro.
Insomma, amici cari, qui non stiamo a disquisire dell’elefante nel corridoio. E’ vero che esistono sempiterni capolavori della letteratura con un titolo privo di qualunque attrattiva. Ma nessun editor con un minimo di sensibilità commerciale si sognerebbe oggigiorno di pubblicare La divina commedia o La Gerusalemme liberata con siffatti titoli.
Ma passiamo adesso alla mia ultima fatica, costituita appunto dal romanzo Giù nella valle.
Non sfuggirà certo ai miei venticinque milioni di lettori il palese richiamo contenuto nel titolo ad una celeberrima canzone degli alpini risalente alla prima guerra mondiale, ma che fa ancora prepotentemente parte dell’immaginario collettivo canoro degli alpini . Eccone alcune strofe:
Giù nella valle
c’è un’osteria
l’è l’allegria
l’è l’allegria
giù nella valle
c’è un’osteria
l’è l’allegria
di noi Alpin.
E se son pallida
nei miei colori
non voglio dottori
non voglio dottori
e se son pallida
come una strassa
vinassa vinassa
e fiaschi de vin.
Giù nella valle
c’è un punto nero
l’è il cimitero
l’è il cimitero
giù nella valle
c’è un punto nero
l’è il cimitero
di noi Alpin.
E se son pallida
nei miei colori
non voglio dottori
non voglio dottori
e se son pallida
come una strassa
vinassa vinassa
e fiaschi de vin.
A dirla tutta, in realtà la canzone recita Là nella valle e non Giù nella valle, ma per piacere fatemi la cortesia di non sottilizzare troppo. Su, giù, qui, là, lì sempre di avverbi di luogo si tratta e poi guardiamo alla sostanza del discorso. Siamo in presenza di una geniale strategia di marketing. I lettori consumatori che hanno avuto, ed hanno, la fortuna di fare il servizio militare nel corpo degli Alpini si contano ancora a milioni. Per ognuno di essi il termine Giù nella valle è un riflesso condizionato di tipo pavloviano che li catapulta immediatamente in un passato fatto di amicizie virili, marce, di muli, di omeriche bevute e di altrettante omeriche cantate. Lo stimolo a fiondarsi in libreria per accaparrarsi il prezioso cimelio della memoria sarà irrefrenabile, facendo schizzare alle stelle le quotazioni delle mie royalties. Va da se che rivendico questo titolo come esclusiva farina del mio sacco, a differenza di quello su cui vi ho intrattenuto sopra che, ripeto, disconosco in toto.
Vi è poi un aspetto che giudico di grande interesse e sul quale voglio attirare la vostra attenzione.
Sia nella canzone che nel mio romanzo si respira un’atmosfera profondamente dionisiaca, ma di segno opposto.
La canzone parla di un’osteria che fa rima con allegria, parla del vino che è non solo fonte di allegria ma anche un toccasana, un rimedio per curare i mali del corpo e dello spirito. La potenza salvifica del vino ha la meglio sul pallore fisico ma anche sul pallore dell’animo, entrambi destinati a riacquistare colore e vivacità.
In parte diverso è il ruolo delle osterie, del vino e, in genere, dell’alcool, nel mio romanzo. Le osterie, trattorie, ristoranti, locande e bettole sono sì luogo di ritrovo e di socializzazione, dove peraltro il rito della bevuta trascende sovente in atti di cieca e insensata violenza. L’assunzione di alcool in quantità industriali e condotta con metodo meticoloso è la nota caratteristica e identitaria dei due fratelli protagonisti della storia.
Alfredo, il più debole dei due, quello al quale ho assegnato il ruolo un po’ bohemien di bello e dannato, si stordirà a tal punto da compiere un tentativo di omicidio assolutamente gratuito, tra l’altro nei confronti di un suo amico, la cui unica spiegazione risiede nello stato di totale ottundimento causato da un mix micidiale di gin e prosecco.
Ma anche Luigi, il fratello buono, al quale ho assegnato un posto di guardia forestale tutore della legalità soprattutto ambientale, è un convinto seguace del dio Dioniso.
Va peraltro aggiunto che con l’aiuto di Dioniso i due riusciranno comunque a superare le difficoltà caratteriali di instaurare un rapporto positivo tra di loro e saranno in grado di manifestarsi reciprocamente un simulacro di stima e di affetto.
Poi mi preme evidenziare che nella canzone degli alpini è presente un altro elemento che ritroviamo altresì nel mio romanzo.
Parlo della morte. Nella canzone la morte è rappresentata dal cimitero che raccoglie le spoglie dei soldati caduti in guerra.
Nel romanzo la morte fa la sua apparizione in molteplici occasioni.
Fin dall’esordio muoiono otto cani (e dagli con la cabala dell’otto!) assassinati da un loro collega, forse un incrocio con un lupo, assatanato e desideroso di sfogare sui suoi simili la rabbia accumulata in corpo, rabbia che trova probabilmente origine nelle sevizie e maltrattamenti cui è stato sottoposto.
