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Age Pride. Per liberarci dai pregiudizi sull’età Copertina flessibile – 14 febbraio 2023

3,9 3,9 su 5 stelle 446 voti


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«La vita finisce quando tutto si ferma. Come atlete dobbiamo muoverci con lei, imparare il suo passo, accelerare e rallentare a comando, fletterci e poi spiccare il balzo necessario a non essere disarcionate. Bisogna restare agili. Non giovani, agili. Flessibili. Bisogna imparare a muoversi a tempo con il Tempo. Senza ostinarsi nell'imitazione di modelli scaduti. Ma senza nascondersi. Soprattutto senza nascondersi». Un terzo della popolazione italiana è composta da ultrasessantenni, hanno davanti decenni di vita ancora da vivere, non è mai successo prima. È una conquista o una condanna? Perché sia una conquista (un privilegio, una festa), bisogna liberarsi degli stereotipi, quelle «finte verità mai verificate, ma stabilizzate dalla ripetizione che ci rendono pavidi e conformisti». Sono le sbarre della gabbia che imprigiona il terzo e il quarto tempo della nostra carriera di esseri umani. Vanno divelte, per liberare la forza e l'intelligenza che l'accumularsi di anni, esperienze e consapevolezza ci hanno regalato. Age Pride è una requisitoria contro l'ageismo, tutto, anche quello introiettato, di cui spesso non ci rendiamo conto. È un manifesto contro lo stigma che colpisce chi non è più giovane («Abbiamo vissuto troppo, sappiamo troppo per essere infilati a forza in una categoria»). Ma soprattutto è l'invito, ben circostanziato e convincente, a una festa possibile: quella dell'orgoglio d'aver vissuto, della voglia di continuare il viaggio della vita, considerando ogni età un Paese Straniero, da attraversare con la curiosità che merita, non la tappa di una via crucis, da accettare, rassegnati. Attraverso il racconto del proprio conflittuale rapporto con l'età che avanza, Lidia Ravera rivendica la maestosa allegria celata nella maturità e spiega come il tempo, da nemico che striscia alle tue spalle aspettando una resa incondizionata, possa trasformarsi in un alleato che ti consente una libertà imprevista e una vera rivoluzione interiore.
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Dall'editore

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Norberto Bobbio

“È uno struzzo, quello di Einaudi, che non ha mai messo la testa sotto la sabbia”

Dettagli prodotto

  • Editore ‏ : ‎ Einaudi (14 febbraio 2023)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 112 pagine
  • ISBN-10 ‏ : ‎ 8806259415
  • ISBN-13 ‏ : ‎ 978-8806259419
  • Peso articolo ‏ : ‎ 150 g
  • Dimensioni ‏ : ‎ 13.7 x 1 x 20.8 cm
  • Recensioni dei clienti:
    3,9 3,9 su 5 stelle 446 voti