Di ognuno descrivo il decesso con dovizia di particolari, sembra quasi che io provi un qualche morboso piacere nel rendicontare queste morti.
Descrivo poi la morte del killer ad opera di un branco di cacciatori e anche qui non mi risparmio i particolari.
Ma la morte che nell’economia del romanzo riveste una rilevanza particolare è la morte del padre dei due fratelli, Grato, che si suicida sparandosi il fucile da cacciatore in gola.
Anche in Le otto montagne vi è un padre protagonista. E’ un padre invadente, egoista, preoccupato unicamente di gareggiare con se stesso e con gli altri per il gusto di arrivare primo in cima alle vette. E’ un padre che il protagonista di quel romanzo mal sopporta, ma che un malinteso senso di devozione figliale costringe a rispettare e ad assecondare.
In Giù nella valle, questo padre finalmente si toglie di mezzo, libera i figli della sua ingombrante presenza e i figli possono finalmente respirare. In particolare Luigi riuscirà a dare una positiva svolta alla sua esistenza, supportato dalla gradevole e benefica presenza della moglie Elisabetta, che lo renderà padre di un bel maschietto, e colla quale ricomincerà una nuova e forse appagante esistenza nella casa di montagna ereditata dal padre, che provvederà a ristrutturare.
Diversa la sorte di Alfredo, condannato ad una esistenza di perpetuo fuggiasco latitante.
Per concludere, dirò, “pappagallando” Flaubert, che sia Le otto montagne che Giù nella valle c’est moi.
Quando poco sopra consigliavo di leggere i due romanzi uno di seguito all’altro volevo dire questo: nel primo il protagonista si muove un po’ alla cieca, a tentoni. Pietro cerca disperatamente di annullare le barriere che lo dividono dal padre, ma senza successo. E’ così che cerca un surrogato di padre, o di fratello maggiore, nella figura di Bruno, col quale stringerà una amicizia solida e inossidabile, fino alla morte dell’amico. Si tratta peraltro di un rapporto senz’altro autentico ma che, nella sua essenza simbiotica, evidenzia un rapporto di dipendenza psicologica di Pietro da Bruno.
Per contro, in Giù nella valle Luigi diventa adulto, finisce per non avere più bisogno né di padri, né di fratelli, né di amici. La stella polare che da allora in avanti lo guiderà sarà una donna, Betta, e la prospettiva di diventare a breve padre.
Leggo pertanto in entrambi i romanzi una filigrana di tipo psicoanalitico.
Le montagne, come potete vedere, rivestono pertanto un ruolo decisamente da comparsa e non da protagonista.
Il primo che si azzarderà a darmi dello scrittore di montagna, giuro che lo diseredo.
Ma voglio concludere questo ameno florilegio di sproloqui con una confessione.
In realtà io sono perfettamente consapevole che la montagna non ha mai avuto finora una grande fortuna nella storia della letteratura, non ha mai praticamente funzionato come set di particolare successo.
Gli autori la cui Musa alberga sulle innevate vette sono rarissimi e ho qualche difficoltà ad individuarne qualcuno di qualche spessore.
C’è il vecchio buon Rigoni con le sue cronache di alpino in guerra sulle montagne della Valle d’Aosta e dell’Albania, c’è qualche passo del buon vecchio Ernst che va a sciare in Svizzera, c’è il caro buon vecchio Buzzati e la sua fortezza Bastiani arroccata in montagna ma in verità qui a rubare la scena non è tanto la montagna in quanto tale, quanto il deserto che la circonda. Vi sono i raccontini del buon Giacosa ambientati in Valle d’Aosta, ma sono talmente sbiaditi e privi di charme che è meglio non parlarne.
Le colline, Pavese insegna, devo dire che hanno riscosso maggiore successo e sono decisamente più gettonate.
E se passiamo dalla prosa alla poesia le cose non vanno poi meglio, anzi. A parte il camoscio che salta e la valanga che tuona non vedo altri grandi exploit.
Rimanendo in tema di valanghe, la montagna ha avuto invece maggior successo nella cinematografia, soprattutto in quella catastrofista, con la pletora di valanghe assassine. Per non parlare del vecchio Herzog, beninteso su di un piano decisamente più alto.
Per contro, volete mettere invece la popolarità di cui mari e oceani hanno goduto e continuano a godere in letteratura ?.
A cominciare dal buon vecchio Omero e dalla sua Odissea ambientata nel Mediterraneo.
E che ne dite di:
Il vecchio e il mare, L’isola misteriosa, L’isola del tesoro, I mari del sud del vecchio Jack, buona parte dei romanzi del buon vecchio Salgari e del buon vecchio Cecil Scott Forester col suo capitano di lungo corso Hornblower, per non parlare di Moby Dick , di Conrad, di Melville, di Ventimila leghe sotto i mari e via veleggiando ?