Recensioni clienti

3,9 su 5 stelle
3,9 su 5
446 valutazioni globali
Un po' di rabbia non fa male
5 Stelle
Un po' di rabbia non fa male
La mia prima impressione leggendo il libro di Lidia Ravera è stata di avere di fronte una scrittrice molto arrabbiata. Il racconto si snoda come un lungo flusso di coscienza in cui le considerazioni sulla vecchiaia in generale si mescolano alle sensazioni dell’autrice sulla “sua” vecchiaia.Ho assistito a una conferenza di Lidia Ravera nel 2000, quando frequentavo assiduamente la Libera Università dell’autobiografia, al Convegno organizzato a maggio di quell’anno,Già allora la Ravera concepiva il passare del tempo quasi come una minaccia, qualcosa di inesorabile, concepiva le stagioni della vita come passaggi stagni chiusi da porte che non lasciano vedere quello che c’è dietro e che una volta varcate è impossibile tornare indietro.Paesi stranieri dove «appena ci arrivi ti senti smarrita, è logico: non capisci la lingua, calcoli male il cambio della moneta. Non conosci nessuno. Nessuno ti conosce. Poi, poco per volta, ti abitui ai nuovi costumi, impari a esprimerti nell’idioma locale, apprezzi il panorama, ti accoccoli fra i tuoi simili, a tuo agio» ma dura poco perché «Appena ti sei ben assestata nella nuova condizione, vieni espulsa, costretta a traslocare e a stabilirti nel Paese successivo».L’ultimo paese da visitare durante la vita è la vecchiaia «un territorio selvaggio, da sempre. C’è poco turismo, si preferisce villeggiare altrove».Già… la vecchiaia il periodo della vita che pur essendo territorio selvaggio è quello che quando si arriva alla frutta «si configura come dessert. Te la servono a fine pasto. Ed è quasi sempre qualcosa di dolce».Dolce sì ma poco accettata fin dalla giovinezza «Ho incominciato molto presto ad avere paura del trascorrere delle ore, dei giorni, delle settimane, avvertivo una forza tumultuosa, come un torrente in piena, che minacciava la mia incolumità, insieme a quella degli altri mortali».Ci sono molte contraddizioni in questo libro di Lidia Ravera, c’è la paura di invecchiare e il dovere accettarla a qualsiasi condizione, perché «senti anche crescere l’adrenalina, la sfida, l’eccitazione del compimento».Alcune pagine sono anche dedicate alla vita in genere che viene definita come «uno spazio luminoso tra due zone oscure, quella anteriore e quella posteriore, come inerti, indifferenziate, una sorta di frontiera del niente» e alla morte che è «sempre un’ospite di riguardo. Ci fa abbassare la voce» e riserva clemenza per chi ha appena lasciato la vita.I defunti sono sempre ricordati come aperti, ridenti. generosi, geniali, spiritosi e onesti. La vecchiaia è trattata con rispetto «soltanto quando arriva al termine».Ma a un certo punto andando avanti nella lettura mi sono chiesta che cosa volesse dire realmente la Ravera con questo libro.Credo, ma è una mia opinione opinabile che volesse esorcizzare il passare del tempo anche con le parole di Simone de Beauvoir «la vita conserva un valore finché si dà valore a quella degli altri, attraverso l’amore, l’amicizia, l’indignazione, la compassione», finché si riesce a «mantenere viva una sensibilità per «gli altri» abbastanza robusta, e abbastanza «militante» da impedirci il ripiegamento su noi stessi».I giovani, anche se non lo sanno, non possono fare a meno dei vecchi perché è come se la loro distanza dagli avvenimenti desse loro uno sguardo obiettivo, come quando essere abbastanza lontani da un quadro permette di vederlo davvero: luci, ombre, dettagli, prospettive. Fuori dal quadro, ma contemporaneamente dentro il quadro stesso. fuori perché i vecchi oggi hanno vissuto a lungo e attraversato epoche diverse, dentro perché stanno ancora vivendo, sono ancora vivi!Poi l’ultimo paragrafo che mi trova perfettamente d’accordo «vivere, quando il tempo davanti a te diventa breve, accende una curiosità incontenibile».Una curiosità che, si sa, non potrà essere soddisfatta in tutto, ma che continua a essere motore di vita.
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Recensioni migliori da Italia

Recensito in Italia il 11 maggio 2023
La mia prima impressione leggendo il libro di Lidia Ravera è stata di avere di fronte una scrittrice molto arrabbiata. Il racconto si snoda come un lungo flusso di coscienza in cui le considerazioni sulla vecchiaia in generale si mescolano alle sensazioni dell’autrice sulla “sua” vecchiaia.

Ho assistito a una conferenza di Lidia Ravera nel 2000, quando frequentavo assiduamente la Libera Università dell’autobiografia, al Convegno organizzato a maggio di quell’anno,

Già allora la Ravera concepiva il passare del tempo quasi come una minaccia, qualcosa di inesorabile, concepiva le stagioni della vita come passaggi stagni chiusi da porte che non lasciano vedere quello che c’è dietro e che una volta varcate è impossibile tornare indietro.

Paesi stranieri dove «appena ci arrivi ti senti smarrita, è logico: non capisci la lingua, calcoli male il cambio della moneta. Non conosci nessuno. Nessuno ti conosce. Poi, poco per volta, ti abitui ai nuovi costumi, impari a esprimerti nell’idioma locale, apprezzi il panorama, ti accoccoli fra i tuoi simili, a tuo agio» ma dura poco perché «Appena ti sei ben assestata nella nuova condizione, vieni espulsa, costretta a traslocare e a stabilirti nel Paese successivo».

L’ultimo paese da visitare durante la vita è la vecchiaia «un territorio selvaggio, da sempre. C’è poco turismo, si preferisce villeggiare altrove».

Già… la vecchiaia il periodo della vita che pur essendo territorio selvaggio è quello che quando si arriva alla frutta «si configura come dessert. Te la servono a fine pasto. Ed è quasi sempre qualcosa di dolce».

Dolce sì ma poco accettata fin dalla giovinezza «Ho incominciato molto presto ad avere paura del trascorrere delle ore, dei giorni, delle settimane, avvertivo una forza tumultuosa, come un torrente in piena, che minacciava la mia incolumità, insieme a quella degli altri mortali».

Ci sono molte contraddizioni in questo libro di Lidia Ravera, c’è la paura di invecchiare e il dovere accettarla a qualsiasi condizione, perché «senti anche crescere l’adrenalina, la sfida, l’eccitazione del compimento».

Alcune pagine sono anche dedicate alla vita in genere che viene definita come «uno spazio luminoso tra due zone oscure, quella anteriore e quella posteriore, come inerti, indifferenziate, una sorta di frontiera del niente» e alla morte che è «sempre un’ospite di riguardo. Ci fa abbassare la voce» e riserva clemenza per chi ha appena lasciato la vita.

I defunti sono sempre ricordati come aperti, ridenti. generosi, geniali, spiritosi e onesti. La vecchiaia è trattata con rispetto «soltanto quando arriva al termine».

Ma a un certo punto andando avanti nella lettura mi sono chiesta che cosa volesse dire realmente la Ravera con questo libro.

Credo, ma è una mia opinione opinabile che volesse esorcizzare il passare del tempo anche con le parole di Simone de Beauvoir «la vita conserva un valore finché si dà valore a quella degli altri, attraverso l’amore, l’amicizia, l’indignazione, la compassione», finché si riesce a «mantenere viva una sensibilità per «gli altri» abbastanza robusta, e abbastanza «militante» da impedirci il ripiegamento su noi stessi».

I giovani, anche se non lo sanno, non possono fare a meno dei vecchi perché è come se la loro distanza dagli avvenimenti desse loro uno sguardo obiettivo, come quando essere abbastanza lontani da un quadro permette di vederlo davvero: luci, ombre, dettagli, prospettive. Fuori dal quadro, ma contemporaneamente dentro il quadro stesso. fuori perché i vecchi oggi hanno vissuto a lungo e attraversato epoche diverse, dentro perché stanno ancora vivendo, sono ancora vivi!

Poi l’ultimo paragrafo che mi trova perfettamente d’accordo «vivere, quando il tempo davanti a te diventa breve, accende una curiosità incontenibile».

Una curiosità che, si sa, non potrà essere soddisfatta in tutto, ma che continua a essere motore di vita.
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5,0 su 5 stelle Un po' di rabbia non fa male
Recensito in Italia il 11 maggio 2023
La mia prima impressione leggendo il libro di Lidia Ravera è stata di avere di fronte una scrittrice molto arrabbiata. Il racconto si snoda come un lungo flusso di coscienza in cui le considerazioni sulla vecchiaia in generale si mescolano alle sensazioni dell’autrice sulla “sua” vecchiaia.

Ho assistito a una conferenza di Lidia Ravera nel 2000, quando frequentavo assiduamente la Libera Università dell’autobiografia, al Convegno organizzato a maggio di quell’anno,

Già allora la Ravera concepiva il passare del tempo quasi come una minaccia, qualcosa di inesorabile, concepiva le stagioni della vita come passaggi stagni chiusi da porte che non lasciano vedere quello che c’è dietro e che una volta varcate è impossibile tornare indietro.

Paesi stranieri dove «appena ci arrivi ti senti smarrita, è logico: non capisci la lingua, calcoli male il cambio della moneta. Non conosci nessuno. Nessuno ti conosce. Poi, poco per volta, ti abitui ai nuovi costumi, impari a esprimerti nell’idioma locale, apprezzi il panorama, ti accoccoli fra i tuoi simili, a tuo agio» ma dura poco perché «Appena ti sei ben assestata nella nuova condizione, vieni espulsa, costretta a traslocare e a stabilirti nel Paese successivo».

L’ultimo paese da visitare durante la vita è la vecchiaia «un territorio selvaggio, da sempre. C’è poco turismo, si preferisce villeggiare altrove».

Già… la vecchiaia il periodo della vita che pur essendo territorio selvaggio è quello che quando si arriva alla frutta «si configura come dessert. Te la servono a fine pasto. Ed è quasi sempre qualcosa di dolce».

Dolce sì ma poco accettata fin dalla giovinezza «Ho incominciato molto presto ad avere paura del trascorrere delle ore, dei giorni, delle settimane, avvertivo una forza tumultuosa, come un torrente in piena, che minacciava la mia incolumità, insieme a quella degli altri mortali».