Il mare è evidentemente più fotogenico rispetto alla montagna, attira di più il pubblico.
Il vecchio caro buon Sigmund spiegherebbe che forse il mare, e soprattutto la mer, rimandano alla madre (mère), all’inconscia nostalgia del grembo materno e via disquisendo.
Tanto premesso, non stupitevi se il mio prossimo romanzo deciderò di ambientarlo sull’isola d’Elba.
P.S.
Voi tutti accaniti frequentatori di blog social fessbuc e amenità simili sapete che uno dei miei Virgili, lo mio principale duca e lo mio autore, il padre letterario di cui mi compiaccio di essere figlio, erede e fedele esecutore testamentario è il buon vecchio Jack LONDON. Sapete anche che al secondo posto figura il caro Ernst. Sapete anche, e se non lo sapete, vi aggiorno io, che entrambi hanno lasciato questa valle di lacrime suicidandosi.
Hemingway sparandosi col fucile da caccia, LONDON come ultimo atto di una vita passata a nuotare nell’alcool. In somma, un po’ la fine che ha fatto il padre di Luigi e che probabilmente è destinato a fare suo fratello Alfredo.
Buona sera a tutti.
Claudio GARD
Una persona l'ha trovato utile
Segnala
Recensito in Italia il 21 marzo 2024
È stato un regalo per un amico che ha molto apprezzato. Lui lo consiglia
Recensito in Italia il 26 dicembre 2023
Non è colpa dell'autore ma dei suoi 5 libri finora letti è quello che mi piace meno. Cognetti mi capirà, ognuno ha la sua quota, ed io amo quando mi porta in alto, tra i bivacchi. La terra degli uomini mi piace meno, anche se frequento la Valsesia da 30 anni e concordo sui suoi toni oscuri, di paesi dove finisce la strada (Rima San Giuseppe) e negli occhi della gente vedi ancora il selvatico; dove scendendo al fiume per fare il bagno vedi la targa dell'ultima strega bruciata (Varallo).
Una persona l'ha trovato utile
Segnala
Recensito in Italia il 31 gennaio 2024
Il romanzo è salito all'onorr delle cronache per il ritratto a tinte fosche che emerge sulla Valsesia e la sua popolazione.
Per certi aspetti le critiche erano giustificate, perché gli abitanti in effetti passano per essere degli ubriaconi e dei violenti.
La descrizione dell'ambiente della valle è invece sublime e rispecchia pienamente la realtà di un luogo che conosco molto bene.
La scena delle nuvole che al Col d'Olen non "sconfinano" in Valle d'Aosta l'ho vista di persona
Una persona l'ha trovato utile
Segnala
Recensito in Italia il 23 dicembre 2023
Mi sembra che Cognetti, come molti scrittori, racconti sempre la stessa storia, declinata in tempi diversi.
E probabilmente ci piace - a chi piace - anche per questo.

Il libro è fatto di tanti racconti brevi legati tra loro da un esile tema e, soprattutto, da essere ambientati negli stessi luoghi.
C'è il tema della vita selvatica, della valle che si trasforma per l'arrivo del turismo degli anni settanta/ottanta del secolo scorso, delle persone che fanno fatica ad adattarsi al nuovo che avanza: il tutto trattato con la scrittura piana e senza troppi fronzoli tipica dell'autore.
Se il confronto si fa - e temo sempre si farà - con le "Otto montagne", il risultato è perdente.
Si legge, sì, ma talvolta un po' per forza.
2 persone l'hanno trovato utile
Segnala
Recensito in Italia il 30 novembre 2023
Si lascia leggere, avevo voglia, da Valsesiana, di capire come l’autore avesse descritto e interpretato la nostra valle. Purtroppo, l’autore. troppo poco documentato su usi, costumi e territorio, risulta superficiale: inserisce semplicemente qua’ e la’ il nome di qualche comune nella nostra zona, fornisce descrizioni inappropriate dei comportamenti degli abitanti. Insomma, avrebbe potuto fare di meglio. Lo trovo poco approfondito sia nel raccontare dei personaggi, sia nel collocarli geograficamente. La nostra valle è molto di più!
7 persone l'hanno trovato utile
Segnala
Recensito in Italia il 29 febbraio 2024
Parere favorevole di mia moglie.
Recensito in Italia il 22 novembre 2023
Animali, piante e uomini.
La montagna, una casa, un padre, una donna che viene da Milano.
Due fratelli.
Ingredienti riassemblati in una storia diversa ma in continuità con le precedenti.
Arte di ricombinare e ricomporre le storie.
Una persona l'ha trovato utile
Segnala

Le recensioni migliori da altri paesi

Doriana
5,0 su 5 stelle Giù nella valle
Recensito in Germania il 18 marzo 2024
Bello come tutti i libri di Paolo Cognetti