Ci sono molte contraddizioni in questo libro di Lidia Ravera, c’è la paura di invecchiare e il dovere accettarla a qualsiasi condizione, perché «senti anche crescere l’adrenalina, la sfida, l’eccitazione del compimento».

Alcune pagine sono anche dedicate alla vita in genere che viene definita come «uno spazio luminoso tra due zone oscure, quella anteriore e quella posteriore, come inerti, indifferenziate, una sorta di frontiera del niente» e alla morte che è «sempre un’ospite di riguardo. Ci fa abbassare la voce» e riserva clemenza per chi ha appena lasciato la vita.

I defunti sono sempre ricordati come aperti, ridenti. generosi, geniali, spiritosi e onesti. La vecchiaia è trattata con rispetto «soltanto quando arriva al termine».

Ma a un certo punto andando avanti nella lettura mi sono chiesta che cosa volesse dire realmente la Ravera con questo libro.

Credo, ma è una mia opinione opinabile che volesse esorcizzare il passare del tempo anche con le parole di Simone de Beauvoir «la vita conserva un valore finché si dà valore a quella degli altri, attraverso l’amore, l’amicizia, l’indignazione, la compassione», finché si riesce a «mantenere viva una sensibilità per «gli altri» abbastanza robusta, e abbastanza «militante» da impedirci il ripiegamento su noi stessi».

I giovani, anche se non lo sanno, non possono fare a meno dei vecchi perché è come se la loro distanza dagli avvenimenti desse loro uno sguardo obiettivo, come quando essere abbastanza lontani da un quadro permette di vederlo davvero: luci, ombre, dettagli, prospettive. Fuori dal quadro, ma contemporaneamente dentro il quadro stesso. fuori perché i vecchi oggi hanno vissuto a lungo e attraversato epoche diverse, dentro perché stanno ancora vivendo, sono ancora vivi!

Poi l’ultimo paragrafo che mi trova perfettamente d’accordo «vivere, quando il tempo davanti a te diventa breve, accende una curiosità incontenibile».

Una curiosità che, si sa, non potrà essere soddisfatta in tutto, ma che continua a essere motore di vita.
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13 persone l'hanno trovato utile
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Recensito in Italia il 15 agosto 2023
Un libro che ti aiuta a dare un significato alla tristezza. Un significato positivo. Un libro in cui dimentichi di aver passato i cinquanta perchè ti ritrovi dentro alla tua età, ma senza un tempo. Non lo dici a nessuno perchè non hai più bisogno di farlo.
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Recensito in Italia il 5 ottobre 2023
La Ravera affronta il tema della Vecchiaia con orgoglio e rivendicazione giustificandolo con i valori che gli anziani potrebbero trasmettere alla nostra società " giovanilistica". "il terzo tempo" dovrebbe essere una grande occasione non solo di bilancio ma anche di rilancio verso nuove e più consapevoli esperienze ma anche di accetazione serena dei limiti che ovviamente comporta l'avanzare dell'età. Certo più si invecchia e meno ci si può permettere di essere tristi ma è anche vero che ognuno può essere vecchio come gli pare nei confronti dei conformismi, dei pregiudizi, delle ipocrisie e conversazioni sociali. Non mancano denunce per l'assenza di concrete politiche senili.
Una persona l'ha trovato utile
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Recensito in Italia il 3 aprile 2024
Arrivato prima del previsto quindi tutto ok per la spedizione e per l'articolo
Recensito in Italia il 7 ottobre 2023
È un libro piacevole da leggere, originale nel racconto anche se alcuni concetti risultano per me un po’ ripetitivi. Adatto per una lettura tranquilla che apre a nuove teorie. Consigliato
Recensito in Italia il 13 gennaio 2024
Da Ravera mi aspettavo un libro più interessante
Recensito in Italia il 27 febbraio 2024
Decisamente bello e fluido nella lettura
Recensito in Italia il 14 agosto 2023
Pensavo meglio!!! Nella fretta che ha di vivere… pensa troppo alla paura di invecchiare… ho 63 anni e vivo benissimo la mia età… poi ognuno vive la vita a modo suo

Le recensioni migliori da altri paesi

Sara Barsocchi
5,0 su 5 stelle Ottimo
Recensito nel Regno Unito il 21 luglio 2023
Un altro bel libro da Lidia Ravera.
Acuto e stimolante e decisamente troppo breve!
Lo raccomando caldamente a persone di ogni eta'